I ponti L’antidoto alla violenza: incontrarsi, conoscersi, riconoscersi fratelli e sorelle di BorgoAdmin 12 Febbraio 2015 di BorgoAdmin 12 Febbraio 2015 Quando il gruppo MEIC di Parma (Movimento ecclesiale di Impegno culturale) programmò questo incontro – il cui argomento comunque è sempre attuale – non si poteva immaginare che si sarebbe svolto all’indomani della strage terroristica di Parigi e di quella, quasi contemporanea, in Nigeria. Il titolo della serata, svoltasi lo scorso 28 gennaio, era “L’impegno ‘artigianale’ per la pace e la collaborazione fra i popoli” e prendeva spunto dal paragrafo 3.3 del Documento nazionale del MEIC, approvato nell’ottobre scorso (testo al link: http://www.meic.net/allegati/files/2014/10/29441.pdf). E’ stata perciò particolarmente stimolante la riflessione proposta da Padre Silvio Turazzi, saveriano, invitato a introdurre l’incontro. Quelli che seguono sono appunti presi durante un intervento che ha spaziato – com’era giusto che fosse – su molti e diversi aspetti. Ci scusiamo perciò con Padre Silvio e con i lettori per i limiti e la parzialità di questo resoconto. Padre Silvio è partito dal concetto di “gradualità”: occorre sapere che il cammino verso la pace procede per passi successivi e lo stesso Vangelo non può essere compreso e afferrato tutto in una volta. Per i cristiani la pace è la persona di Gesù, col suo amore umile e forte; fratello, amico, che dice “vi lascio la pace, vi do la mia pace”, che va incontro all’altro, lo ama profondamente, addirittura ama i propri nemici e invita chi lo vuole seguire a fare altrettanto. Per questo, il primo modo per costruire la pace è convertirsi, cercare di comportarsi come lui. Certo, è difficile, ma è la direzione verso cui tendere nonostante i nostri limiti: “beati i costruttori di pace”. Poi la riflessione si è spostata ai tempi recenti, con un rapido sguardo al Concilio – per il quale la salvezza procede nel mondo nel modo che solo Dio conosce (Gaudium et Spes) – e agli ultimi Papi: Giovanni XXIII che con la “Pacem in Terris” apre uno sguardo globale sull’umanità e spinge al superamento della “guerra fredda”; Paolo VI che nella “Populorum Progressio” denuncia la fame nel mondo e ricorda l’universale destinazione dei beni; Giovanni Paolo II che mette in evidenza la presenza del male anche nelle istituzioni ma sottolinea l’azione dello Spirito fuori da tutti gli schemi (“Novo Millennio Ineunte”); fino a Francesco, che nell’ultimo messaggio per la Giornata della Pace afferma con forza che non siamo più schiavi ma fratelli. Ciò significa che affermare i diritti umani è importantissimo ma non sufficiente: noi ci apparteniamo l’un l’altro, è questo il messaggio rivoluzionario del Vangelo; siamo tutti in relazione. Non possiamo tollerare la schiavitù. Si tratta quindi di uscire dall’indifferenza, di riconoscere in ogni altra persona un fratello/sorella. Ci sentiamo interpellati dalla tratta di esseri umani, dallo sfruttamento delle persone? O ci giriamo dall’altra parte? Siamo disposti, come chiede Papa Francesco, a toccare la carne sofferente di Cristo nella carne dei nostri fratelli e sorelle? L’antidoto efficace contro la violenza, ha proseguito Padre Silvio, è l’ascolto dell’altro, la scoperta e l’accettazione delle differenze come ricchezza, la volontà di conoscersi reciprocamente. C’è una dimensione affettiva, di condivisione, che non può mancare in un vero incontro con l’altro. Venendo all’Isis e ai fatti di terrorismo recenti, Padre Silvio si è chiesto quali sono le responsabilità e le risposte possibili. L’occidente deve interrogarsi sulle strategie adottate negli ultimi 30/40 anni e tentare un “dialogo di civiltà” (Mogherini); dall’altro lato, la violenza nel nome dell’Islam è un processo ramificato e complesso, che si diffonde più in rete che non nelle moschee. E’ molto importante che il presidente dell’Egitto, Al Sisi, abbia invitato i religiosi sunniti a una riforma dell’interpretazione religiosa islamica. Gli estremisti non devono avere la parola ufficiale dell’Islam e occorre riprendere il filo del riformismo islamico del XIX secolo, che poi si è interrotto. Importante anche il ruolo dei mistici musulmani, i “sufi”, e il rapporto che si può instaurare tra mistici di tutte le fedi, perché essi indicano un percorso verso Dio e non di sopraffazione dell’uomo. Questa collaborazione può aprire spazi di scambio e dialogo e salvare l’umanità dalla robotizzazione e dall’idolo del consumismo. Anche Parma risente della perdita di uno sguardo trascendente, rivolto verso Dio. Si tende a perdere il senso della propria esistenza e della propria identità e si notano comportamenti egoistici (come il tenere appartamenti sfitti mentre c’è un’emergenza casa). Occorre moltiplicare occasioni di condivisione, parlarsi, conoscersi, riconoscersi fratelli, in una logica di rispetto e di servizio. Anche un altro saveriano, Padre Raimondo Sommacal, è venuto all’incontro, segnalando le opportunità e le difficoltà, a Parma, dell’incontro e della condivisione con persone di diverse culture e paesi, anche tra gli stessi cattolici. Àmbiti in cui è urgente un nuovo cammino che veda tutti più consapevoli e impegnati. Sandro Campanini 0 FacebookWhatsappEmail post precedente L’impresa dei 1009 post successivo La “Chiesa in uscita” secondo Matteo Truffelli Della stessa sezione I DIECI ANNI DI DIALOGO ECUMENICO DI PAPA... 24 Maggio 2023 OLTRE I MURI di Filippo Ivardi Ganapini, missionario... 11 Maggio 2023 RIPENSARE IL MINISTERO, RIPENSARE LA CHIESA di Carla... 26 Aprile 2023 GESÙ MASCHILE SINGOLARE di Carla Mantelli 12 Aprile 2023 IL SAE ENTRA IN PARROCCHIA di Laura Caffagnini 30 Marzo 2023 LE ATTESE PER UNA CHIESA RINNOVATA – Documento... 15 Marzo 2023 LE DONNE NELLA CHIESA: UNA NUOVA STAGIONE? di... 1 Marzo 2023 IL PAPA, PIÙ SINODALE DEL SINODO, FA IL... 15 Febbraio 2023 SINODALE OVVERO ECUMENICO: ALCUNI PENSIERI DOPO LA SPUC ... 1 Febbraio 2023 I CANTIERI DI BETANIA: RIPRENDE IL CAMMINO SINODALE... 13 Gennaio 2023