CANTARE AL TEMPO DELLA PANDEMIA   di Francesco Camattini

di Riccardo Campanini

Nell’ultimo periodo durante il quale i giorni assomigliano molto l’uno all’altro  (tanto da dubitare quasi del trascorrere del tempo) è come se mi trovassi davanti ad uno sterminato campo d’erba sul quale corre – a tratti – il vento. L’orizzonte è lontano,  forse si immagina soltanto. Non colgo discontinuità nel paesaggio. Questo è il mio “esterno” e Il mio “interno” ne è potentemente influenzato. Ma so che tutto questo è una “maschera”, una rappresentazione che ha un significato che non ho ancora colto. Così, sentendomi artista e chiedendo all’arte un “aiuto”, mi viene in soccorso questo pensiero: l’arte è anche un modo per ri-velare (ovvero velare, celare nuovamente) la realtà, il mio “esterno” per ri-significarlo o, più banalmente, per attribuire un senso a quanto accade.

Penso allora ad Icaro, al suo volo. Penso a quel padre così crudelmente geniale che lo ha vestito di piume e cera e gli ha chiesto di seguirlo attraverso il mare: “Seguimi figlio: non scendere troppo in basso perché il peso delle piume ti affogherebbe, non salire troppo in alto perché il Sole disintegrerebbe il tuo volo di cera…”. Vedo Icaro sul campo davanti a me, concentrato sul da farsi e che sbatte le sue enormi ali (all’epoca della sua traversata dei contadini lo avevano scambiato per un angelo, un dio)…in un attimo capisco il suo pensiero folle: “seguire” la rotta segnata da chi lo ha preceduto non può essere preso in considerazione. A rischio di precipitare. Il volo di questo ragazzo (forse era ancora poco più di un bimbo) non è legato solo al fenomeno fisico della portanza ma è un assunzione di responsabilità e di originalità del proprio percorso. Si vola solo se c’è una tensione (fisica e morale) verso un obiettivo (che lo si raggiunga o meno). Se quell’obiettivo appartiene ad altri (una rotta nota) non vale certo la pena di rischiare. Così, Icaro mette in conto di precipitare e, a mia volta, io voglio prendere atto del mio desiderio di eversione ovvero di trovare – a costo di fallire – una voce autentica. Uscendo dalla splendida metafora in cui ci porta il mito di Icaro, credo che in questo momento di pandemia in cui tutto è “sospeso”, l’Arte sia la possibilità di praticare delle discontinuità nel paesaggio che troviamo dinnanzi a noi a partire dal nostro quotidiano.

A Icaro ho voluto dedicare una canzone (a dire il vero la seconda) dal titolo “Promemoria per Icaro” di cui riporto alcuni versi* e che uscirà a fine febbraio con il mio nuovo lavoro discografico dal titolo “A costo di non tornare”: è un disco che reinterpreta in modo laico (ed inevitabilmente le tradisce) le beatitudini del Nuovo Testamento, nel quale c’è tutto il mio desiderio di dare voce a chi – a mio avviso – contribuisce  alla costruzione di una Pace concreta: tra uomini ma anche tra uomini e Creato.  Nel disco per esempio c’è una canzone dedicata ad un’Antigone contemporanea (ovvero Carola Rackete) dal titolo “Capitana” che a questo link potete ascoltare in anteprima https://open.spotify.com/track/0SF5YAJ6FWoMDvxNTUsEcX?si=Jqas0BIbQhqiUsLd7uyJLA&fbclid=IwAR1WtnvkB2azW5bHMyrQVeNiCX2K1078LkMWZdiYwXrCEAIyT_U9MOCNVbg

Mi farà comunque piacere se vorrete ascoltare le mie canzoni dal vivo sul mio canale youtube https://www.youtube.com/channel/UCyeXK2RgTtXDeYEc7OpI3Pg

 

*Cos’è questa fretta di arrivare

senza aver capito dov’è l’errore

le ali sottili di vento e cera

la terra e più piccola, più piccola, più piccola…

Icaro ricordati che il volo è solamente un’occasione

per cambiare direzione o scomparire

Icaro ricordati che il volo è sola l’occasione

per cambiare direzione o rivedere, un tuo errore

(da Promemoria per Icaro, “A costo di non tornare”, Gaffe ed., in uscita a febbraio 2021)

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