BENIGNO  ZACCAGNINI, UN UOMO GIUSTO  A 30 ANNI DALLA MORTE di Giorgio Campanini

di Riccardo Campanini

BENIGNO  ZACCAGNINI, UN UOMO GIUSTO  A 30 ANNI DALLA MORTE di Giorgio Campanini

In una stagione della politica confusa e imbarbarita non è un lusso, ma un a necessità riandare a figure di galantuomini come è stato Benigno Zaccagnini (1912-1989)  a trent’anni dalla morte. Partigiano, indi amministratore locale nel Ravennate, poi deputato, più volte ministro nonché Vice-Presidente della Camera: lungo è stato il suo cursus honorum. Ma più che gli importanti incarichi sempre ricoperti con grande dignità e d esemplare rettitudine, merita di essere ricordato, nell’attuale contesto della politica italiana, per la sua forte e severa concezione della politica come servizio, al di là di ogni facile retorica.Forse più di ogni altro, nel Novecento italiano, Zaccagnini ha rappresentato il volto onesto e pulito di una politica non diretta esclusivamente all’acquisizione e al mantenimento del potere, ma orientata al servizio dei cittadini e alla ricerca del bene comune: e tutto ciò senza retorica e senza ricorrere a scritti astratti e retorici, ma operando con schiettezza e semplicità in un ambito – quello della politica italiana – troppo spesso abitato dalle strumentalizzazioni, dalle corporazioni, dalle doppiezze..Di particolare rilievo i lavoro svolto negli ani ’70 del Novecento , allorchè, come Segretario nazionale della DC, si accollò, riuscendovi solo in parte, l’onere di cercare di risanare un partito che in non pochi esponenti aveva ceduto alle compromissioni  e talora alla corruzione; alle sue parole e alla sua esemplare rettitudine si contrapposero, per risultare alla fine vincenti, gli sviamenti e le furbizie. Così il mancato rinnovamento (e la solo parziale moralizzazione del partito) aprirono la strada ad una débacle che con tutte le sue forze aveva cercato di evitare.

Si è spesso definito Zaccagnini come un paradossale “politico impolitico” per il fatto di aver rifiutato l’assolutizzazione della politica e aver affermato con forza – in piena coerenza con Aldo Moro, la cui tragica morta rappresentò per lui una ferita profonda ed insanabile – il primato della persona. Ma la sua lezione appare ancora attuale: lo politica non è e non può essere tutto, alla base di essa non può che stare la passione per l’uomo e per l’umano.

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