MIGRANTI: POLITICHE, NON PROPAGANDA   di Giorgio Pagliari

di BorgoAdmin

La strage di Cutro rimane un segno indelebile, che, al di là delle raggelanti dichiarazioni del Ministro degli Interni, per quel che posso capire è comunque una responsabilità oggettiva del Governo. Oggettiva perché la circostanza della presenza in mare di quella barca è stata indebitamente sottovalutata, mentre appare considerazione di buon senso quella che dovevano essere apprestate le misure per un intervento tempestivo alla bisogna.Il dibattito sviluppatosi dopo la tragedia ha ribadito le distanze tra i due schieramenti politici principali, attestatisi sulle posizioni tradizionali. Le notizie sulla imminenza di una accentuazione marcatissima della spinta migratoria (anche) verso l’Italia pone, comunque, il problema di non limitare né la riflessione né la proposta politica, al solo tema dell’inderogabile dovere di salvataggio e di prima accoglienza. Del resto, la limitazione della discussione a questo solo profilo, che neanche andrebbe posto in discussione, è un elemento di sicura debolezza della posizione più attenta e aperta nei confronti dei migranti. Personalmente, sono convinto che debba essere fatto un salto di qualità e che si debba elaborare una politica migratoria complessiva, cioè in grado di delineare il percorso successivo alla prima accoglienza. Si tratta di una prospettiva, che non può non vedere coinvolta e prima attrice l’Europa stante la dimensione attuale e (soprattutto) futura del fenomeno migratorio. Ed è una prospettiva che deve delineare in termini chiari l’iter della distribuzione tra i paesi europei, del processo di integrazione che deve essere proposto e l’adesione al quale deve essere condizione sine qua non della permanenza nei paesi europei (salve le problematiche relative ai rifugiati politici), con particolare attenzione al diritto-dovere di lavorare per garantirsi l’autosufficienza economica nonché delle misure di welfare, che devono aiutare il definitivo inserimento nel contesto socio-economico europeo al termine del processo di integrazione. Le misure di welfare sono, a mio parere, un tassello decisivo perché la migrazione non possa più essere un terreno di strumentalizzazione politica.

A questo proposito, credo che le misure debbano essere improntate ad un bilanciamento tra i diritti della popolazione indigena emarginata o comunque in difficoltà economica e le aspettative giuridicamente tutelate dei migranti, non ancora naturalizzati. Sono perfettamente consapevole che l’impresa è molto ardua, ma deve essere fatto ogni sforzo perché non vi possa essere conflitto tra queste due condizioni di umana sofferenza, cosicché gli italiani in difficoltà non possano concludere che rimangono nella loro deprecata condizione a vantaggio dei migranti. Chi ascolta le persone per strada o nei bar sa che il concetto, che ho ora cercato di riassumere, non è un concetto “ideologico”, ma è un pensiero, che alberga in molte persone di buon senso e non solo nei diretti interessati. Ed è un pensiero su cui le forze politiche di governo fondano molti loro messaggi, ben sapendo che sul piano elettorale questo atteggiamento rende. La considerazione or ora svolta rappresenta anche il mio pensiero sull’azione del Governo in questo ambito. Restiamo alla propaganda nella evidente assenza di qualsiasi idea costruttiva sul fenomeno, che viene rifiutato in radice in modo pregiudiziale ed ideologico. Questa posizione potrebbe costituire un vero inciampo per le prospettive governative perché – e questo vale per tutti – il fenomeno va governato con grande realismo e con intelligente concretezza.

 

 

 

 

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