GESÙ MASCHILE SINGOLARE di Carla Mantelli

di BorgoAdmin

Dal fatto che Dio si sia incarnato nel maschio Gesù, è sempre stata dedotta la superiorità del maschile sul femminile. Perché mai, sennò, non si sarebbe incarnato in una femmina? Ragionando in questo modo dovremmo anche dedurre la superiorità della stirpe ebraica sulle altre, della lingua aramaica sulle altre, del mestiere del carpentiere sugli altri… Non è questo evidentemente l’approccio giusto. Dio si è incarnato in un maschio, ebreo palestinese che parlava aramaico e che imparò il mestiere di carpentiere perché ha scelto di rivelarsi assumendo la condizione umana. E la condizione umana non si dà al di fuori del limite, di una parzialità che fa essere ciascuno di noi femmina e non maschio, italiana e non egiziana, artigiana e non insegnante e così via. Per quanto sia complessa e plurale l’identità di ciascuno di noi, è sempre un’identità che esprime parzialità. Questa parzialità non è una maledizione ma la condizione dell’incontro, dei legami arricchenti con gli altri.

Il valore teologico della maschilità di Gesù viene così stemperato per mettere al centro della riflessione teologica la sua condizione umana. Ma la maschilità di Gesù non è per questo priva di significato. Essa significa molto, per le donne e, forse soprattutto, per gli uomini. Gesù, infatti, vive la propria maschilità in modo assai singolare rispetto al contesto culturale del tempo. Come spiega la teologa Simona Segoloni Ruta, recentemente invitata a Parma dalla rete Viandanti e autrice del libro “Gesù maschile singolare”. Il Nazareno rompe tutti gli schemi all’interno dei quali nella Palestina di duemila anni fa, doveva inserirsi l’essere maschio. Innanzitutto non si sposa e non ha figli, rinunciando così a prendere possesso di una donna (questo era il matrimonio) e di figli che avrebbero dimostrato la sua continuità nel tempo. Decide cioè che essere maschio non implica necessariamente esercitare un dominio su qualcuno. Comanda inoltre a sbalorditi discepoli che non è permesso ripudiare le mogli (Matteo 19) perché esse non sono oggetti di loro proprietà, ma persone con le quali hanno stretto un patto sacro. Tratta le donne come interlocutrici alla pari (vedi l’adultera, la samaritana, Marta e Maria di Betania, Maria di Magdala…)  senza quel rancoroso astio misto a paternalismo così spesso manifestato dal sessismo di cui era impregnata la sua epoca e ancora lungi dall’essere sconfitto nella nostra. Ancora, Gesù offre il suo corpo come pane e il suo sangue come vino per nutrire chi lo segue e lo ama. In questo modo parla di sé e del mistero eucaristico richiamando di fatto il gesto della madre che con il proprio corpo allatta i figli dando loro la vita.

Questi pochissimi esempi (nel bellissimo libro della teologa Segoloni se ne trovano molti altri e molto ben documentati) mostrano che Gesù non solo libera le donne dalla loro condizione di inferiorità ma libera anche gli uomini da tutti quegli stereotipi che li inchiodavano (e spesso li inchiodano ancora) a caratteristiche e ruoli che mortificano la loro umanità. Gesù è un modello rivoluzionario di maschilità, capace di liberare gli uomini e anche le donne.È sempre stato facile mettere a tema identità e ruoli femminili, molto più difficile farlo con il maschile. Il maschile, infatti, è sempre stato identificato con l’umano in quanto tale (quando si studia filosofia a scuola, per esempio, nessuno dice che si tratta di filosofia maschile, eppure la è) e il femminile è stato percepito e analizzato come “la differenza”. Riflettere sulla differenza maschile e sulla sua parzialità serve a superare questa distorsione del pensiero, serve a instaurare rapporti di vera solidarietà, amicizia e amore tra donne e uomini.  Purtroppo, come ha rimarcato Simona Segoloni, mentre nella nostra società sono stati fatti significativi passi avanti nel concepire la relazione tra donne e uomini, nella chiesa cattolica si è rimasti drammaticamente indietro. Si tratta di una situazione paradossale perché la fede cristiana si basa sulla persona di Gesù e se c’è qualcosa di indiscutibile nel suo comportamento e nel suo insegnamento è il rifiuto del sessismo. Ma il paradosso sta anche nel fatto che per lungo tempo la chiesa è stata capace di mitigare al proprio interno gli effetti delle pesanti strutture sociali patriarcali mentre oggi le conferma e le irrigidisce.  Si muoverà qualcosa grazie al Sinodo in svolgimento? Le resistenze al cambiamento sono forti ma la speranza che esso possa dar vita a una chiesa meno clericale e meno sessista, resiste.

Simona Segoloni Ruta, Gesù maschile singolare, EDB, Bologna 2020, pag. 176, €.16,00

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