STORIE DI CORAGGIO E LIBERTÀ: VOCI DI DONNE TRA PASSATO E PRESENTE di Anna Chiara Nicoli

di BorgoAdmin

Marzo è il mese in cui arriva la primavera, e ospita due giornate importanti: l’8 marzo, giornata internazionale per i diritti della donna, e il 21 marzo, giorno “della memoria e dell’impegno”, dedicato a tutte le vittime innocenti delle mafie. Sono 133le donne che dal 1877 ad oggi hanno perso la vita a causa delle mafie1. Un numero che non tiene conto di tutte quelle di cui non conosciamo il nome così come di tutte quelle donne, di cui non sappiamo nulla, che vivono quotidianamente in un contesto di oppressione, subordinazione e sofferenza. Il problema della violenza di genere, tuttavia, non è una questione che esiste solo all’interno delle associazioni di stampo mafioso; è un problema strutturale ed endemico, trasversale all’intera società, fortemente presente anche nel mondo dei piccoli e degli adolescenti.

Come parlarne dunque, ai giovani ragazzi e alle giovani ragazze? Come fare memoria d istorie di coraggio e di libertà del passato –e al contempo imparare a guardare avanti? Il 7 marzo, all’interno del liceo San Vitale di Parma, si è svolto il terzo appuntamento delle “Interviste della legalità. Storie di impegno per la giustizia tra passato e presente” dedicato alla vita di Lea Garofalo, uccisa dall’ex compagno ed esponente della ’ndrangheta, Carlo Cosco.  L’incontro, intitolato “Storie di coraggio e di libertà. La costante attualità della lotta contro la violenza di genere”, è stato organizzato dal circolo culturale “Il Borgo” e l’Osservatorio Permanente Legalità dell’Università di Parma, nell’ambito del progetto “Concittadini”, promosso dall’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna. Il Convegno, destinato proprio ai giovani e alle giovani liceali, ha visto come relatrici alcune donne impegnate in città nella parità di genere e nella lotta contro la violenza di genere, due temi tra loro strettamente legali; relatrici, dunque, che hanno raccolto, quantomeno in maniera ideale, il testimone lasciato da Lea Garofaloe da sua figlia.  Proprio Monica Cocconi, direttrice scientifica dell’Osservatorio, ha individuato il filo rosso dell’incontro, richiamando come la criminalità organizzata, così come il fenomeno della violenza di genere, sono espressioni attuali di un potere che soffoca la dignità delle persone. Entrambi i fenomeni, inoltre, prosperano in quei contesti di omertà e complicità, di mancata coesione sociale. Lea Garofalo è stata al contempo vittima di un femminicidio e vittima di mafia; eppure sarebbe riduttivo ricordarla in questi termini.  La storia di Lea è anche quella di una donna che ha lottato per una vita che fosse libera, priva di paura, per sé e per sua figlia. Una lotta –passata per la ribellione alle logiche mafiose e di oppressione maschile –che ha pagato a carissimo prezzo. Lea Garofalo, infatti, nata e cresciuta in una famiglia ‘ndranghetista, e compagna, per alcuni anni, di un altro esponente dell’‘ndrangheta, Carlo Cosco, rompe tantissimi di quei codici che, come donna, avrebbe dovuto seguire: decide di interrompere la relazione con Carlo pubblicamente; allontana la figlia, Denise, dal mondo mafioso, per crescerla con valori diversi; denuncia i suoi familiari, diventando una testimone di giustizia, e così costretta a cambiare continuamente città. Alcuni anni dopo, nel 2009, ancora giovanissima, viene uccisa dall’ex compagno e dai suoi complici nel centro di Milano.  La storia di Lea Garofalo è però anche quella del coraggio di Denise Cosco, sua figlia. Una ragazza che, all’indomani della sparizione della madre, si rivolge subito alle forze dell’ordine, a proprio rischio e pericolo; una ragazza che, pochi anni più tardi, testimoniò, sola, nel processo che si tenne contro il suo stesso padre. La storia di Lea è anche la nostra storia: quella dei ragazzi e delle ragazze che hanno sostenuto Denise nel corso del processo; di chi si è impegnato per farne memoria; della comunità nazionale, che nel 2013 celebrò per Lea Garofalo i funerali di Stato, proprio a Milano. Le operatrici del centro Antiviolenza di Parma, riprendendo il percorso di vita di Lea Garofalo, hanno fatto un paragone con quello che accade, quotidianamente, alle donne che sono vittima di violenza di genere. I numeri di accesso al centro ACAV, anche nel territorio di Parma, sono estremamente alti2; ma non sono che la punta dell’iceberg, se si considera che secondo le stime ISTAT solo il 4% delle donne in difficoltà chiede aiuto. Il fenomeno della violenza di genere, purtroppo, interessa sempre di più anche le giovani generazioni. E in questo senso diventa cruciale, secondo le operatrici, educare i ragazzi e le ragazze all’amore e all’affettività, stimolando comportamenti di fiducia nelle relazioni e riconoscendo, al contrario, come negativi sentimenti di gelosia e di possesso. Un discorso, fin da subito, condiviso e ripreso da tutte le presenti. Lucia Mirti, vicepresidente del Circolo Culturale “Il Borgo”, ha parlato proprio dell’importanza di coinvolgere i maschi nel discorso sulla violenza di genere, per aprire ad una riflessione condivisa. La relatrice ha riportato alcuni dati della recente ricerca condotta da Save The Children e IPSOS: il 30% dei ragazzi trai 14 e i 18 anni ritiene che la gelosia sia un segno d’amore; un adolescente su cinque, invece, pensa che in una relazione possa scappare, ogni tanto, uno schiaffo o una sberla; il 19 % dichiara di essere stato spaventato da esplosioni di rabbia del proprio partner. Dati allarmanti, che sono sintomi di un problema sociale, non isolato Un problema collettivo a cui deve seguire, di converso, una risposta collettiva. Un invito al cambiamento raccolto da Chiara Cacciani, unica donna trai fondatori dell’associazione “Maschi Che Si Immischiano”. Secondo la giornalista occorre decostruire tutti quegli stereotipi e quei costrutti sociali che albergano dentro di noi, difficili da riconoscere se non grazie ad un processo di riflessione. È proprio questo il messaggio che Chiara Cacciani ha lanciato ai ragazzi e alle ragazze, ponendo loro alcune domande  -se hanno paura a camminare soli per stradala sera, se si sentono a disagio con certi vestiti–e sottolineando la diversa prospettiva con cui i maschi e le femmine percepiscono il pericolo, negli spazi fisici e nelle relazioni. Il messaggio è soprattutto rivolto ai maschi non violenti (per fortuna, la grande maggioranza)che però spesso rimane silente. Occorre prendere parte al dibattito sulla violenza di genere: non rimanere indifferenti, perché è un discorso che riguarda tutti, donne e uomini, giovani e adulti. Ragazze di coraggio, ragazzi che si buttano, testimoni tra passato e presente. Un incontro molto ricco, dunque, che ha posto in luce come percorsi di cambiamento e di uscita dalla violenza sono possibili, ma solo a patto di divenire protagonisti e protagoniste, e di lavorare, quotidianamente, tramite un percorso collettivo. Camminare insieme: in attesa di primavere più fiorite.

 

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