GRUPPO SINODALE N.P. “Ven. CELESTINA BOTTEGO”

di BorgoAdmin

 

TEMA: Riconoscimento del ruolo femminile

Non si tratta tanto, genericamente, della attribuzione di maggiori ruoli alle donne, né si può parlare, astrattamente, di “problema” o “questione” femminile (o, per contro, “maschile”); tantomeno il tema può essere affrontato con spirito di “rivalsa “ o di “rivendicazione” rispetto ad un modello culturale atavico che attribuisce alla donna, nella chiesa come nella società,  un ruolo spesso, per non dire generalmente, solo complementare a quello del maschio, frutto di retaggi atavici, maturati in situazioni e contesti mutati profondamente nel tempo e oggi non più accettabili, per quanto difficili da intaccare (spesso, nella stessa consapevolezza femminile).

Occorre maturare, sia nell’universo maschile che in quello femminile, un profondo sovvertimento culturale, per cui si accetti e sia sempre più radicato  il principio che ciascuna persona (donna o uomo che sia) è portatrice di valori, di sensibilità, di visioni e capacità di leggere le situazioni della vita che  costituiscono una ricchezza unica e particolare, ciascuna con la medesima dignità e specificità, nessuna delle quali subalterna o subordinata all’altra, ma tutte egualmente preziose nell’ottica di un completamento ed un arricchimento reciproco

È stato notato, innanzitutto, come il problema si ponga relativamente al livello delle parrocchie, dove si evidenzia maggiormente la prassi del “si fa come si può”, nel senso che le forze sono in genere limitate e la partecipazione femminile spesso è soverchiante quella maschile. Mentre la questione di genere si comincia ad avvertire molto di più salendo di livello (Diocesi, ecc.).

La questione riguarda particolarmente il ruolo femminile rispetto ai temi della ministerialità. Se nella ministerialità diffusa il ruolo femminile è più facilmente valorizzato o valorizzabile, come ad esempio nell’accoglienza (messa o funerali), Caritas, iniziazione cristiana (anche perché, come definiti in alcuni interventi, più confacenti…) o anche negli incarichi di tipo gestionale/amministrativo, è riscontrato un grosso limite per le donne nella possibilità (o impossibilità) di accesso ai ministeri ordinati.

Si è fatto riferimento alla opportunità di valutare con molta attenzione la possibilità per le donne di accedere ai ministeri ordinati sino al Diaconato. Ma anche della opportunità di consentire che, a partire dalle consacrate, anche le donne possano celebrare, all’occorrenza, la liturgia della parola, non intravedendosi ragionevoli ostacoli a che ciò possa divenire una prassi ordinaria.

È stata anche accolta come una utile prassi, nell’ottica di  un progressivo superamento del gap di genere, quella adottata già da tempo in alcune associazioni ecclesiali (Azione Cattolica, Agesci…), ma anche nell’équipe sinodale diocesana e nella segreteria del Consiglio Pastorale Diocesano, di prevedere che posizioni apicali nell’ambito della organizzazione siano condivise, sullo stesso piano, da un uomo e una donna: metodo che può facilitare il contemperare le differenti sensibilità e visioni.

Per ultimo, è stato fatto cenno alla possibilità che la introduzione di regole, che prevedano un limite del tempo di permanenza in determinati incarichi ed il relativo avvicendamento, possa essere uno strumento utile di stimolo alla corresponsabilità; indipendentemente, ma anche con effetti positivi rispetto al superamento della questione di genere nella organizzazione ecclesiale.

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