AL SINODO LAVORI IN CORSO di Franco Ferrari

di BorgoAdmin

Questo Sinodo, – che si sviluppa in due sessioni: una appena conclusa e la seconda che si terrà nell’ottobre del prossimo anno -, si presenta come un passaggio complesso, delicato e difficile. Si tratta infatti di disegnare un nuovo modello di Chiesa: il passaggio è da una comunità ecclesiale rigidamente gerarchica ad una caratterizzata da una più marcata partecipazione di tutte le sue componenti e da un diverso stile di esercizio dell’autorità e del potere, in altre parole ad una Chiesa sinodale. Un cambiamento che il Vescovo di Roma ritiene necessario per darle un nuovo slancio missionario, per rispondere ad un mutato contesto sociale e culturale che egli stesso definisce come un “cambiamento d’epoca”. Non a caso il tema assegnato al Sinodo è “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”.

Un Sinodo diverso

Tra le scarse informazioni sui lavori sinodali, che la comunicazione vaticana ha lasciato filtrare attraverso i briefing quotidiani con diversi Padri e Madri sinodali, una è ritornata più volte: la positiva sorpresa per la diversità di questa assemblea sinodale rispetto a quelle del passato. Le diversità in effetti sono state molteplici. La composizione dell’Assemblea: 365 componenti, di cui 70 (la metà donne) non erano vescovi ed avevano diritto di voto. La suddivisione dell’assemblea in 35 tavoli di una decina di persone nei quali erano mescolati vescovi, cardinali, religiosi, laici, e, senza diritto di voto, gli invitati speciali (tra questi ha fatto notizia Luca Casarini, esponente di una ong che salva i migranti nel Mediterraneo) e i delegati fraterni in rappresentanza di 12 chiese cristiane non in comunione con Roma; inoltre, la composizione dei gruppi è cambiata per ognuna delle quattro sezioni di lavoro. Il metodo del confronto secondo la “Conversazione nello Spirito”, che sembra avere svolto l’importante ruolo di evitare o di far superare il conflitto. Padre Giacomo Costa, che era segretario speciale del Sinodo e che ha giocato un ruolo importante nell’impostazione metodologica di tutto il percorso sinodale, ha chiarito che “la conversazione nello Spirito apre ‘spazi’ in cui affrontare insieme anche tematiche controverse, su cui nella società e nella Chiesa è più frequente lo scontro, di persona o attraverso i social media, che il confronto. In altre parole, la conversazione nello Spirito ci offre una alternativa praticabile alle polarizzazioni”. E stando all’esito delle votazioni del documento finale qualche polarizzazione deve esserci comunque stata.

 Un confronto tra tradizione e segni dei tempi

Dopo quattro settimane di intenso lavoro (4-29 ottobre) l’Assemblea ha approvato, nella tarda sera di sabato 28 ottobre a conclusione di una lunga maratona di due giorni e dopo aver vagliato 1125 emendamenti collettivi e 126 individuali, la Relazione di sintesi intitolata “Una Chiesa sinodale in missione” con la richiesta maggioranza qualificata dei due terzi. Ognuno dei 20 capitoli della Sintesi presenta i punti sui quali c’è accordo (convergenze), gli aspetti da approfondire in quanto ci sono state posizioni diverse e a volte contrastanti (questioni da affrontare) e infine gli auspici o le indicazioni (proposte) per i mesi che ci separano dalla seconda sessione, che si terrà nel 2024, o per un lavoro più a lungo termine. Gli esiti delle votazioni sono un’utile bussola per capire su cosa i Padri e le Madri sinodali si sono trovati in difficoltà. Due questioni in particolare hanno avuto un significativo numero di voti contrari: l’accesso delle donne al diaconato (69 contrari su 346); l’esame del possibile superamento del celibato obbligatorio per i presbiteri (55/346).

Sul diaconato femminile si sono confrontate due posizioni: chi ritiene che creerebbe una discontinuità con la Tradizione e una “pericolosa confusione antropologica” che “allineerebbe la Chiesa allo spirito del tempo” e chi lo considererebbe il ripristino di una pratica della Chiesa delle origini e una risposta ai segni dei tempi. Un’opposizione che si è manifestata anche nelle proposte: la prosecuzione della ricerca teologica e pastorale sul tema ha ricevuto 67 no e la richiesta di utilizzare nei testi liturgici e nei documenti “un linguaggio che tenga in ugual conto uomini e donne” ha ottenuto 39 no. Nel capitolo 11 su Diaconi e presbiteri in una Chiesa sinodale la richiesta di un approfondimento teologico del ministero del diaconato permanente, da orientare “più decisamente al servizio ai poveri” (v. capitolo 4), che consentirebbe di “illuminare anche la questione dell’accesso delle donne al diaconato” ha ricevuto 61 no. In questo capitolo anche la timida richiesta di valutare l’opportunità di “inserire presbiteri che hanno lasciato il ministero in un servizio pastorale che valorizzi la loro formazione ed esperienza” ha ricevuto 51 no. Al capitolo 15 una riserva di fondo si è manifestata, anche se in misura più debole con 39 no, di fronte all’ammissione che “talora le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti” per affrontare questioni come l’identità di genere, l’orientamento sessuale, il fine vita, l’intelligenza artificiale e all’esigenza di “investire le energie migliori” per una riflessione che non cada in “giudizi semplificatori”. Riserva confermata dai 36 no alla proposta di avviare “un discernimento condiviso su questioni dottrinali, pastorali ed etiche che sono controverse”.

Lentamente verso una Chiesa sinodale

Gli esiti della grande consultazione preparatoria avevano suscitato molte aspettative su un’ampia lista di problemi che attendono di essere affrontati. Per mettere mano ai molti cambiamenti necessari per raggiungere l’obiettivo di una Chiesa sinodale, la Relazione di sintesi, in positivo, mostra l’esigenza di un lungo cammino.   Da un punto di vista generale ritornano più volte tre esigenze. La necessità di approfondimenti teologici di molti temi (es. natura delle conferenze episcopali, la nozione di sinodalità, …). La revisione del Diritto canonico, per la quale si richiede l’avvio di uno studio preliminare, infatti la sinodalità ha bisogno di regole diverse in particolare in relazione alla partecipazione. L’implementazione di una cultura della sinodalità; già nel primo capitolo della Relazione si manifesta l’esigenza di comprendere “le ragioni della resistenza” al processo sinodale di “diaconi, presbiteri e vescovi”.

Tra le molte proposte particolari ve ne sono alcune che intercettano in modo significativo le urgenze segnalate dalla consultazione preparatoria. Circa la liturgia si pensa di “rendere il linguaggio liturgico più accessibile ai fedeli e incarnato nella diversità delle culture”, inoltre si chiede di “valorizzare tutte le forme di preghiera comunitaria senza limitarsi alla sola celebrazione della messa”. Si è avvertita anche l’esigenza di ampliare i compiti del ministero del lettore includendo anche la possibilità della predicazione. Attenzione particolare è stata riservata al cammino ecumenico per il quale si chiede: l’impegno a trovare una data comune a tutte le Chiese cristiane per la Pasqua; la convocazione di un Sinodo ecumenico sulla missione; la compilazione di un martirologio ecumenico.

Nei capitoli 11 e 12, poi, ha fatto capolino l’esigenza di introdurre “processi di verifica regolare” dell’operato di diaconi, presbiteri e vescovi con riferimento allo stile di esercizio dell’autorità, dell’amministrazione economica e del funzionamento degli organismi di partecipazione. In altri termini il Sinodo considera la “cultura del rendiconto” organica ad una Chiesa sinodale e “presidio contro gli abusi”. Sugli abusi non c’è però un riscontro significativo nella Relazione, nonostante l’Appello inviato a tutti i sinodali da parte della Pontificia commissione per la tutela dei minori nel quale si chiedeva che la tutela venisse considerata una priorità perché l’impegno delle Conferenze episcopali nel contrato degli abusi è debole. Circa la partecipazione si è avanzato la richiesta di rendere obbligatori i Consigli episcopale, pastorale diocesano e parrocchiale.

Un tempo di attesa attiva

Nell’introdurre l’ultima sezione di lavoro, il Relatore generale, cardinale Hollerich, ha prospettato l’impegno tra questa sessione e la prossima così: “il tempo tra le due sessioni, ci vedrà impegnati a consegnare alle Chiese da cui proveniamo i frutti del nostro lavoro, raccolti nella Relazione di Sintesi, e soprattutto ad accompagnare quei processi locali che ci forniranno gli elementi per concludere il nostro discernimento il prossimo anno”. Un’indicazione che enuncia il principio della circolarità sinodale periferia-centro-periferia, ma che resta ancora molto generica. In attesa delle indicazioni che probabilmente la Segreteria generale del Sinodo fornirà per rendere produttivo questo anno che ci separa dalla seconda sessione, ci affidiamo all’ultima meditazione che il domenicano Radcliffe ha offerto all’Assemblea: “Questo è un tempo di attesa attiva. Anche se sembra che non stia accadendo nulla, possiamo essere fiduciosi che se le nostre parole sono amorevoli, germoglieranno nella vita. Questi undici mesi saranno come una gravidanza”

 

 

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