GRUPPO DI PREGHIERA E MEDITAZIONE PROFONDA “Arcangelo Raffaele” —————————- CONTRIBUTO ALLA CONSULTAZIONE TEMA 2: RICONOSCIMENTO DEL RUOLO FEMMINILE

di BorgoAdmin

 

GRUPPO DI PREGHIERA E MEDITAZIONE PROFONDA

“Arcangelo Raffaele”

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CONTRIBUTO ALLA CONSULTAZIONE

TEMA 2: RICONOSCIMENTO DEL RUOLO FEMMINILE

TEMA 2: RICONOSCIMENTO DEL RUOLO FEMMINILE

L’emarginazione dei laici riguarda prevalentemente le donne: ciò di cui si sente universalmente la mancanza è una reale condivisione delle responsabilità che consenta alla voce femminile di esprimersi e di contare. Particolare attenzione va riservata a religiose e consacrate, che spesso si sentono utilizzate soltanto come “manodopera pastorale”. (S.N.) Non si tratta di estendere prerogative, ma di ripensare in radice il contributo femminile in rapporto al senso stesso della ministerialità e al profilo dell’autorità nella Chiesa (Linee guida fase sapienziale) Da tutti i continenti arriva un appello affinchè le donne cattoliche siano valorizzate innanzi tutto come battezzate e membri del Popolo di Dio con pari dignità. La sintesi della Terra Santa nota: “a impegnarsi di più nel processo sinodale sono state le donne, che sembrano aver compreso non solo che avevano più da guadagnare, ma anche di più da offrire per il fatto di essere relegate su un margine profetico, da cui osservano ciò che accade nella vita della Chiesa…Le donne costituiscono la spina dorsale delle comunità ecclesiali, sia perché rappresentano la maggioranza dei praticanti, sia perché sono tra i membri della Chiesa più attivi” (Documento di lavoro per la Tappa Continentale)

-Come riconoscere e valorizzare pienamente l’apporto delle donne nella Chiesa?

-Come ripensare il contributo femminile in rapporto alla ministerialità e alla corresponsabilità?

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PREMESSA

Ci sembra irrinunciabile premettere alcune considerazioni preliminari alle proposte, necessariamente brevi e concrete: quindi col rischio che possano apparire o improvvisate e sprovviste di un necessario retroterra teorico, o comunque prive di una adeguata riflessione a monte. Segnaliamo quindi alcuni argomenti che ci appaiono ignorati nella scheda: la quale infatti, come accenneremo oltre, a nostro modesto avviso, declina le questioni in due quesiti piuttosto riduttivi della materia. Dunque:

 

èAnzitutto e preliminarmente, ci siamo sentiti interpellati dalle sollecitazioni avanzate da papa Francesco al popolo di Dio per il percorso sinodale e, più di recente, stimolati anche dalla intervista al segretario del Comitato sinodale CEI (pubblicata da AVVENIRE); che ci incoraggiano ad esprimerci con franchezza (parresia).

Ci permettiamo quindi di fare presenti una serie di argomenti (tutti assai complessi) che a nostro avviso stanno a monte della ricerca di soluzioni e proposte pratiche. Li accenniamo solo a titolo di manifestazione di un senso profondo di disagio, a lungo rimasto tacito.

  • L’insieme delle acquisizioni intervenute nell’evoluzione culturale e sociale, nonché della riflessione teorica compiuta sul terreno antropologico, hanno mostrato l’inconsistenza delle basi sulle quali poggia gran parte dell’edifico ecclesiastico della Chiesa cattolica, dal punto di vista della discriminazione (esclusione) sessuale: non teorizzata ed anzi ignorata, ma indiscutibile sul piano dei fatti, nella storia e nella attualità perdurante tuttora. Infatti le premesse di tali postulati canonici (finora ritenuti indiscutibili) risultano espressioni non provenienti dalla “divina rivelazione”, bensì prodotte dalle logiche umane, via via strutturatesi nella storia della chiesa e configuratesi poi come ‘tradizione’ intrinseca; ma invece indotte inevitabilmente dai costumi del tempo, e quindi fortemente contrassegnate da un inconfondibile segno maschilista androgeno e misogeno
  • Dobbiamo dirlo a chiare lettere: a monte si tratta di elementi derivati da postulati biologici e culturali errati (possiamo dichiararlo oggi alla luce delle acquisizioni delle scienze) e quindi generatori di false credenze – che hanno contrassegnato tutta una lunga transizione storica nella vicenda dell’intero universo religioso (a partire dal Neolitico): a danno della parte femminile, riservando di conseguenza un primato di fatto, anzi un dominio, all’elemento maschile; con l’aggravante che quest’ultimo ha assunto su di sé una valenza ‘universale’ (arrogata a sé e teorizzata come di derivazione divina), mentre tale non è perché ‘di parte’
  • Tale carattere di fatto sessista, che sovrasta l’intero edificio ecclesiastico e il relativo apparato canonico, ha contrassegnato ogni aspetto dell’organizzazione e della vita cristiana, anche se ammantato dal velo della pietà e della devozione mariana: elementi che hanno di fatto contribuito, paradossalmente, a marginalizzare il tema femminile relegandolo alla figura asessuata, disincarnata ed astorica di Maria
  • Si tratta di concezioni che appaiono ormai come fattori irriducibili: inamovibili senza una profonda revisione, sia sul piano dogmatico che su quello del linguaggio ecclesiale
  • Detti stilemi ed atteggiamenti fanno pertanto apparire agli occhi della coscienza contemporanea femminile (e non solo) più avanzata, come obsoleti e fuori dal tempo molte delle proposte della Chiesa cattolica in Occidente ed allontanano intere generazioni dalla pratica religiosa e perfino dalla fede. Gli stessi studi di sociologia religiosa (da quelli della CEI di inizio millennio fino ai più recenti appena pubblicati) denunciano queste ragioni evidenziate come causa di un deciso allontanamento dalla Chiesa e di una distanza dalla pratica religiosa, da parte delle donne di questo tempo (ci riferiamo ovviamente alle ultime generazioni)
  • Ne consegue che, in un siffatto contesto esterno, le proposte di riforma ecclesiale oggi in discussione appaiono del tutto sproporzionate ed infime rispetto alla svolta attesa e da troppo tempo ignorata e disattesa: nonostante la serie non breve di documenti del Magistero e degli ultimi Pontefici che ha cercato di nobilitare il genio femminile, recuperandone il valore intrinseco, ma non tirandone poi alcuna conseguenza sul piano della concezione e della vita ecclesiale. Vorremmo che di tale enorme divario la gerarchia ecclesiastica (a cominciare dall’Episcopato) se ne rendesse almeno realisticamente consapevole; così da consentire aperture vere e non meramente formalistiche e superficiali; nonché per superare le riserve mentali sussistenti (anche se celate e meno evidenti) in proposito, che nella nostra diretta esperienza di vita ecclesiale riscontriamo nella mentalità clericale ai vari livelli (fino a quello presbiterale)
  • Su tutto questo, che fa parte inscindibile della storia della Chiesa, occorrerebbe un grande sforzo di verace autocomprensione: che oggi ci appare ancora lontano
  • Ciò nonostante, non ci poniamo né come giudici né come osservatori esterni. Anzi: a fronte di una questione così ardua confessiamo la nostra appartenenza al ‘senso comune’ del popolo dei credenti, il quale ha continuato a vivere inconsapevolmente questa condizione di disparità, tra fratelli e sorelle, relegando troppo spesso a ruoli subalterni quando non servili le proprie sorelle; non rendendosi conto della palese infedeltà all’annuncio della ‘buona notizia’ recata dal Vangelo, che non a caso aveva suscitato nei primi secoli enormi se non entusiastiche speranze proprio nelle donne
  • La situazione attuale della Chiesa romana cattolica su questo versante è dunque gravemente in ritardo; ma lo vogliamo vedere come in divenire, in profonda trasformazione, e quindi deve necessariamente farsi carico dei problemi assumendo la consapevolezza che la modalità di valorizzazione di genere non è soddisfacente. Non si tratta tuttavia di un vezzo o un desiderio di emancipazione di una parte o fine a se stesso; ma si tratta di riconoscere che nella gestione della Chiesa ci sarebbe bisogno anche di una intelligenza femminile affiancata a quella maschile, di valorizzare tutti gli apporti e tutte le possibilità. Se ne prenda onestamente atto: quanto a lungo, nella storia dell’umanità, ci si è privati del contributo e delle intuizioni femminili che avrebbero potuto modificare tante situazioni!
  • Infine, per concludere: la storia ci mostra che stiamo evolvendo verso qualcosa che deve aprirsi ad altre forme inedite e si sa la storia è Maestra; tocca a noi cogliere i segni dei tempi ed i messaggi che oggi questo risveglio del femminile reca con sè.

 

Per quanto fin qui riassunto, la SCHEDA n.2 a nostro avviso risulta quindi assai riduttiva e ci sembra non colga la portata dei problemi accumulatisi nei secoli e quindi le vere questioni sussistenti: persistendo ad ignorare anche nelle formulazioni e nel linguaggio l’evidente invadenza dell’elemento maschile (non a caso mai menzionato) e relegando quindi quello femminile coma ‘parte’: quindi già destinata a una marginalizzazione ‘in pectore’, più che ad una verace valorizzazione

Ci limitiamo comunque ad avanzare alcune proposte, a nostro avviso concretamente praticabili entro il vigente (ancorchè obsoleto) contesto canonico.

 

PROPOSTE

Ed ecco finalmente le nostre risposte alle due domande poste (non in ordine gerarchico):

  • Chiedersi se una soluzione non sia quella di recuperare l’intuizione delle prime comunità post-gesuane dove non troviamo ancora una “Istituzione” ma un capo nella comunità; la logica dell’anziano, il più saggio o la più saggia, persona laica che guidava e animava la comunità, indipendentemente dall’appartenenza di genere. Una sfida, un sogno? Forse, ma è una possibilità: una via di ritorno al senso originario dell’accompagnamento di una comunità con la inevitabile valorizzazione di quel femminile, un tempo evidente e poi andato scomparso
  • Estendere le esperienze avviate a livello pastorale (segnalate da AVVENIRE, ma già presenti anche nella nostra Diocesi nelle zone di montagna) di allargamento del servizio domenicale alla Mensa della Parola e dell’Eucaristia “in attesa del Presbitero”
  • Prestare ascolto, ad ogni livello, a cominciare da quello parrocchiale, al punto di vista espresso dalle donne: e dove non sia espresso, sollecitarne la sua esplicitazione
  • Favorire la pari dignità di fatto (e non solo teorica) fra laici e laiche in ogni contesto: organismi partecipativi, azione pastorale e vita liturgica
  • Rivedere i contenuti delle catechesi sotto questo punto di vista
  • Riconsiderare il profilo del diaconato: servizio che è stato declinato ad una prospettiva ministeriale (presbiterale) e che invece può essere diversamente declinato ed esteso anche al genere femminile
  • Orientarsi verso una purificazione del linguaggio: recuperando il senso proprio del ‘sacerdozio’ secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II che parla espressamente di “popolo sacerdotale” e dunque non riservato al presbitero; eliminando, in proposito, nel dialogo corrente l’espressione così frequente in bocca a preti e laici maschi: “ma le donne cosa vogliono?”
  • Adottare, ai vari livelli, nuovi criteri nella formazione dei ministeri ecclesiali fondati su una antropologia duale (e cioè non più unilateralmente poggiata su postulati maschili, bensì ripensata sulla base del pensiero di genere) e sull’apporto delle moderne scienze umane: recepite finora solo in modesta misura nelle Istituzioni ecclesiastiche.

 

 

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