OLTRE I MURI di Filippo Ivardi Ganapini, missionario comboniano

di BorgoAdmin

Qui a Castel Volturno, terra impregnata di mobilità umana e contrasti, crocevia di popoli in cerca di lavoro, documenti, casa e dignità, frontiera dello scarto umano e ambientale e della sete di riscatto, la domanda sorge urgente: che razza di mondo stiamo costruendo? Circa 80 muri, 50.000 chilometri di fili spinati, muri, griglie metalliche elettrificate. Con posti di blocco e un mare di soldi per separare chi ha da chi non ha. Per bloccare il “sesto continente”, quello del popolo dei migranti, in cerca di vita ma anche per separare mondi diversi. L’ultimo è quello già in cantiere tra Finlandia e Russia: oltre 200 km per arginare la paura dell’avanzata di Putin. Sembrava che con la caduta del muro di Berlino nel 1989 si aprisse davvero la nuova era della “pace calda” tra i popoli dopo una lunga guerra fredda. E invece, l’affermarsi del mito capitalista selvaggio, senza regole, ha portato all’escalation di nuovi ostacoli per impedire il passaggio di certe persone. Quelle che non contano, che non hanno risorse e fanno paura. Si fa strada una nuova “cultura dei muri” che impedisce l’incontro tra diversi come ricorda papa Francesco nella stupenda enciclica Fratelli Tutti (Ft 27): “Riappare la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità”. Nell’era in cui informazioni e soldi viaggiano in tempo reale e le merci quasi, restano vergognosamente fuori gli scarti.  “Aprirsi al mondo è un’espressione che oggi è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza” ribadisce papa Francesco (Ft 12). Ma non vale ancora per tutti gli esseri umani. Barriere fisiche ma anche umane, psicologiche, interiori. Basta un passaporto a farci capire chi vale e chi no sulla faccia della terra. Basta il colore della pelle per agitare il sospetto alla frontiera. Basta una voglia matta di vivere e di “riuscire” per infilarsi nella stiva di un aereo e tentare il viaggio. Basta una legge disumana e sempre più restrittiva ad aumentare il rischio di perdita di vite umane nel Mediterraneo. Temi da prendere in mano e da sviscerare per allargare la consapevolezza di come si muove il mondo dentro di noi e nelle comunità dove viviamo. E quindi per organizzare la reazione e la speranza.

Questo è il cuore della mostra “Oltre i Muri”, proposta dai Missionari Comboniani, in rete con varie realtà del territorio, a Castel Volturno dall’11 aprile al 12 maggio. Giovani, bambini, studenti, migranti e italiani vengono ad allargare lo sguardo per capire ciò che ostacola un percorso di costruzione condivisa del presente e del futuro. I primi a farci visita sono i giovani rom del Campo di Scampia, al nord di Napoli, che vivono sulla loro pelle il muro della diffidenza e dell’odio. Poi tante scuole che si lasciano colpire al cuore dai video dei migranti che devono passare i muri delle frontiere e dei mari, dalle foto delle vittime delle rotte migratorie e soprattutto dalla testimonianza diretta di Appiah Kwasi, mediatore culturale della nostra Associazione Black&White. Dal Ghana ha passato il deserto del Sahara, vissuto nelle prigioni in Libia e poi attraversato il Mediterraneo sul barcone. Tra i visitatori anche giovani immigrati appena arrivati nel CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) di Villa Literno e le comunità maschile e femminile di Madre Teresa di Napoli.

Nel corso della mostra alcuni eventi accompagnano il percorso per dare vita, parole, sapore, testimonianze ad una rinnova consapevolezza su questi temi di ampia portata. All’inaugurazione, l’11 aprile hanno emozionato la platea Francuccio Gesualdi, allievo di don Milani e strenuo attivista nel Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Tommaso Morlando, giornalista anticamorra e Fatou Diako, attivista napoletana per i diritti umani. Tre sguardi, esperienze e percorsi molti diversi convergenti nell’impegno quotidiano per far cadere le tante barriere che separano coscienze, prospettive e sogni di un futuro a colori, verso un umanità plurale. Mentre il venerdì 21 aprile la Compagnia Teatrale Bertold Brecht di Formia ha allietato i numerosissimi bambini presenti, il sabato 29 abbiamo vissuto un lungo pomeriggio all’insegna dei muri costituiti dalle Leggi sull’immigrazione e delle riammissioni e respingimenti lungo un’altra rotta, meno conosciuta: quella balcanica. Nel corso della conferenza Gianfranco Schiavone, giurista impegnato nell’accoglienza dei migranti a Trieste, Mimma D’Amico e Mamadou Kouassi, dei Centri Sociali di Caserta, ci hanno presentato le novità del nuovo indecente Decreto Legge sull’immigrazione. Un vero e proprio macigno sulla pelle dei migranti visto che depotenzia la “protezione speciale”, rafforza gli hotspot (centri di approdo), impedisce ai richiedenti asilo di accedere al Sistema SAI (Sistema di Accoglienza Integrato). Con Il risultato di concentrare i migranti in grandi strutture e dar loro l’essenziale alla pura sussistenza senza altri servizi, velocizzare la procedura di analisi delle domande, restringerne i criteri di accoglienza al fine di aumentare i dinieghi e ritrovarci con un maggior numero di loro senza documenti per le strade.

Al termine dell’incontro abbiamo assistito alla proiezione del film ““Trieste è bella di Notte” che racconta del viaggio lungo la rotta balcanica chiamato “the Game”, il gioco, fatto di sofferenze inumane, mancanza di cibo e di acqua, violenze della polizia, estorsioni, respingimenti e nuovi tentativi. Ma fatto anche di “riammissioni informali” dell’Italia verso la Slovenia, nel corso del 2020, che sarebbe meglio chiamare “deportazioni illegali” e che hanno causato, nel 2020, una sentenza di condanna in primo grado dello Stato Italiano da parte del Tribunale di Roma. L’ultimo appuntamento è alla chiusura di venerdì 12 maggio per far luce sui “muri della Campania” con don Maurizio Patricello, parroco di Caivano, al nord di Napoli, impegnato nella lotta contro i clan che gestiscono la distribuzione della droga in quella che è diventata una delle maggiori piazze di spaccio a livello europeo. La mostra ha l’obiettivo di “costruire ponti” per un umanità radicalmente diversa attraverso i volti, le storie, i racconti delle vittime dei muri. E qualche costruzione è già in corso: il progetto collegato alla Mostra, verso cui sono convogliate le offerte ricevute, porta proprio il titolo “Oltre i Muri…costruiamo ponti”. Il sogno di uno spazio comunitario per bambini, giovani e adulti nell’area di Destra Volturno, la frazione più disagiata di questa terra così sofferta dove non esistono punti d’incontro. Uno spazio da vivere tra diversi, migranti e italiani, per incontrarsi, diventare amici, giocare, guardare un film o un opera teatrale, ascoltare un concerto, pregare. E magari lavorare, sognare, immaginare assieme il presente e il futuro a colori di una famiglia umana finalmente senza muri.

 

 

 

 

 

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