LA REPUBBLICA DI SANREMO di Riccardo Campanini

di BorgoAdmin

Proprio due settimane fa, in questa stessa rubrica, veniva posta la domanda se esista davvero una “differenza” italiana rispetto agli altri Paesi europei, e in cosa effettivamente essa consista. Oggi si può affermare che, almeno per una settimana all’anno, l’Italia è davvero unica; e per capire di cosa si sta parlando basterebbe chiedere a qualche osservatore straniero qual è stato quel luogo in cui, nei giorni scorsi, si è parlato di Costituzione e di carceri minorili, di razzismo e di discriminazione, di diritti delle donne iraniane e di guerra in Ucraina… La risposta, molto probabilmente, indicherebbe prima di tutto le aule parlamentari, o in alternativa il Congresso di un partito, o ancora un qualche Meeting con ospiti particolarmente qualificati. Naturalmente, come ben sanno quasi tutti gli italiani, nessuna di queste risposte è quella giusta, perché il luogo di cui trattasi è il Teatro “Ariston” di Sanremo, dove si è svolta in diretta TV quella che, sulla carta, è semplicemente una rassegna canora con tanto di vincitore finale. Certo, si potrebbe far notare che anche la notte degli Oscar, da evento puramente spettacolare e mondano, si è trasformato, soprattutto negli ultimi anni, in uno show in cui entrano anche temi e problemi di natura politica e sociale; ma nonostante queste “digressioni” la consegna delle celebri statuine rimane fondamentalmente una cerimonia in cui i protagonisti principali restano i film, i registi gli attorie le attrici, mentre alle serate del Festival di Sanremo sembra talvolta che siano le canzoni a fare da “contorno” e da intermezzo a tutto il resto. Rimane però da capire se sono questi contenuti seri che riescono a “nobilitare” una gara tra cantanti, trasformandola in un’occasione di riflessione, di dibattito e anche di legittimo confronto tra diversi punti di vista o se, viceversa, è il contesto “leggero” in cui vengono calati a banalizzare ed edulcorare inevitabilmente temi importanti o addirittura drammatici, col rischio che vengano dimenticati dalla sera alla mattina – esattamente come avviene per la gran parte delle canzoni in gara.

D‘altronde, quello del rapporto tra musica di consumo e tematiche “impegnate” è una questione che si trascina da almeno 60 anni,  da quando cioè, a partire dalla canzoni “politiche” di Bob Dylan, molta di questa musica da semplice occasione di svago è diventata veicolo di contenuti assai più seri e problematici, lasciando quindi il dubbio se sia stata la canzone di protesta a “contaminare” il mercato della musica popolare o se al contrario sia stato quest’ultimo a “sfruttare” commercialmente cantautori e gruppi impegnati, neutralizzando di fatto i contenuti di rottura e di contestazione che essi volevano promuovere. A questo dilemma non c’è risposta, o, come cantava proprio Bob Dylan, “the answer is blowing in the wind”, anche perché probabilmente ognuno reagisce a modo suo davanti a contenuti “alti” diffusi tramite contenitori “leggeri”. E proprio i molti decenni trascorsi dalle prime canzoni di protesta ai giorni nostri fanno capire che, per dare una risposta sicura, non basterebbero non una ma, per restare (e finire) dalle parti di Sanremo, probabilmente nemmeno due vite.

Dall'ultimo numero di BorgoNews

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