Per un “umanesimo della presenza”

di BorgoAdmin

Molteplici sono le possibili linee di lettura del Convegno ecclesiale celebratosi a Firenze dal 9 al 13 novembre. Fra di esse ve ne è una che interessa da vicino quanti, da credenti, intendono operare nella società:

e su questo aspetto vorremmo richiamare l’attenzione in queste brevi note, che non hanno alcuna pretesa di esaustività e intendono soprattutto rappresentare un invito a leggere i materiali di quel Convegno che – è stato assicurato – in tempi brevi saranno messi a disposizione di tutti i credenti e non soltanto di quella che, nonostante la sua ampiezza (circa 2200 delegati) può essere considerata una piccola “pattuglia”, pur se rappresentativa, della Chiesa italiana.

 

Tema del Convegno era, come è noto “In Gesù Cristo un nuovo umanesimo”. Vi era il rischio che il tema fosse affrontato in una prospettiva un poco astratta; ma hanno pensato da un lato Papa Francesco, coni suoi forti inviti all’impegno verso gli ultimi, e dall’altra i partecipanti al Convengo, riuniti in n folto gruppo di tavoli di lavoro, a dare concretezza a questo autentico umanesimo, che sta ad indicare soprattutto corposa e concreta attenzione all’uomo, soprattutto all’uomo povero e sofferente, emarginato. Nelle alte parole di Papa Francesco pronunciate sia nel “preludio”, breve ma significativo, di Prato (con il forte invito a “combattere sino in fondo corruzione, sfruttamento, illegalità”) sia soprattutto nel forte discorso di S. Maria del Fiore, si è rivelata appieno l’attenzione, anzi la passione della Chiesa per l’uomo nella sua concretezza, nella sua forza e nella sua debolezza. Non a caso il discorso fiorentino è stato tutto ritmato dal costante richiamo alle Beatitudini ed alle opere di misericordia, con forte invito a non limitarsi all’assistenza ma in impegnarsi per l’inclusione sociale dei poveri (non assistenzialismo, dunque, ma forte impegno per il superamento delle permanenti ingiustizie presenti oggi nel mondo e certo non assenti in Italia). In proposito, Il Papa ha chiesto ai Vescovi di “essere pastori”, di restare sempre vicini alla ente, in modo da essere “ non predicatori di complesse dottrine ma annunciatori di Cristo morto e risorto”, rimanendo lontani da “ogni surrogato di potere, di immagine, di denaro”.

Le parole del Papa, riprese poi nella relazione conclusiva del Presidente deLla CEI Bagnasco, sono state al centro dei lavori di gruppo, con forti sottolineature in ordine alla necessità che si apra una nova stagione dell’impegno sociale dei credenti.

Proprio su questo punto sarebbe stato opportuno, e forse necessario, un corale confronto nell’Aula congressuale; ma esso non è stato previsto e ci si è limitati al pur interessante lavoro svolto dai ben 203 “tavoli” intorno ai quali si son distribuiti i circa 2200 rappresentanti. Le numerose proposte avanzate un po’ da tutte le parti circa la necessità di avviare una nuova fase di impegno nel sociale della Chiesa italiana è augurabile trovino posto, in attea degli Atti, una sintesi finale che consenta anche a quella gande maggioranza di fedeli che non ha potuto essere fisicamente presente a Firenze di documentarsi su questo importante evento.

Vi è da domandarsi, a questo proposito, se non sia venuto il tempo di un serio e aperto confronto – fra vescovi, religiosi e laici, soprattutto con coloro che operano a vario titolo nella società – sulle forme in gran parte nuove che sta assumendo, in questo inizio del XXI secolo, il rapporto Chiesa-società (non più. Come spesso è avvenuto nel passato, incentrato sulla politica). Può essere letto in quest’ottica quell’appello alla sinodalità che è risuonato nelle conclusioni di Bagnasco, allorchè il cardinale ha sottolineato l’importanza del “camminare insieme”, aggiungendo che “l’assunzione di uno stile ecclesiale richiede precisi atteggiamenti, che dicono anzitutto il nostro modo di porci di fronte al volto dell’altro e indicano nella prospettiva della relazione e dell’incontro la strada di una continua umanizzazione”.

Molti potranno e dovranno essere, a nostro avviso, i momenti di confronto su questa permanente “sinodalità”; ma una tappa tutt’altro che marginale di questo percorso sinodale dovrà essere un serio e schietto confronto con i cristiani che a vario titolo operano nel sociale. L’appassionato appello ad un umanesimo vicino alla gente e amico dei poveri di cui si è fatto portatore Papa Francesco non può non interrogare quanti, a vario titolo, operano da cristiani nella città degli uomini.

Giorgio Campanini

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