L’EUROPA, IL NOSTRO FUTURO

di Riccardo Campanini

                L’EDITORIALE

 

L’EUROPA, IL NOSTRO FUTURO

di Riccardo Campanini

Con una serata caratterizzata dall’intervento del Direttore di “Avvenire” hanno preso nei giorni scorsi il via le celebrazioni del primo secolo di “Vita nuova”, il settimanale della Diocesi, il cui primo numero uscì appunto nel maggio di 100 anni fa. Andando  per un attimo con la mente a quel 1919 non può passare inosservata la circostanza che un ruolo decisivo nella decisione di fondare un organo di stampa “cattolico” vi fosse la preoccupazione per la grave situazione politica dell’Italia di allora (preoccupazione, come si vedrà di lì a pochi anni,  purtroppo assolutamente fondata…) . Non a caso, nei primi numeri di “Vita Nuova”  compare un esplicito sostegno al neonato Partito Popolare, visto non solo come il naturale riferimento politico dei cattolici italiani ma anche come il principale baluardo a difesa della democrazia, minacciata in quell’epoca tanto da “sinistra” quanto da “destra”. Ebbene, a distanza di 100 anni ha fatto una certa impressione ascoltare dalla voce di Marco Tarquinio, attuale direttore di “Avvenire”, il ripetuto accenno a termini come “guerra” e “dopoguerra” utilizzati per spiegare l’attuale clima politico e culturale dell’Italia  – quasi, appunto, che la lancetta della storia fosse tornata indietro di un secolo….Naturalmente l’Italia del 2019 non è quella di 100 anni fa, e le minacce alla democrazia non sono così forti ed esplicite come quelle del primo dopoguerra. Eppure, la terminologia utilizzata da Tarquinio ha delle ragioni assolutamente fondate, che il Direttore di “Avvenire” ha richiamato più volte nel corso del suo intervento:  in particolare,  per riprendere le sue parole, è in corso un  “bombardamento sui valori che tengono insieme la comunità” ; e serpeggia un po’ ovunque un senso generale di smarrimento e di incertezza analogo a quello di un paese appena uscito da una guerra. Due tendenze molto pericolose, specie se “mescolate” insieme, col risultato di scaricare sui più poveri , e su chi li difende,  quel malcontento oggi così diffuso.

Nel  1919,  come detto, “Vita Nuova” vedeva nel Partito Popolare l’alternativa alle dilaganti tentazioni autoritarie e violente. E oggi, 2019?  E’ evidente  che, a differenza di un secolo fa,  non c’è un partito che possa  pretendere di rappresentare i cattolici italiani. Ma, nell’imminenza del voto europeo di domenica prossima, è altrettanto evidente la “scelta di campo” che si prospetta agli elettori, credenti e non:  da un lato, i partiti che continuano a credere nei valori di pace, fratellanza, cooperazione tra i paesi europei, magari rivedendo anche radicalmente  talune scelte  dell’UE, ma sempre nell’ottica di migliorare e rafforzare il cammino di integrazione europeo; dall’altro, chi invece vorrebbe tornare indietro,  ai nazionalismi e alle rivalità che hanno caratterizzato secoli di storia europea fino all’immane tragedia delle 2 guerre mondali. Per cui, a dispetto delle smentite e delle alzate di spalla, non è affatto un caso o una circostanza secondaria il fatto che a fianco dei cosiddetti “sovranisti” ci siano movimenti  esplicitamente neofascisti o neonazisti:  è del tutto logico che dal “prima noi…”(francesi, italiani, tedeschi, ecc. ) si arrivi, per deduzione,  a giustificare la superiorità di un popolo o di una razza, o  la guerra contro chi viene dipinto come nemico dei “nostri” interessi, e così via. Ed è altrettanto logico che, come dimostra il recente scandalo che ha coinvolto il partito di estrema destra austriaco,  i movimenti antieuropei godano delle simpatie “interessate” (e magari anche di appoggi finanziari o di altra natura) di quegli Stati che hanno tutto da guadagnare nel confrontarsi con un’Europa debole e divisa.

“Ecco allora il vero sovranismo: se vogliamo difendere la nostra sovranità, cioè le nostre tradizioni, la nostra vita, se dobbiamo dare una garanzia ai nostri figli, non lo possiamo fare da soli. Il vero sovranismo è la condivisione con gli altri paesi europei”. Lo ha detto, qui a Parma, Romano Prodi in occasione del “Concerto Per la libertà dell’Europa” (il testo completo del suo intervento è riportato nella “Piazza”) , dopo aver ricordato la lezione democratica e antifascista di Arturo Toscanini.  E,  a proposito di musica , suona così la quasi sconosciuta 2° strofa dell’Inno di Mameli: “Noi fummo da secoli Calpesti, derisi, Perché non siam popolo, Perché siam divisi”.  Valeva per l’Italia del  1800, vale – a maggior ragione – per l’Europa del 2000.

 

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