CPNP del 13 Febbraio 2024 – Salone polivalente del Corpus Domini Ore 19-22

Due discepoli di Emmaus

di BorgoAdmin

CPNP del 13 Febbraio 2024                              Salone polivalente del Corpus Domini Ore 19-22

Il biennio narrativo del cammino sinodale ci ha permesso di raccogliere tante esperienze, che vanno ora ascoltate in profondità, con un atteggiamento sapienziale. (dalle linee guida “Si avvicinò e camminava con loro”).

Per tanti il Sinodo (=camminare insieme) indetto da Papa Francesco e sollecitato da tutte le comunità nel mondo è ancora una ‘entità’ poco conosciuta, ma dobbiamo davvero renderci partecipi della sua importanza (viene definita come l’evento più importante dopo il Concilio Vaticano II) per la vita delle nostre comunità e della Chiesa negli anni a venire.

Abbiamo convenuto di dedicare due incontri del CPNP, aperto a tutte le sorelle ed i fratelli  del vicariato (Spirito Santo, Sacro Cuore), per approfondire due dei temi indicati dalla Diocesi per questo anno sinodale. Diverse altre volte abbiamo vissuto questi “allargamenti” e sono stati sempre momenti familiari e belli.

Riconoscimento del ruolo femminile (13 Febbraio) e Al servizio della corresponsabilità (12 Marzo)

“È urgente un riconoscimento reale del senso e del ruolo delle donne all’interno della Chiesa, già preponderante di fatto, ma spesso immerso in quella ufficiosità che non consente un vero apprezzamento della sua dignità ministeriale. Non si tratta di estendere prerogative, ma di ripensare in radice il contributo femminile in rapporto al senso stesso della ministerialità e al profilo dell’autorità nella Chiesa. La questione delle donne rappresenta un banco di prova fondamentale per la Chiesa chiamata a fare i conti con acquisizioni culturali che ancora la disallineano dalla comune vita sociale. In quest’ottica, diventa importante individuare forme operative che esprimano chiaramente la piena valorizzazione femminile nella corresponsabilità ecclesiale”

Questo il testo delle linee guida, che ci sollecita già da subito a chiarire termini come ruolo e senso, il rapporto tra potere e autorità, il senso vero di Chiesa paritaria, ci porta alla riflessione sul maschile nella Chiesa stessa…

Perciò abbiamo chiesto a due amici, Rita Torti e Filippo Binini, di aiutarci e stimolarci su queste tematiche , anche per il lavoro nei gruppi, che faremo nella seconda parte della serata.

Questo un estratto dei loro interventi:

  • Com’è possibile conciliare, nella vita, nel cuore e nella coscienza, le contraddizioni che esistono tra la cultura nella quale viviamo e la religione che professiamo? il rapporto squilibrato tra maschile e femminile che continua ad essere pratica quotidiana della Chiesa e che costituisce un ostacolo non piccolo. Eppure riconosciamo che su questioni fondamentali la Chiesa ha una visione profetica e la capacità di ‘vedere più avanti’. Voi non credete che la Chiesa dovrebbe essere un apripista, in particolare riguardo ai temi che incidono sulla dignità delle persone, dunque tracciare una rotta da seguire piuttosto che restare in retroguardia?
  • Un fatto recente nella chiesa cattolica è stato l’ampliamento dell’accesso anche alle donne ai ministeri istituiti (già esistenti come accolitato e lettorato, o nuovi come quello di catechista). E’ bene essere informati della cosa e anche chiedersi che indirizzo futuro intende dare alla chiesa il Motu Proprio del Papa: è una rimessa-in-ordine (con “concessioni” alle donne) di uno stato delle cose che tutto sommato riproduce se stesso (sia a riguardo di maschi-femmine, che riguardo di chi-conta e chi-non-conta), oppure è un segnale che indica il viaggio verso una vita ecclesiale effettivamente paritaria sia quanto a dignità di tutte/i che quanto a diversità di servizi e compiti?

10 gennaio 2021 LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI «MOTU PROPRIO» SPIRITUS DOMINI       Papa Francesco ha introdotto una piccola ma sostanziale modifica al Codice di diritto canonico: con la soppressione del termine «viri» dal can. 230 §1 ha aperto la possibilità di conferire i ministeri istituiti del lettore e dell’accolito anche alle donne.

  • Che le donne si esprimano e siano parte attiva della vita delle nostre comunità esercitando già esplicite ministerialità è cosa evidente, che non necessita di legittimazioni. “Ruolo” è una parola da cui in tante abbiamo preso le distanze.
  • Perché se c’è un ruolo significa c’è qualcuno che ha in mente uno schema d’azione, o una narrazione, e in base a quel disegno assegna delle parti. Certamente quel qualcuno non è Gesù: per quanto ne sappiamo dai Vangeli, sicuramente lui non ha avallato le convinzioni e le consuetudini della sua cultura di appartenenza rispetto ai sessi. Anzi, le ha proprio infrante.
  • La domanda da porsi potrebbe essere: all’interno della Chiesa, quali compiti, nel pensiero e nella realtà, leghiamo al sesso di una persona? e perché? e chi li decide?
  • Cosa ha da intendersi nella Chiesa con “autorità” e “ministero”, quali le modalità del suo esercizio, il suo essere riservata a pochi sono questioni da chiarire/ridisegnare secondo il Vangelo che riguardano l’intera comunità, non solo le donne.
  • Portare l’attenzione sul “femminile” rischia erroneamente di lasciar fuori fin dall’inizio gli uomini. La cosa è fuorviante, il sottinteso rischia di essere: “per gli uomini la vita della chiesa così come è impostata va già bene, vediamo di far sì che vada bene anche per le donne”.
  • Più che di “questione femminile” bisognerebbe eventualmente parlare di “questione maschile”… Ci sono maschi che hanno iniziato a prendere la parola a partire da sé, dal proprio vissuto maschile, riconoscendo la parzialità del proprio sguardo, esplicitando la sofferenza di “parti” di sé messe a tacere, sentendo l’assenza strutturale di un dialogo alla pari con le sorelle nella fede, patendo il sentirsi “agiti” da un modello di chiesa in cui è chiesto loro di essere ciò che non sono o non sentono di essere… Quanto queste voci sono conosciute, presenti, ascoltate… Continuare a sostenere qualcosa in opposizione alla storia, alla cultura, alla critica testuale, al sentimento del popolo di Dio, non ha in qualche modo un sapore fondamentalista?
  • Che modello di maschile propone la Chiesa? Per punti:
  • Un maschile che è il solo legittimato ad avere ruoli di potere e compiti di governo
  • Un maschile che è il solo legittimato ad avere una parola pubblica
  • Un maschile che è il solo legittimato a formare i cristiani attraverso la predicazione
  • Un maschile che non sente il bisogno di relazionarsi con la differenza, con il femminile; quindi che basta a sè stesso, si sente completo.

In altre parole, un maschile autorevole, che legittima la subordinazione femminile e che, di conseguenza, rende il femminile non autorevole.

Credo anche che si tratti di un maschile faticoso da vivere, di grande solitudine, perché mai disposto a mostrarsi fragile, a lasciarsi accudire, a lasciarsi guidare. Ha scritto la teologa Simona Segoloni: “Solo gli uomini danno la parola, solo gli uomini sono riconosciuti come fonte di magistero, solo gli uomini decidono. Solo uomini e per lo più celibi, quindi estranei al mondo femminile quanto più possibile. A questi uomini viene insegnato […] che la loro identità coincide con il ruolo che svolgono e questo ruolo li vede in posizione di responsabilità, con diritto di parola e di decisione e che mai, proprio mai, una donna darà loro la parola, deciderà su di loro e avrà responsabilità su di loro. Certamente questo determina una relazione falsata e una struttura sociale squilibrata”.

  • “E necessario smaschilizzare la Chiesa”. Papa Francesco lo ha detto molte volte, e per questo ha chiesto a due teologhe e un teologo di approfondire, nella seduta del Consiglio di cardinali del 4 dicembre 2023, il “principio mariano-petrino” di H.U. von Balthasar. Il libro raccoglie i testi dei loro interventi, che illustrano sia i limiti del pensiero di Balthasar, e dell’uso che ne è stato fatto, sia i molti modi in cui nella Chiesa la differenza di genere è interpretata e attuata come disparità. In alternativa, Lucia Vantini, Luca Castiglioni e Linda Pocher propongono pensieri e pratiche che assumono la complessità del reale, affrontano i nodi critici della maschilità (anche e innanzitutto quella dei ministri ordinati) e ascoltano il Vangelo liberandolo dalle interpretazioni che hanno nascosto ed emarginato le donne. Prefazione di papa Francesco.

 

  • Ma per affrontare realmente la mancanza di una reale condivisione delle responsabilità dobbiamo riferirla con precisione, evitando le costruzioni impersonali:
  • Moltissime donne di tutti i continenti (“la spina dorsale delle comunità ecclesiali”) sentono di non avere pari dignità (con gli uomini), soffrono la mancanza dello spazio adeguato per esprimersi e contare e denunciano di essere considerate figlie di un dio minore.

Quindi non si tratta di “ripensare in radice il contributo femminile”, ma di ascoltare le donne. Viene allora da chiedersi: Quali donne siamo disposti ad ascoltare, di quali donne siamo disposti a riconoscere l’autorità?

  • Perciò riscriverei, ribaltando, così:

Quali prerogative maschili vengono a cadere

se ascoltiamo ciò che le donne hanno studiato, pensato e vissuto – e vivono?

  • il “contributo femminile in rapporto alla ministerialità e alla corresponsabilità” non è “da ripensare”, ma da ascoltare soprattutto quando non ripete la teologia degli uomini, le pratiche degli uomini. Ed è da osservare, perché la ministerialità delle donne è una realtà enorme, complessa, diffusa, realizzata anche senza autorizzazione, anche forzando i “ruoli” (cosa tipica delle donne nella storia della chiesa, coesistente con la segregazione e l’interiorizzazione)
  • Eppure perfino Gesù ha cambiato le proprie idee quando una donna, discutendo con lui, gli ha mostrato un altro aspetto della realtà, quello che lei conosceva perché era la sua esperienza (sirofenicia, MC 7 – ma lei gli replicò).
  • Gesù non si pone in posizione di potere e di dominio sugli altri.
  • Gesù non si pone in posizione di potere nemmeno dal punto di vista della “potenza” sessuale: l’idea della logica patriarcale del tempo era che un maschio dovesse generare e che da questo dipendesse la sua identità di maschio. Gesù non ha da vantare una potenza sessuale. “La sua identità non dipende da chi genera ma da colui che lo genera” (Segoloni).
  • Anche il racconto della nascita di Gesù sovverte completamente l’idea di maternità e paternità dell’epoca. La famiglia di Gesù è tutt’altro che una famiglia tradizionale.
  • Gesù rifiuta lo stereotipo maschile del dominio a ogni costo, colui che non prova sentimenti e compassione – e che, se serve, è in grado di farsi spazio con la violenza.
  • Gesù è un maestro che ha non solo discepoli maschi, ma anche discepole femmine. Dire che all’epoca era insolito è un eufemismo. Solo chi si collocava al di fuori della struttura patriarcale poteva permettersi discepole femmine collocate nello stesso gruppo dei discepoli maschi
  • Gesù utilizza spesso l’esempio femminile per parlare del Padre o di sé.
  • Gesù si mostra risorto anzitutto alle donne.

 

Se la nostra bibbia e la nostra teologia saranno le stesse cambierà poco

(nei modi di nominare Dio e di parlarne, nel tradurre, leggere e commentare la Bibbia,

nel dove ci si colloca, nelle relazioni, nell’iconografia)

Se il nostro rapporto con chi è ministra/o di fatto non attingerà all’esperienza della “periferia” cambierà poco

Se non vigileremo per dire Dio e la fede a partire dalla nostra esistenza di donne (come la sirofenicia).

 

La seconda parte della serata , a piccoli gruppi  ha portato alcune proposte da portare come contributo anche da inviare alla commissione sinodale diocesana come partecipazione al cammino della Chiesa di Parma.

 

  • Formazione: rileggere la Bibbia con lo sguardo della teologia delle donne
  • Chiarire cosa significa in concreto formarsi per esercitare un ministero istituito. Cosa sta progettando il “Polo formativo” diocesano?
  • Confrontarsi con altre chiese che hanno donne pastore
  • Incoraggiare vocazioni femminili ai ministeri istituiti
  • Se il parroco è assente non cercare un prete sostitutivo per l’Eucarestia ma fare la celebrazione della Parola gestita da donne e uomini laici
  • Dare sempre di più la possibilità a laiche e laici di pronunciare l’omelia della messa
  • Purificare il linguaggio: non identificare chiesa e gerarchia, non chiamare preti e frati “padri” visto che Gesù lo proibisce,
  • Proporre un ministero diaconale per le coppie di sposi

 

 

 

 

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