LA VIA SMARRITA PER BRUXELLES

di Riccardo Campanini

                   L’EDITORIALE

 

LA VIA SMARRITA PER BRUXELLES

 di Riccardo Campanini

Ci sono un francese, un tedesco e uno spagnolo…No, non è una barzelletta: è quello che sta succedendo in questi giorni a Bruxelles e dintorni per definire nomine e composizione delle principali istituzioni europee: incontri, riunioni, colloqui più o meno riservati – tutto normale, sembrerebbe, se non fosse per l’assenza di rappresentanti di un Paese importante, per storia, per popolazione, per tradizione. E questo Paese è proprio l’Italia. I motivi di questa assenza sono diversi e in parte giustificano tale latitanza: la situazione di grande incertezza della politica italiana, col rischio serio di una imminente crisi di governo;  la vittoria, alle recenti elezioni europee, di un partito euroscettico, che però, non avendo raggiunto l’obiettivo di condizionare, assieme ai suoi alleati degli altri paesi ,la politica e le nomine delle istituzioni europee, è di fatto “all’opposizione” rispetto ai futuri assetti di queste ultime; la crisi che sta vivendo l’altro partito di  governo, con la conseguente difficoltà a  giocare un ruolo da protagonista nel contesto internazionale

Eppure, a ben guardare, queste circostanze non spiegano tutto. Ad esempio, come mai uno dei principali attori delle trattative in corso è il Presidente francese Macron, anch’egli uscito malconcio dalle urne ed alle prese con una situazione interna non certo tranquilla e priva di incertezze? Il fatto è che Macron è da una parte un leader riconosciuto ed autorevole, anche per aver condotto una campagna elettorale tutta spesa a favore dell’Europa, e dall’altra vuole fare il possibile perché i nuovi vertici  europei possano proseguire e rilanciare il processo di unificazione. I nostri leaders, invece, sono stati tiepidi o addirittura ostili rispetto a tale processo e quindi non possono vantare nessun credito per poter giocare un ruolo significativo in questa fase così importante.  Ma, più in generale, l’impressione è che per l’attuale maggioranza nel suo complesso, al netto di sfumature e  differenziazioni , l’Europa sia considerata come qualcosa di estraneo, da “sopportare” più che da “supportare”. Viene in mente in proposito la famosa battuta di Nanni Moretti: “Si nota di più se non vado o se vado e sto in disparte?”. Ecco, rispetto alle trattative e ai confronti in corso per decidere il futuro dell’Unione Europea, l’atteggiamento del Governo italiano sembra appunto quello di chi  non sa se sia meglio restarne completamente fuori o partecipare ma in modo pressochè irrilevante. Del resto, e non solo in questi giorni, la parola “Europa” viene associata normalmente a termini come “vincoli”, “regole”, “obblighi” – parole che, come è ovvio, non suscitano certo entusiasmo e slanci partecipativi….

E’ possibile che, alla fine, l’Italia ottenga comunque qualche poltrona “di peso”, ma non è questo il punto. Davvero è pensabile – e soprattutto sensato – che, dopo non aver fatto nulla per cambiare le istituzioni europee, i prossimi 5 anni siano ancora riempiti dalle critiche all’Europa dei “burocrati”, lontana dai cittadini, sottomessa ai “poteri forti”?   Anche perchè, nel frattempo,  proprio i  cittadini – ed elettori – italiani potrebbero stancarsi di queste sterili lamentazioni e capire che l’Europa è solo un comodo “capro espiatorio” per chi non riesce a risolvere i problemi ma non vuole perdere i consensi. E se qualcuno  ricomincerà con la storiella “c’erano un tedesco, un francese, uno spagnolo…”, si capirà subito che non c’è proprio niente da ridere.

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