NEL RICORDO DI ALDO MORO di Francesco Gianola Bazzini

di BorgoAdmin

A quarantacinque anni dal rapimento e dalla strage degli uomini della scorta di Aldo Moro e dal ritrovamento del corpo dello statista dopo cinquantacinque giorni di prigionia, ritengo doveroso ricordare e riflettere su questa pagina drammatica della storia recente e sulle conseguenze sociali e politiche che ne derivarono, ancora oggi motivo di analisi. È altrettanto doveroso ricordarne la figura di uomo, di politico e di studioso nel suo lungo percorso di impegno istituzionale, molto spesso messo in ombra da quello che può essere definito uno degli eventi più drammatici della nostra storia recente Aldo Moro è stato uno dei protagonisti indiscussi dei primi decenni di vita della Repubblica: a 31 anni deputato della Costituente, più volte Ministro e Presidente del Consiglio, Segretario nazionale della Democrazia Cristiana. Padre del Centro-sinistra negli anni Sessanta, con l’ingresso del Partito Socialista di Pietro Nenni nella compagine di governo. Ideatore della cosiddetta Terza Fase, Solidarietà Nazionale o Strategia dell’Attenzione per coinvolgere il Partito Comunista nel governo del paese, e creare le condizioni per l’alternanza al governo del Paese. Aldo Moro studioso e docente di diritto penale presso la facoltà di Giurisprudenza di Bari e successivamente alla Sapienza di Roma, dove chiede di essere trasferito in ragione dei suoi sempre più pressanti impegni politici. Nel ricordo dei suoi studenti e colleghi non mancò mai a questo suo impegno professionale.  Ma il suo ricordo  è purtroppo e soprattutto fissato in quel 1978 (anno così denso di eventi). Per diverse generazioni si ricorderà: la strage di Via Fani con l’uccisione dei cinque uomini dalla scorta, il rapimento e l’assassinio dello Statista dopo un calvario di cinquantacinque giorni, il Calvario drammatico e umano per il Prigioniero e il calvario di emozioni per l’Italia intera. Si ricorderà quel 1978, anno costellato di rilevanti avvenimenti: dopo Moro, le dimissioni del Presidente della Repubblica Leone, coinvolto con una campagna di stampa, ma poi risultato estraneo, nello scandalo Lockheed, l’elezione a Presidente di Sandro Pertini (la cui figura sarà decisiva per una ritrovata unità del popolo italiano), la morte di Papa Paolo VI e quella repentina del suo successore Papa Luciani, l’elezione al soglio di Pietro di Carol Wojtyla, cardinale polacco, fatto che si rivelerà elemento determinante nel mutamento del quadro politico internazionale.

Il rapimento e la tragica fine dello Statista Democristiano, dopo quarantacinque anni, diverse fasi processuali e commissioni parlamentari d’inchiesta, rimangono ancora oggi circondati da diverse zone d’ombra. Dopo alcune testimonianze e diverse perizie balistiche si è giunti alla probabile conclusione che a sparare quella mattina del nove marzo in via Fani, vi fossero più esecutori materiali rispetto ai quattro dichiarati dai brigatisti, con un supporto logistico che andava ben al di là delle capacità delle stesse Brigate Rosse. La conclusione (contro ogni aberrante logica “politica”) del sequestro, che dopo una lunga agonia a cui era stato sottoposto non solo il prigioniero, ma tutta l’opinione pubblica, veniva concluso in maniera così barbara, compattando tutti i settori della nostra società, con la straordinaria mobilitazione di tutte le forze politiche e sindacali e dunque con un effetto opposto a quello auspicato dai terroristi. Vanno anche ricordatele possibili interferenze, anche se mai concretamente dimostrate, di Potenze straniere sia dell’Ovest che dell’Est che per ragioni opposte ma con interessi coincidenti, si erano implicitamente opposte alla politica di apertura a sinistra di Moro, ma anche le crepe che si aprirono fra gli stessi brigatisti creando le condizioni per le imminenti dissociazioni. Il ricordo di quel tragico evento che ebbe come epilogo l’assassinio di Moro, è un messaggio, per chi non ha vissuto quel periodo di sangue, definito “Anni di piombo”. Un periodo che ormai è storia. Un periodo, che significò l’inizio della Fine delle Brigate Rosse che, pur continuando nelle loro imprese di sangue, apparivano sempre più isolate e distanti anche dalle frange politiche più estreme. Ma anche l’inizio e la repentina fine della Solidarietà Nazionale, quell’esperienza politica così voluta da Aldo Moro, ma assai osteggiata soprattutto fuori dai confini nazionali.

Aldo Moro non era sicuramente un trascinatore di folle. Politico riflessivo e instancabile mediatore in un partito, la Democrazia Cristiana, in cui convivevano diverse anime, dalle più conservatrici a quelle più portatrici di istanze sociali, figlie del cattolicesimo dossettiano e sindacale. Aldo Moro politico dallo sguardo rivolto ad Oriente e al Mediterraneo e nello stesso tempo con una sua visione di apertura verso tutte le componenti sociali e politiche. Inviso alle Grandi Potenze dell’epoca che giudicavano il suo pensiero e il suo impegno destabilizzanti per gli assetti del quadro internazionale usciti dagli accordi di Yalta. Aldo Moro marito e padre di quattro figli a cui era legato da un profondo senso della famiglia.

 

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