L’AMBASCIATORE E IL PARTIGIANO   di Riccardo Campanini

di BorgoAdmin

Lo scorso 14 ottobre, in due differenti luoghi della nostra Provincia, sono stati onorati due autentici “martiri” – nel senso etimologico di testimoni dei valori in cui credevano – del nostro tempo: l’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso nel 2021 nella Repubblica del Congo, cui è stato dedicato un parco cittadino; e il partigiano Lino Bottali, trucidato dai nazifascisti nel gennaio del 1945 assieme ad altri 20 compagni di lotta, del quale è stato inaugurato un monumento a Gotra di Albareto, suo paese natale. A parte la condivisione degli stessi ideali umani e cristiani, sembrerebbe in apparenza che, seguendo le categorie e gli stereotipi oggi in voga, niente altro accomuni queste due figure: uno, ambasciatore, quindi incaricato di risolvere conflitti e tensioni con le “armi” del dialogo, del compromesso, appunto della diplomazia; l’altro, invece, partigiano, che scelse dunque di difendere la Patria combattendo. Ma questa contrapposizione è solo apparente: come ha ben ricordato P. Castagnetti nel suo intervento a Gotra di Albareto, quanti scelsero la lotta armata contro la barbarie e l’orrore del nazismo lo fecero appunto con l’anelito che quella fosse l’ultima delle guerre, nella speranza che, una volta sconfitta l’ideologia disumana e razzista che aveva scatenato il secondo conflitto mondiale, sarebbe stato definitivamente eliminato il ricorso alle armi tra le nazioni e all’interno di esse. Tanto che, come ha sottolineato Castagnetti, quando si trattò di redigere l’art. 11 della Costituzione- la Carta della nuova Italia nata dalla Resistenza e dai suoi martiri – ci fu un lungo dibattito su quale fosse il termine più forte ed inequivocabile per esprimere il rifiuto totale della guerra come “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, fino alla scelta del verbo “ripudia”, che esprimere perfettamente questa aspirazione ad un mondo senza più conflitti armati.

In questi mesi, a partire dall’invasione dell’Ucraina, e di nuovo in queste settimane con la recrudescenza dello scontro tra israeliani e palestinesi, si è assistito ad uno scambio di accuse reciproche tra quanti invocavano ed invocano una soluzione nonviolenta e pacifica dei conflitti, e quanti ritengono invece necessario il ricorso alle armi di fronte alla minaccia di distruzione del proprio Paese o di stragi di civili innocenti. Ma in realtà lo spartiacque non passa tra chi, come appunto Attanasio, stava provando a dipanare l’aggrovigliata matassa delle tensioni e delle violenze nel Congo orientale con gli strumenti della diplomazia (e ha pagato con la vita questo impegno), e chi, come Lino Bottali 80 anni fa, è stato invece obbligato dalla circostanze storiche ad opporsi con le armi ai nazifascisti (pagando anche lui con la vita questa scelta). Il vero confine, infatti, come ricordava appunto Castagnetti, passa tra l’aspirazione ad un mondo di pace – condivisa oggi dagli ucraini, dai russi oppositori di Putin e dalla grande maggioranza di israeliani e palestinesi, solo per citare i popoli coinvolti in alcune delle guerre in corso – e la volontà invece dei tanti signori della guerra di perpetuare negli anni le violenza e i massacri di questi giorni. Ecco perché è importante pensare già da adesso ai tanti “dopoguerra” che ci attendono, magari ripartendo da quel “magico” 1948, quando, oltre alla nostra Costituzione, vide la nascita anche la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che, se applicata integralmente, rappresenterebbe l’antidoto perfetto ad ogni forma di violenza tra le persone e tra i popoli. Dopo 75 anni, sarebbe davvero l’ora di rifare un bel (19) 48!

Dalla stessa sezione

Lascia un commento