Cristiani per scelta e non per tradizione

di Focus Sinodo

di: Beatrice Ghillani, Paolo Merusi, Stefania Berghenti, Marco Minato, Carla Mantelli, Francesco Caravita, Nicola Sinisi

 Le proposte che seguono nascono dalle analisi e dalle sollecitazioni che in questi ultimi anni e in special modo in questi mesi di pandemia, sono state espresse da persone e gruppi della chiesa cattolica allo scopo di promuovere un cambiamento di mentalità, stile e scelte pastorali capaci di rendere la comunità cristiana effettivamente missionaria e testimone credibile del Vangelo.

Prendendo sul serio l’invito di Francesco a rinnovarsi e a non adagiarsi nel “si è sempre fatto così” con tutti i rischi e il coraggio che questo comporta, offriamo dunque questi pensieri nella speranza che possano essere utili ad aprire un dibattito che porti a concrete scelte di rinnovamento del nostro modo di essere chiesa.

Partiamo dal presupposto che sempre di più la fede cristiana sarà un’esperienza di minoranza a cui si aderirà per scelta e non per tradizione e proviamo a trarne alcune conseguenze pratiche:

  1. Non sembra più adeguata una pastorale molto concentrata sull’infanzia e sulla preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana. Si dovrebbe privilegiare piuttosto una pastorale che si concentra sugli “adulti giovani” con particolare attenzione a quella fascia che ha appena costituito una famiglia (formalizzata o meno da un matrimonio), che ha figli e che è meno legata a un cristianesimo di tradizione ancora vivo nelle fasce più anziane. Ciò si può concretizzare nell’attuazione di momenti di convivialità, amicizia, formazione e preghiera in cui questi “adulti giovani” siano protagonisti. Saranno loro a condurre i figli alla celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione
  2. I sacramenti dell’iniziazione cristiana dovrebbero essere concepiti in prospettiva “mistagogica”, come momenti di partenza, di inizio della vita cristiana e non come momenti di approdo. Per questo potrebbero essere anticipati (l’apertura al religioso è molto è più forte e spontanea nell’infanzia che nella preadolescenza e adolescenza). Appare inoltre opportuno unire in un’unica celebrazione Cresima e Prima Comunione presentando molti problemi sia sul versante teologico che liturgico l’attuale scansione
  3. È necessario valorizzare la dimensione comunitaria della domenica puntando sulla collaborazione e la compresenza di persone che si assumono responsabilità senza rigide divisioni derivate dai sacramenti ricevuti o, peggio ancora, dal sesso di appartenenza. Sembra necessario riscoprire che la comunità cristiana è chiamata a riunirsi nel giorno del Signore e questo può e deve avvenire anche se per qualche motivo è assente il presbitero. Anche nella consapevolezza della prospettiva (già presente) di una sempre maggiore diminuzione di presbiteri, crediamo che in questo senso occorrerà ripensare alla “necessità” di celebrare sempre, in ogni domenica, l’eucarestia (anche più di una volta), costringendo i presbiteri a veri e propri “tour de force”. Se, senza il presbitero che presiede, non si può rinnovare il racconto della cena, non è forse vero che abbiamo anche la mensa della Parola a cui accedere? E se nella comunità c’è qualcuno che ha saggezza e competenza, può ricevere il mandato (istituito o no) di spezzare il pane della Parola all’assemblea riunita. Questo sarebbe anche un modo di valorizzare la celebrazione eucaristica sottraendola al circolo vizioso dell’abitudinarietà e della consuetudine. Una eucarestia desiderata e attesa può forse essere riscoperta e amata maggiormente.
  4. Cercando di valorizzare tutta la ricchezza della liturgia sembra utile anche ripensare alle celebrazioni dei sacramenti o sacramentali necessariamente inseriti nella Celebrazione Eucaristica. Facciamo alcune esemplificazioni:
  • la celebrazione dei matrimoni, al di fuori dell’Eucarestia, esalterà il ministero esercitato dalla sposa e dallo sposo, la celebrazione dei battesimi vedrà una comunità soggetto di accoglienza della famiglia della bimba o del bimbo che viene battezzato, la celebrazione delle esequie, al di fuori dell’eucarestia, vedrà la comunità accogliere la famiglia della persona defunta e condividere con lei la preghiera e la speranza cristiana.
  • A proposito del momento del lutto si propone di curare moltissimo anche i momenti di preghiera che tradizionalmente precedono le esequie vere e proprie (“il rosario”) cogliendo l’opportunità unica di annunciare il vangelo a chi in chiesa non mette mai piede se non per partecipare al lutto di persone care. In ogni parrocchia ci potrebbe essere un gruppetto di persone che si occupano di questi momenti
  1. Tale impostazione nasce anche dalla consapevolezza che nella chiesa ogni persona, in virtù del Battesimo partecipa al sacerdozio, alla regalità e alla profezia di Cristo. Questa tradizionale credenza cristiana sarebbe più chiara se si evitasse di identificare la parola “sacerdote” con le parole “presbitero” e “vescovo”.
  2. Nella nostra diocesi da tempo si parla di “Servizio ministeriale” e diverse ne sono le attuazioni, anche sotto la calda raccomandazione del Vescovo.  Riteniamo auspicabile, assieme a un chiarimento sul suo rapporto con il Consiglio Pastorale, la sua valorizzazione come gruppo di fedeli che condivide con il presbitero (o i presbiteri) preoccupazioni, emozioni, idee e soprattutto amicizia per realizzare insieme il servizio al Vangelo. Un tale gruppo dovrebbe scegliere tempi di preghiera, di ascolto della Parola, di lettura delle situazioni perché la sensibilità, le competenze, i doni di ciascuno e ciascuna, si possano confrontare e reciprocamente arricchire.
  3. Nella stessa linea riteniamo che le innovative esperienze di affidamento della comunità parrocchiale a religiose realizzate nella nostra diocesi vadano valorizzate e sostenute. La motivazione addotta dal canone 517.2 per affidare parrocchie a persone non insignite dell’ordine sacro cioè “a motivo della scarsità di sacerdoti” mette in ombra quella che dovrebbe essere la vera motivazione: “a motivo della ricchezza dei doni che lo Spirito elargisce alla sua comunità”. Partendo da questo presupposto le conseguenze sarebbero certamente diverse.
  4. La formazione degli adulti sopra descritta dovrà servire a condividere e approfondire l’esperienza di fede e soprattutto a tradurla in testimonianza coraggiosa e concreta nelle ordinarie situazioni di vita. Sarà necessario tornare all’essenziale del Vangelo e alla libertà di declinarlo con estrema concretezza nel mondo di oggi, nei luoghi di lavoro, vacanza, vicinato, social media… Il magistero di Francesco, così attento alle questioni cruciali che toccano l’umanità (riscaldamento climatico, ecologia integrale, sistema economico, nonviolenza, fratellanza universale…) spinge con forza in questa direzione. E qui sarà soprattutto prezioso il magistero di laiche e laici la cui competenza e autorevolezza andrà riconosciuta e valorizzata in piena comunione con presbiteri, vescovi e religiose e religiosi.

Marzo 2021

Dall'ultimo numero di BorgoNews