VERSO LE PRIMARIE DEL 26 FEBBRAIO – IL CONGRESSO COSTITUENTE DEL PARTITO DEMOCRATICO   di Lucia Mirti

di BorgoAdmin

Si è conclusa domenica 12 febbraio (salvo Lazio e Lombardia, per le quali il termine è spostato al 19 febbraio per la concomitanza con le elezioni regionali) la prima fase del percorso costituente che porterà all’elezione del nuovo candidato alla segreteria del partito democratico nazionale. Da presidente della Commissione congresso provinciale, insieme agli altri 6 colleghi di commissione, ho potuto avere uno sguardo complessivo sull’andamento delle primarie nei Circoli della Provincia (in verità, allo sguardo si è unito  anche parecchio lavoro organizzativo/politico in un congresso con regole  articolate e scadenza pressanti). I numeri parlano da soli, e sono evidentemente piccoli: hanno votato 1.165 iscritti distribuiti in 49 circoli della provincia, di cui 10 in città: sono numeri tuttavia in leggerissimo aumento rispetto a quelli delle primarie svoltesi per la scelta del segretario nazionale nel 2019, segno che il PD sta attraversando una crisi di militanza attiva ed istituzionalizzata da diversi anni. I risultati sono stati abbastanza in linea con il trend nazionale: è arrivato al 50% Stefano Bonaccini con 581 voti, seguito da Elly Schlein con 350 voti pari al 30,1%, Gianni Cuperlo con 132 voti pari all’11,4% e Paola De Micheli con 99 voti pari all’8,5%. L’attuale fase costituente ha però avuto il pregio di risvegliare in tutti i comuni della Provincia una partecipazione che, a causa del disincanto generalizzato ed anche dai due anni di pandemia, era stata per lo più estremamente limitata quando non addirittura assente. Le assemblee, tutte in presenza, sono state partecipate ed animate da appassionate discussioni politiche: in più di uno tra i tanti Circoli che ho girato, ho sentito la frase  “finalmente ci ritroviamo a parlare di politica”. In alcune zone la partecipazione è stata significativa, ma anche nei Comuni più piccoli la gente aveva voglia di ritrovarsi e parlare: non sono mai tornata da riunioni serali prima di mezzanotte. Si sono ritrovate nella stessa stanza  le diverse  generazioni: il vecchio militante ultraottantenne, con un’energia incredibile,  che è stato ascoltato con rispetto ed attenzione dai giovani ventenni,  che sono  stati una piacevole sorpresa in alcuni circoli. Si sono confrontate le visioni che partivano  da lunghe  militanze novecentesche in un mondo che non esiste più,  con la freschezza delle visioni moderne ed appassionate dei più giovani.   Certamente le quattro mozioni hanno contribuito ad animare il dibattito, che è sempre stato rispettoso delle diverse scelte espresse dai partecipanti alle riunioni, tutte ampiamente motivate ed illustrate. Nelle riunioni sono emerse forti critiche agli errori del PD  e  lucide analisi del perché il partito non riesce ad attrarre come fece ai suoi inizi, nell’ormai quasi preistorico 2007. L’auspicio di tutte e tutti gli iscritti è che chiunque sarà eletto dalle primarie nazionali del 26 febbraio – che costituiscono una fase del tutto nuova e diversa da quella appena conclusa, da scrivere completamente – avrà al suo fianco gli altri 3 candidati, in quanto ognuno di loro esprime sfaccettature diverse dell’appartenenza ai valori del centro sinistra che solo insieme potranno portare ad un rilancio dell’azione politica del Partito Democratico, rilancio ritenuto indispensabile da tutti  i militanti. Ciò che è emerso in questa fase è stata certamente la consapevolezza di stare svolgendo un importante esercizio di democrazia:  quella democrazia che affonda nella Costituzione le sue radici (come ha ricordato Roberto Benigni in una occasione popolare come il Festival di San Remo) e che se non è allenata, esercitata,  amata e coltivata attraverso la responsabilità dell’impegno e della partecipazione, rischia di diventare una democrazia di nome ma svuotata da contenuto. Nei militanti che hanno dato voce a questa prima fase congressuale è ben chiaro che il partito democratico, con tutti i suoi evidenti limiti, contraddizioni  e difficoltà, resta comunque l’unico partito in Italia a non essere il partito del leader ma l’unico  che dà importanza alla base dei propri iscritti. Perciò la partecipazione della “base”  è un diritto dovere che si sente di dover esercitare, nella richiesta però forte e chiara da parte di tutti di poter però essere davvero  ascoltati dalle “altezze” del partito soprattutto nelle fasi cruciali delle scelte politiche per il Paese, come invece non si è fatto da tempo. La fase del 26 febbraio sarà la scrittura di un finale che ancora non è determinato, anche se l’auspicio  di tutte e tutti  è di una significativa partecipazione che dia linfa al centro sinistra in una fase per il Paese così difficile dal punto di vista economico, sociale, politico e civile.

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