(S)PARTITI EUROPEI: RIPARTIRE DA BEETHOVEN di Riccardo Campanini

di BorgoAdmin

Nei giorni scorsi sono stati celebrati in tutto il mondo (e anche in Italia) i 200 anni dalla prima esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven, un capolavoro che nel tempo ha oltrepassato la semplice dimensione musicale per toccare quella civile e politica, grazie soprattutto al suo ultimo movimento, che mette in musica l“’Inno alla gioia” del poeta F. Schiller. Basterebbe ricordare in proposito che proprio la celebre melodia che ne accompagna i versi è stata scelta come inno ufficiale dell’Unione europea. Questa ricorrenza musicale, che cade a poche settimane dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo, può quindi offrire anche degli spunti particolarmente attuali in ambiti non strettamente artistici, a partire appunto dal confronto tra la situazione storica in cui Beethoven componeva la sua ultima sinfonia e quello attuale:  allora – negli anni ’20 del XIX secolo – l’Europa appariva irrimediabilmente divisa sul piano politico, militare ed economico, eppure le menti più illuminate già ne intravedevano un futuro totalmente diverso, basato sulla concordia e la fratellanza tra i popoli. Oggi, al contrario, l’Europa, pur avendo finalmente realizzato quella straordinaria “utopia” creando istituzioni politiche, economiche e finanziarie condivise da quasi 30 stati un tempo nemici e ostili l’uno all’altro, appare però priva di “voci” autorevoli capaci di rafforzare anche sul piano simbolico e ideale questa unione e di traguardarla oltre le attuali incertezze.

Ma l’”Inno alla gioia” suggerisce anche indirettamente le cause e i possibili rimedi a questa crisi dell’”idea” europea: il testo di Schiller musicato da Beethoven è infatti una grande esaltazione dei valori della fraternità e del comune destino dei popoli (“tutti gli uomini diventano fratelli, dove la tua ala soave freme”), oggi messi fortemente in discussione dalle tendenze individualistiche e nazionalistiche che attraversano ormai tutte le società occidentali, ivi comprese quelle europee; ovvero dall’illusione che ci si possa (o forse si debba) “salvarsi da soli” , come individui o come nazioni, prescindendo o addirittura a scapito degli altri. Eppure una riflessione oggettiva sulla situazione attuale dell’Europa, come ricordano molti studiosi, porterebbe a concludere che, al contrario, in un mondo dominato da superpotenze extraeuropee – USA e Cina in primis, ma presto anche altri Stati emergenti – solo un’Europa forte e unita può mantenere i propri i valori e la propria tradizione senza diventare terreno di conquista –economica ma forse anche politica e culturale – di “imperi” più forti e agguerriti.

Da questo punto di vista può essere utile, in conclusione, ricordare come Beethoven fosse completamente sordo quando compose la Nona Sinfonia, ma questo handicap apparentemente insormontabile non gli impedì di compore un capolavoro straordinario per complessità, dimensioni (oltre un’ora di musica) e originalità. Oggi invece molti cittadini, anziché ascoltare le tante voci autorevoli che sottolineano la necessità di rafforzare l’unità dell’Europa, preferiscono dar retta alle “sirene” di chi al contrario la vorrebbe indebolire e ridimensionare. A conferma del fatto che, come dice un noto proverbio, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

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