CONTRIBUTO DEL GRUPPO “SANTELUCIE” – 14 MARZO 2024

di BorgoAdmin

CONTRIBUTO DEL GRUPPO “SANTELUCIE” – 14 MARZO 2024

 

Il nostro gruppo ha già contribuito al cammino sinodale con due documenti di cui riportiamo di seguito molto sinteticamente i punti essenziali.

Sono da mettere in discussione i seguenti elementi che caratterizzano oggi la chiesa cattolica

  • Struttura patriarcale in cui l’autorità (munus docendi, regendi e sanctificandi) è riservata agli uomini
  • Identificazione della figura del ministro ordinato con la figura del “sacerdote” quando nel Nuovo Testamento il sacerdozio è riferito solo a Cristo e al popolo di battezzati e battezzate.

Le donne esercitano molti ministeri di fatto. Positiva la possibilità di accedere ad alcuni ministeri istituiti come primo passo per il pieno riconoscimento della loro soggettività ecclesiale e come occasione per destrutturare l’impostazione rigidamente gerarchica e centrata sul ministro ordinato.

In sintesi, le proposte già avanzate in precedenza erano:

  • Affrontare la “questione maschile” nella chiesa. Se infatti ci sono donne marginalizzate è perché ci sono uomini che hanno deciso di marginalizzarle o sono abituati a farlo come fosse normale.
  • Ripensare la formazione dei presbiteri e mettere in discussione la tendenza a ingaggiare presbiteri dall’estero pur di avere presbiteri

Nelle scorse settimane ci siamo confrontate sulla base della scheda predisposta dall’equipe sinodale della nostra diocesi e precisamente sulla parte intitolata “riconoscimento del ruolo femminile”.

Dal confronto è scaturita una doppia riflessione:

  1. Una rilettura critica dell’impostazione della scheda stessa
  2. Una serie di proposte immediatamente realizzabili a livello parrocchiale e diocesano

 

  1. Rilettura dell’impostazione della scheda “Riconoscimento del ruolo femminile”

La scheda parla di “ruolo” femminile. Questo sostantivo implica l’idea che ci possa essere un “copione” da rispettare, delle “parti” da assegnare alle donne. Ma Gesù non ha assegnato ruoli in base al sesso e anzi ha infranto i ruoli che al suo tempo esistevano. Nemmeno le donne hanno chiesto di avere ruoli definiti e anzi, molto spesso, hanno deciso di uscire da quelli che altri avevano stabilito per loro.

Questi “altri” sono uomini che dovrebbero essere nominati per comprendere davvero la questione.

Quindi, la domanda che nella scheda avremmo voluto leggere è la seguente: “All’interno della Chiesa, quali ruoli, nel pensiero e nella realtà, leghiamo al sesso di una persona? Chi li decide e perché? Attraverso quali parole, quali immagini, quale organizzazione istituzionale passano? Esiste e in che cosa consiste la questione maschile?

Nella scheda leggiamo inoltre che “Ciò di cui si sente universalmente la mancanza è una reale condivisione delle responsabilità che consenta alla voce femminile di esprimersi e di contare… Da tutti i continenti arriva un appello affinché le donne cattoliche siano valorizzate…”

Ma se così fosse la questione sarebbe risolta e invece evidentemente non lo è.  In realtà, le istanze di ripensamento giungono da alcune componenti del popolo cristiano, certo non da tutte. Sarebbe interessante anche mettere a fuoco le varie posizioni, a volte contrapposte tra loro.

L’analisi che avremmo inserito nella scheda sarebbe piuttosto: “Moltissime donne di tutti i continenti sentono di non avere pari dignità con gli uomini (che la scheda inspiegabilmente non nomina), soffrono la mancanza dello spazio adeguato per esprimersi e contare, e denunciano di essere considerate figlie di un dio minore. Se questo accade, evidentemente c’è qualcuno (uomini!) che frena, che crea le condizioni perché “la spina dorsale delle comunità ecclesiali” sia in una condizione di marginalità. Ancora una volta, il problema sono gli uomini.

Se questa è la situazione, è paradossale leggere, subito dopo, che “Non si tratta di estendere prerogative».

Anche qui andrebbe esplicitato che le prerogative che non si vorrebbero estendere sono prerogative maschili. Ci chiediamo che senso abbia questa sibillina frase in un documento che dichiara di volere valorizzare la ministerialità femminile. Quali sono queste prerogative? E perché non si dovrebbero estendere?

Nella scheda si chiede infine di “ripensare in radice il contributo femminile in rapporto al senso stesso della ministerialità e al profilo dell’autorità nella chiesa”.

Come già abbiamo sottolineato altre volte, molte teologhe, da molto tempo, hanno approfondito questi temi quindi non si tratta di “ripensare in radice” ma di ascoltare ciò che le donne hanno studiato e proposto a proposito di ministeri e di autorità nella Chiesa.

Ed è importante ascoltare soprattutto quelle donne che portano un contributo critico rispetto al tradizionale pensiero maschile.

  1. Proposte di immediata applicabilità
  • Introdurre nella formazione di presbiteri e ministre/ministri istituiti percorsi di promozione dello sviluppo psicologico, emotivo e relazionale, al fine di favorire il raggiungimento della maturità umana delle persone. Come è necessaria una buona formazione teologica e biblica, altrettanto è necessario l’equilibrio dal punto di vista umano. Questo aspetto è fondamentale per garantire non solo la serenità personale di presbiteri, ministre e ministri, ma anche per favorire relazioni feconde e un approccio libero alle tematiche in evoluzione nella chiesa, come appunto, la questione del maschile e del femminile.
  • introdurre, nei vari percorsi formativi (compresi gli Istituti Superiori di Scienze Religiose) testi e temi della teologia femminista che da decenni offre contributi imprescindibili in campo biblico, ecclesiologico, pastorale, canonistico, morale… ecc.
  • Prestare attenzione all’equilibrio tra donne e uomini negli organismi di partecipazione ecclesiale
  • Purificare il linguaggio rispetto al corretto uso dei maschili e dei femminili ma non solo. Ad esempio, non usare il termine “padre” riferendosi a religiosi, presbiteri, vescovi (Matteo 23); non usare il termine “sacerdote” riferendosi ai presbiteri (nel NT l’unico sacerdote è Cristo e in lui si forma un popolo sacerdotale); non usare il termine chiesa come sinonimo di gerarchia o magistero (la chiesa è molto di più).
  • Promuovere la liturgia domenicale della Parola (specie se manca il presbitero ma non solo) per incoraggiare la responsabilità laicale (di uomini e donne) anche nella liturgia
  • Incoraggiare la predicazione di laici e laiche durante la celebrazione eucaristica
  • Perché l’ampliamento dei ministeri istituiti non resti lettera morta o un pio desiderio di pochi, avviare in tutte le comunità parrocchiali una maggiore informazione su cosa siano e cosa comportino per battezzate e battezzati, un discernimento (non solo del parroco, ma anche degli organismi laicali che lo affiancano come il Servizio Ministeriale) su possibili candidate/candidati in termini di desiderio di accedere, disponibilità di impegno e formazione.

 

 

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