LE CARCERI ITALIANE: L’ATTUALITÀ DEL PROBLEMA di  Nicola Granato

di BorgoAdmin

Le carceri italiane: l’attualità del problema, così è intitolato l’evento del 2 ottobre 2023 promosso dall’Osservatorio Permanente Legalità in collaborazione con il Circolo Culturale Il Borgo di Parma e BetaniaOnline di Giorgio Pagliari presso la Comunità di Betania. La spirituale e splendida cornice che offre la Comunità di Marore è l’occasione per affrontare il tema delle condizioni di vita dei detenuti nelle carceri italiane, partendo dal dramma del numero di suicidi registrati nel 2022 per poi approfondire altri e numerosi aspetti. L’evento, arricchito dalla presenza di parti istituzionali, accademici e componenti della società civile, è, inoltre, l’occasione per presentare i risultati del Rapporto Antigone e del Rapporto Rete Carcere riferiti all’anno 2022.

L’incontro è stato introdotto da Monica Cocconi, Docente di Diritto Amministrativo, Delegata del Rettore all’anticorruzione e alla trasparenza e Responsabile scientifica dell’Osservatorio Permanente Legalità, che per prima ha riportato come “il 2022 è passato alla storia come l’anno con più suicidi in carcere di sempre”; ben 85 le persone ad essersi tolte la vita all’interno di un istituto penitenziario nel 2022, ossia una ogni quattro giorni. La Prof.ssa Cocconi ripercorre gli elementi più evidenti forniti dal Rapporto Antigone come il genere, la nazionalità, l’età, le posizioni giuridiche dei detenuti che si si sono tolti la vita e la durata della loro permanenza in carcere, nonché mette in luce la fragilità e la vulnerabilità delle condizioni di vita che affrontano queste persone.

A seguire la relazione centrale di Mauro Palma, Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Il Prof. Palma parte dalla posizione di indipendenza che deve caratterizzare il ruolo di Garante Nazionale per poi offrire una panoramica sul trend della popolazione detenuta in Italia, sempre in aumento negli ultimi anni, e che ad oggi tocca i 59mila detenuti. Il Garante si occupa e fornisce spunti utili su due articoli del dettato costituzionale: l’art. 27 e il 13. Il primo rischia di diventare una norma enunciativa evidenziando come il carcere, per i detenuti con pena inferiore ad un anno, non possa applicare alcun programma strategico di recupero e reinserimento. Inoltre, attenziona la questione delle condotte recidive che rappresentano uno dei primi motivi di “ritorno” in carcere. L’art. 13 è l’occasione, invece, per riflettere sul fatto che il tempo di qualsiasi persona deve avere significato; il tempo sottratto va funzionalizzato, deve avere uno scopo.

Il dibattito sul tema è stata anche l’occasione per una panoramica su scala regionale degli istituti penitenziari della Regione, avanzata da Roberto Cavalieri, Garante Locale Regione Emilia-Romagna. Il commento analitico e molto puntuale fornisce un riscontro non molto incoraggiante sulle modalità di collaborazione tra tutte le parti in causa (istituzionale, dipartimentale, ecc.) e sollevando diversi punti critici dell’amministrazione regionale penitenziaria. Il Garante regionale, nella parte finale del suo intervento, si concentra sulla ricerca ed applicazione di soluzioni alternative al carcere.

A seguire, Veronica Valenti, Garante Comunale Parma, calibra il suo intervento su due poli: le ragioni della sicurezza e i diritti fondamentali delle persone; fornendo un elenco molto interessante sui primi reclami da lei stessa registrati nel territorio, quali: assistenza sanitaria, l’invecchiamento demografico, la sicurezza, i trasferimenti tra istituti per tendere alla prossimità e, infine, i tempi della magistratura di sorveglianza. Chiosa, da ultimo, sul ruolo che investe i Garanti dei detenuti, a volte, scomodo e ristretto ma sempre tendente a garantire quella sfera inviolabile della persona che residua anche per i detenuti; è in questo spazio che si gioca la sfida della tutela dei diritti fondamentali.

In rappresentanza dell’apporto della società civile e delle associazioni al tema delle carceri, Barbara Cusi, Rappresentante Rete Carcere, che offre un intervento di un’estrema sensibilità che ben si concilia con quelli precedenti di altro tenore. La Cusi rappresenta le esperienze che ha vissuto in prima persona negli istituti penitenziari in cui ha lavorato, portando nel dibattito episodi simbolo molto rappresentativi della dignità delle persone detenute, valore da preservare e garantire. Successivamente, Giuseppe La Pietra, Coordinatore delle attività formative e professionali di CEFAL Emilia-Romagna, che manifesta una realtà complementare al tema del convegno: quello dei percorsi formativi, professionali e di reinserimento delle persone private della libertà personale. Secondo La Pietra, l’ordinamento penitenziario tutto dovrebbe essere coeso e convergere verso il principale scopo del reinserimento lavorativo, formando la classe detenuta e, soprattutto, osando nei percorsi lavorativi sia dall’interno che all’esterno con la collaborazione di aziende del territorio.

La conclusione è affidata all’intervento di Giorgio Pagliari, Docente di Diritto dei servizi e dei contratti pubblici dell’Università degli Studi di Parma, il quale fornendo uno sguardo di sintesi sulle relazioni che lo hanno preceduto, si concentra, da un lato, sulla sensazione di crescente perdita del senso di umanità e dall’altro sulla considerazione che, ad oggi, anche una permanenza breve in carcere possa segnare, come uno stigma, la vita di una persona. Da ultimo, Pagliari riflette sulla circostanza che, nella nostra società, non è ammissibile pensare che rispondere dei propri reati equivalga ad annullare la personalità umana del singolo.

 

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