L’arcipelago della carità

di BorgoAdmin

Il 23 aprile 1833 Federico Ozanam, poi dichiarato Beato da Giovanni Paolo II, riuniva un piccolo gruppo di studenti della Sorbona per dare inizio alla prima Conferenza di carità.

Lo scopo è quello di garantire la loro amicizia sotto il segno della fede e della carità e di testimoniare in modo personale ed autentico  il proprio cristianesimo attraverso la visita dei poveri a domicilio. Fu questa l’iniziativa che diede origine alla Società di San Vincenzo de Paoli e che ebbe uno sviluppo rapidissimo in Francia e poi in tutta Europa. Anche a Parma il 12 maggio 1854 comincia a funzionare la prima Conferenza che si chiama dell’Assunta , dalla titolare della Cattedrale, sotto la presidenza dell’avvocato Pietro Cavalli e con l’assistenza di Mons. Lombardini Vicario generale della Diocesi. Inizia così la storia della San Vincenzo di Parma ,che ormai ha 160 anni,  ha superato difficoltà in tempi assai duri, passando dal Ducato, all’Unità d’Italia, alla Repubblica, con nuove  fioriture e ricadute ma sempre fedele al servizio dei poveri.

Negli anni fra i soci si possono annoverare nomi tuttora cari ai parmigiani come il Dott. Giuseppe Micheli, poi deputato, senatore e ministro e gli assistenti ecclesiastici il Can Guido Maria Conforti e il Can.Andrea Ferrari, entrambi elevati agli onori degli altari e nei tempi più recenti basta ricordare le testimonianze del Dottor Paolino Bordi, di Anteo Benassi, di Olga Marchesini.

Oggi le Conferenze sono 10, in cui i  58 volontari vincenziani continuano il loro impegno di carità e l’aiuto alle famiglie, circa 100 seguite continuativamente, con il supporto di generi alimentari, contributi, sostegno per le pratiche amministrative e soprattutto la visita settimanale, un incontro di amicizia e di partecipazione per superare insieme i momenti di difficoltà. 
Sono stati invece celebrati quest’anno i 40 anni dalla istituzione della Caritas di Parma, voluta da Papa Paolo VI come strumento per animare e promuovere in una dimensione comunitaria la pastorale della carità in cui sia riconosciuto come soggetto primario la comunità cristiana e la parrocchia. Svolge un servizio di coordinamento e di unione ma anche interventi di sostegno con i centri di ascolto parrocchiali e tramite  la Fondazione S.Ilario  la Mensa di fraternità  e il servizio di accoglienza e di accompagnamento. Ha festeggiato da poco i 40 anni a Parma anche la Comunità di Sant’Egidio, che  ha come caratteristica, oltre la ricerca del dialogo per la pace,  l’ impegno quotidiano nel servizio ai più poveri, vissuto nella forma dell’amicizia. Nell’arcipelago della carità a Parma vi sono tante altre espressioni che operano in silenzio, come le Volontarie Vincenziane che si ritrovano presso i Missionari saveriani, o  quelli che giorno dopo giorno svolgono il loro prezioso servizio, alla Mensa Padre Lino, all’Armadio del povero, al Centro per la vita, nella rete per il carcere, nelle Case di accoglienza. Frutto della solidarietà cittadina è la costituzione dell’Emporio e la partecipazione alla giornata della Colletta alimentare che contribuisce  a sostenere il Banco alimentare.

Certo negli ultimi anni il fenomeno delle povertà si è evoluto in modo sempre più vasto, non tanto per le cosidette nuove povertà ma per i tanti nuovi poveri; lo stato di povertà conclamata , certificabile e quantificabile da un punto di vista economico rispetto ad una soglia minima per una vita dignitosa coinvolge il 13% della popolazione, mentre almeno un altro 10% sta vivendo concreti processi di impoverimento. Le cause sono attribuibili alla crisi economica, alla mancanza del lavoro, alla riduzione delle risorse per il welfare, per cui anche l’impegno generoso dei volontari è rivolto  agli interventi di emergenza e difficilmente riescono a vedere dopo anni di assistenza una famiglia che riparte con le proprie forze. In questa situazione drammatica, oltre a muoverci per richiedere politiche sociali più adeguate come il contributo al sostegno minimo al reddito, credo che  i volontari delle associazioni, sempre più con i  capelli bianchi, debbano operare in rete, fra di loro e con i servizi sociali del comune, per unire le forze e qualificare gli interventi, ed ancor di più è loro richiesto di impegnarsi per trasferire ai giovani la testimonianza  di uno stile di vita  fatto di impegno, sobrietà e solidarietà.

Graziano Vallisneri

Dall'ultimo numero di BorgoNews