E SE PROVASSIMO A CAMBIARE LA DOMANDA?  di Pierluigi Castagnetti 

di BorgoAdmin

La politica italiana vive un momento piuttosto triste, almeno per chi la concepisce come strumento a servizio di disegni di bene comune, cioè destinati a tutti i cittadini di oggi e a quelli che verranno domani. Per questo confesso che capisco tanti che vivono il presente con un certo grado di angoscia, ma non sempre condivido l’oggetto dell’angoscia.  E sì che ce ne sarebbero tante ragioni: due guerre terribili che stanno squassando l’umanità intera, i cambiamenti climatici “non curati”, le disuguaglianze e le ingiustizie che crescono in ogni lato del mondo, la crisi di senso (spesso esistenziale) che sta affliggendo i nostri ragazzi, il fascismo che si riaffaccia prepotentemente, seppur in nuove versioni, ovunque nel continente, i costumi che stanno cambiando velocemente i nostri modi di vivere la vita, la religione, la politica. Invece no, molti di noi sono paralizzati dalla domanda: cosa possiamo votare noi cattolici che non abbiamo più un partito nostro? Comprendo la domanda, sia chiaro, ma credo che dovremmo porla e affrontarla in modo diverso. Se è vero, infatti, che i partiti li fa la storia e, dunque, sono strumenti, strumenti ripeto, occorrerebbe partire dalla realtà e chiederci cosa oggi serva a questa realtà. A me pare che la realtà ci chieda in primo luogo di essere conosciuta e, dunque, riconosciuta. Proviamo a parlare con i nostri figli e i nostri nipoti e chiediamo loro che cosa si attendono dalla politica, e verifichiamo se corrisponde a ciò che pensiamo noi di loro e della loro realtà. Io ne dubito.

Abbiamo un Papa molto più avanti della maggior parte di noi, o almeno di quanti hanno la mia età, che ci ripete ogni giorno che “la realtà è più importante dell’idea”. E’ da lì che bisogna partire.  Come hanno fatto prima di noi Sturzo poi De Gasperi nel loro rispettivo tempo. Infatti la DC non fu la mera prosecuzione di ciò che fu il PPI, quantunque il ruolo sociale della Chiesa fosse più o meno lo stesso all’inizio e a metà del secolo scorso, e il paesaggio partitico pure. Oggi, invece, i cristiani minimamente frequentanti sono diventati decisamente minoranza nel paese, e il resto dei partiti che furono competitori della DC sono scomparsi tutti, anche quelli che facevano riferimento a ideologie e culture politiche ben più risalenti della nostra.  Si, è proprio vero che  siamo dentro a un “cambiamento d’epoca”.  La politica e i partiti non possono non stare dentro tale cambiamento. In questo spirito io penso che i cattolici, il cui apporto allo sviluppo della società non ha cessato di essere importante (e, se penso alla realtà italiana, direi indispensabile), dovranno inventarsi modalità nuove di essere presenti.

In primo luogo nella formazione delle coscienze dei cittadini e delle cittadine, soprattutto  giovani,  oltre che  della mentalità, cioè del modo di pensare diffuso nella comunità, per creare un comune sentire di fronte al male e alle ingiustizie, e possibilmente una comune risposta sul piano della solidarietà.  Dopo l’ebrezza di un individualismo esasperato e tossico sotto tanti punti di vista, è giunto il tempo della responsabilità, verso gli altri e verso le prossime generazioni, anche quelle di cui dovremmo agevolare la nascita domani. Tutto ciò dovremmo farlo anche fuori delle istituzioni, nei territori sociali che le precedono, che la nostra tradizione ci ha insegnato a frequentare più che ad altri, nelle parrocchie e negli oratori, nelle professioni, nella scuola, ovunque si possa. E poi nei partiti. Quali? Quelli che ci sono innanzitutto, preferibilmente  quelli che per dimensioni,  tenuto conto anche delle leggi elettorali vigenti in Italia, hanno maggiore prospettiva di poter giocare un’influenza, cioè un peso decisionale nelle scelte che fanno  storia. “Tira l’acqua al suo mulino”, mi fischiano già le orecchie. Non voglio eludere la questione. Io personalmente non penso che si debba sposare un partito politico. Con Prodi e Veltroni inventammo 17 anni fa il PD, nella convinzione che dal rimescolio delle rispettive culture politiche sarebbe uscito un partito moderno e rappresentativo del meglio della società italiana.  Se alla prova dei fatti tali premesse e tali obiettivi non fossero più perseguiti è evidente che si dovrebbe fare una seria verifica. Ma nello spirito di chi vuole lavorare non per tornare indietro, ma per andare avanti. Ma, onestamente, questo non mi pare sia tema del momento, anche se vedo le difficoltà poste da parte di chi  non ha vissuto quello spirito costituente.  Credo però che sarebbe un errore se i cattolici si arrendessero rispetto alle sfide, o decidessero di ritirarsi in fortini più o meno di testimonianza. Senza più l’ambizione, cioè, di voler concorrere a cambiare la storia.

 

Dalla stessa sezione

Lascia un commento