POPOLARISMO E POPULISMO  – LA LEZIONE DI LUIGI STURZO di Giorgio Campanini

di Riccardo Campanini

Dal suo particolare osservatorio – l’Italia prefascista prima, l’ospitale Gran Bretagna poi – Sturzo ha potuto seguire per oltre un trentennio le trasformazioni della società occidentale ed ha accompagnato con favore il ritorno, quasi ovunque in Europa, della democrazia. Nello steso tempo, egli ha amato profondamente il popolo ( e non solo quello della sua Sicilia) e ne ha riconosciuto il  ruolo fondamentale nell’ambito del suo vasto ed organico pensiero politico. L’aver voluto chiamare “popolare” il partito da lui fondato conferma ed avvalora questa scelta di campo: sua fondamentale preoccupazione – nel lungo ventennio di dominio quasi incontrastato, in Europa, delle dittature di varia estrazione –è stata quella di valorizzare, ma senza mitizzare (come era avvenuto invece da parte delle ideologie fascista e nazista) la realtà popolare: il suo è sempre stato popolarismo, non populismo. La sua avversione per lo Stato accentratore e la sua passione autonomista lo rendevano del resto consapevole dei rischi di spersonalizzazione (e al limite di cedimento alle spinte autoritarie) insiti nell’oblio della categoria di “popolo”. Non a caso, nell’ ”Appello ai liberi e forti” si era schierato a favore di n deciso passaggio da uno Stato accentratore ad uno Stato popolare, confidando a questo fine nella maturità civile dei cittadini e nella capacità del popolo di attingere dalla sua anima profonda “gli elementi di conservazione e di progresso”. Il populismo di questo inizio del XXI secolo non può essere paragonato a quello che coinvolto l’Europa negli anni fra le due guerre mondiali. Resta tuttavia un “filo rosso” che collega i populismi del Novecento con quelli del XXI secolo, e cioè il rifiuto della mediazione, la falsa idea che sia possibile una sorta di 2democrazia di massa” consegnata ora al ricorso alla piazza ora all’uso delle moderne tecnologie: nell’uno e nell’altro caso nella presunzione che sia possibile –ed anzi preferibile rispetto ad ogni altra forma di governo – una sorta di “democrazia di massa” che ci si illude possa essere in qualche modo garantita dall’uso dei moderni mass-media.  In realtà una politica autenticamente “popolare” – come quella che sta alla base di ogni democrazia – presuppone l’incontro, il dialogo, la mediazione e dunque rifiuta ogni deriva plebiscitaria, ogni identificazione del corpo sociale con un Capo nei confronti del quale altro non resterebbe che il consenso passivo delle masse.

Si impone dunque, da parte dell’Occidente, una rinnovata consapevolezza dell’importanza dell’incontro, del dialogo, della mediazione, senza imboccare la pericolosa strada del rapporto diretto tra governanti e governati. Della necessità di questa mediazione Sturzo ha avuto una profonda coscienza e non a caso su questo terreno si è radicata la sua forte ed alta battaglia politica: con il popolo e per il popolo, ma non alla testa del popolo.

(Testo tratto dall’intervento svolto nel corso del Seminario “1919 don Sturzo e la nascita del Partito Popolare italiano. Aspetti storici, politici e sociologici“ tenutosi presso la nostra Università lo scorso 31 ottobre)

 

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