FRATELLI TUTTI UN SOGNO DA COSTRUIRE INSIEME

di Riccardo Campanini

di Franco Ferrari –

Il 3 ottobre scorso, nella vigilia della festa liturgica che ricorda Francesco d’Assisi, nella cripta della basilica assisana che ospita sopra l’altare i resti mortali del santo, al termine di una celebrazione eucaristica priva di ogni splendore pontificio e simile ad una messa feriale in qualsiasi anonima parrocchia, Francesco ha firmato la terza enciclica del suo pontificato, ma la seconda autenticamente bergoliana, considerando che la prima Lumen Fidei, era stata sottoscritta per rispetto verso il predecessore, Benedetto XVI, che l’aveva quasi completata al momento delle sue dimissioni.

La dimensione sociale dell’evangelizzazione

Fratelli tutti è l’incipit che, riprendendo ancora una volta un testo francescano, dà il titolo all’enciclica dedicata alla “fraternità e all’amicizia sociale”. Ancora un’enciclica sociale, la seconda dopo la Laudato si’ dedicata al tema ecologico della “cura della casa comune”.Come mai questa ripetuta, potremmo dire insistente attenzione del magistero del Vescovo di Roma per i temi sociali? La risposta la troviamo nella Evangelii gaudium, il documento programmatico del pontificato, che dedica un ampio e centrale capitolo (il quarto) a “La dimensione sociale dell’evangelizzazione”. Francesco esplicita nel testo che l’annuncio “possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri” (n. 177).

Un magistero plurale e in ascolto

Fraternità e amicizia sociale sono una preoccupazione costante di Francesco, negli anni ha fatto riferimento ad esse più volte, dedicando in varie occasioni molti degli interventi che ora ha inteso raccogliere, collocandoli nel contesto più ampio dell’enciclica.Anche in Fratelli tutti Francesco ha inteso valorizzare il pensiero delle Conferenze episcopali nazionali, percorrendo le note si possono trovare i rimandi di citazioni da documenti di ben undici Conferenze episcopali: India, Croazia, Colombia, Corea, Sudafrica, Congo, Australia, Portogallo, Francia, Messico e Stati Uniti. Quasi un’anticipazione dell’auspicato decentramento che riconosca loro anche “una qualche autentica autorità dottrinale” (Evangelii gaudium, 32) Inoltre, se nella Laudato sì aveva considerato il contributo del Patriarca ecumenico Bartolomeo sui temi ecologici, in questa enciclica raccoglie e sviluppa i grandi temi esposti nel Documento firmato ad Abu Dhabi insieme ad un altro leader religioso, il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb della moschea Al-Azhar, sede della più antica e prestigiosa università islamica. Significativa, poi, l’annotazione che Francesco fa nel numero 5 del testo: “qui ho anche recepito, con il mio linguaggio, numerosi documenti e lettere che ho ricevuto da tante persone e gruppi di tutto il mondo”.

Il buon Samaritano e la buona politica

Il percorso nel quale il testo guida il lettore si può suddividere in cinque tappe di diversa lunghezza. Il primo capitolo propone una lettura della realtà con le sue molte ombre (interessante l’accenno alla scomparsa della coscienza storica) per aprire conclusivamente ai molti percorsi di speranza delle pagine successive. Il secondo step ci consegna un’ampia e bella rilettura della parabola del buon Samaritano. La parabola con i suoi personaggi diventa un parametro di lettura della nostra vicenda umana nell’attuale contesto storico. “Ci chineremo per toccare e curare le ferite degli altri? Ci chineremo per caricarci sulle spalle gli uni gli altri? Questa è la sfida attuale, di cui non dobbiamo avere paura. Nei momenti di crisi la scelta diventa incalzante: potremmo dire che, in questo momento, chiunque non è brigante e chiunque non passa a distanza, o è ferito o sta portando sulle sue spalle qualche ferito” (n. 70).

La terza tappa, nei capitoli 3 e 4, ci parla del “sogno” di Francesco per una società aperta nella quale si recuperano, sotto il segno dell’amore universale, i valori illuministici di libertà, uguaglianza e fraternità, si ripropone in modo forte la destinazione universale dei beni e la funzione sociale della proprietà e si valorizzano i doni reciproci del meticciato tra i popoli e le società per costruire un continuo sguardo glocale, cioè locale e universale.

Con la quarta tappa (capitoli 5-7) il cammino si fa più impegnativo in quanto vengono declinati i percorsi per tradurre concretamente l’utopia. È qui che si parla dell’impegno per una buona politica, del metodo del dialogo, della costruzione della pace con una perizia da artigiani e di due condizioni estreme di ingiustizia da contrastare e da superare: la guerra e la pena di morte.

Per Francesco si tratta di costruire una società in cui prenda sempre più significato e forma la parola “prossimo” al posto di “socio”, colui che partecipa solo per un interesse specifico.

«“Com’è importante sognare insieme! – scrive Francesco – Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme”. Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!» (n. 8)

 

Le religioni al servizio della fraternità universale

L’ultimo passaggio è dedicato al ruolo delle religioni come realtà al servizio della costruzione di una società fraterna. Bergoglio cita qui ampiamente il Documento per la fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmato ad Abu Dhabi nel febbraio dello scorso anno.

Chi lo accusa di sincretismo religioso o di “svendere” l’identità cristiana facendo concessioni all’islam sbaglia bersaglio. L’obiettivo, che dovrebbe fare proprio anche la politica, è un altro.

La strada del dialogo è quella che Francesco sente sia da percorrere da parte delle Chiese e delle varie fedi per evitare all’umanità una conflittualità distruttiva. Si tratta di una responsabilità che vuole assumere per la Chiesa cattolica e sulla quale cerca di coinvolgere anche gli altri leader religiosi.

Per salvare l’umanità dalla distruzione del diluvio primordiale Dio invitò Noè a costruire l’arca, anche oggi nel mare tempestoso scatenato da una “terza guerra mondiale a pezzi”, della quale il fondamentalismo religioso è un’importante concausa, occorre costruire una nuova arca. “Per salvaguardare la pace, ha detto Francesco ad Abu Dhabi, abbiamo bisogno di entrare insieme, come un’unica famiglia, in un’arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l’arca della fratellanza”.

Questa è la prospettiva che ci presenta Fratelli tutti.

Dall'ultimo numero di BorgoNews