UN PARMIGIANO  A MADRID  intervista a cura di Carla Mantelli

di Redazione Borgo News

 Giulio Beseghi 28 anni, parmigiano, ingegnere energetico che lavora in una grande azienda a Madrid, ci racconta come si vive la pandemia nella capitale spagnola.

Come viene vissuta a Madrid la crisi pandemica? La gente ti sembra molto preoccupata o piuttosto tranquilla o rassegnata?

A Madrid la gente ha vissuto questa pandemia abbastanza bene perché è la regione della Spagna dove hanno lasciato aperto di più. È stato imposto il coprifuoco alla sera ma non misure più restrittiva. Le palestre, i teatri i cinema sono aperti ma con un limite al numero di persone che possono entrare. Stessa cosa succede nei bar.  Ovviamente tutti devono portare la mascherina. Io, per esempio, frequento una palestra di arrampicata e qui a Madrid non ha mai chiuso. Mi pare che in Italia ci siano molte misure difficili da capire e quindi molti italiani sono stanchi. A Madrid ci sono meno regole e quindi, forse, si riescono a rispettare di più.  Tra l’altro io, per fare un altro esempio, sono andato alle Canarie per un mese a fare telelavoro. In Italia sarebbe stato impensabile.Devo precisare che quella che descrivo è la situazione della capitale perché tutte le altre regioni hanno regole più stringenti che a Madrid. Penso che ci siano ragioni politiche legate al fatto che Madrid è governata dalla destra.

La stampa e gli altri mezzi di comunicazione seguono in modo approfondito l’evolversi della pandemia oppure le danno minore rilevanza rispetto ai mass media italiani?

La stampa non parla quasi mai di COVID. I dati sulla pandemia che riguardano la Spagna li devo cercare su Google in tanti siti diversi…I media parlano molto di politica, di conflitti tra regioni… ma di COVID si parla pochissimo.  Probabilmente c’è meno pressione sugli ospedali però mi sorprende questo silenzio. La gente in qualche modo si dimentica della pandemia e non si rende nemmeno conto di come è la situazione nel resto d’Europa. Vive come in una bolla.

Quali pensi siano le conseguenze più gravi che dovremo gestire dopo la fine della pandemia?

 Ci sono già e ci saranno ancora conseguenze economiche. È evidente che le fasce più deboli pagheranno molto questa crisi in termini di diminuzione del reddito e di disoccupazione. Qui ci sarebbe un grande ruolo per la politica che dovrebbe creare le condizioni perché siano i più ricchi a pagare per la ripresa. Ma non penso che succederà. Io sono fortunato: ho continuato a lavorare senza problemi e, anzi, ho risparmiato uscendo meno con gli amici e viaggiando di meno. D’altra parte, leggiamo sui giornali che le persone più ricche del pianeta si sono arricchite ancora di più con la pandemia. Una cosa ridicola…se non fosse tragica. Un’altra conseguenza grave è che la gente è stata male non solo a livello materiale ma anche a livello psicologico ed emotivo: dovere stare in casa, non potere andare in ospedale a trovare una persona cara, i bambini e gli adolescenti impossibilitati a frequentarsi… sono cose che lasciano il segno

Pensi che ci siano stati anche aspetti positivi in questo anno così difficile e particolare che ci siamo trovati a vivere?

Certo. Il lavoro da casa e lo smart working sono state grandi e positive “scoperte”. Non possiamo assolutamente buttare via ciò che abbiamo imparato in questi mesi. Questo nuovo modo di lavorare che per forza di cose si è diffuso molto va mantenuto! E’ un vantaggio per tutti: per chi lavora, che può conciliare meglio le varie dimensioni della vita, ma anche per le aziende che hanno tutto l’interesse ad avere lavoratori e lavoratrici felici. Avendo potuto sperimentare lo smart working non tornerei mai indietro! Non cambierei questo lavoro con uno meglio retribuito che non lo prevedesse. Per me è molto importante anche perché mi consente di tornare in Italia più di frequente senza che il mio lavoro ne soffra. Tra l’altro le persone che lavorano in azienda hanno imparato a organizzarsi nel lavoro a distanza e le cose hanno funzionato al meglio. Pensiamo solo ai lunghi e costosi viaggi che spesso si facevano magari per una riunione di due ore a migliaia di chilometri di distanza. Ora ci siamo abituati alle conference call: molto più economico, veloce e meno inquinante!

 

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