LA GUERRA SI NUTRE DI MENZOGNE di Carla Mantelli

di BorgoAdmin

La guerra si nutre di grandi menzogne. Ogni leader che oggi sostiene la necessità della guerra, mente. Mentono Putin e Zelensky, mentono Biden e Von der Leyen, mentono Netanyahu e Hamas. D’altra parte, lo affermava già Eschilo molti secoli fa: “La prima vittima della guerra è la verità”.  “Devo difendermi perché mi hanno aggredito”, “Vogliono cancellare il mio diritto di esistere”, “Vogliono abbattere la democrazia”. Sono tutte menzogne che servono a giustificare la pura violenza con l’unico obbiettivo di “vincere”. Il diritto bellico è carta straccia e serve solo per accusare la parte avversa di avere commesso le stesse atrocità commesse da chi lo invoca”.  Queste drastiche affermazioni sono del giornalista Domenico Quirico invitato al convegno della Rete C3dem (cattolici democratici) dal titolo “Spezzare l’arco della guerra, i sentieri stretti della pace”, celebrato a Milano sabato 27 gennaio. Ma anche Fabio Pizzul (presidente della Fondazione Ambrosianeum) e Lucia Vantini (presidente del Coordinamento Teologhe Italiane), hanno sostanzialmente convenuto. Pizzul ha posto l’accento sul linguaggio della stampa e dei social media che tutto semplificano con l’idea che “o sei con me o sei contro di me”. È la logica binaria dell’”aut aut” che vuol convincerci che, in caso di conflitto, l’unica scelta possibile sia la guerra. Vantini ha citato e commentato un dialogo epistolare tra Einstein e Freud, risalente al 1932. “Come evitare la fatalità della guerra? Come è possibile che pochi leader trascinino le masse, che non ne hanno alcuna voglia, a combattere?”  chiede Einstein. Freud risponde, tra l’altro, che ciò può avvenire perché questi pochi hanno in mano la scuola, la stampa e le organizzazioni religiose. E qui, forse possiamo già intravvedere qualche prospettiva di azione per superare la logica dell’amico/nemico che è la logica della violenza e quindi della guerra. Quirico si è mostrato molto pessimista e infastidito dall’uso continuo della parola “pace”. La pace è una tecnica che richiede alcuni passaggi precisi. Primo, trovare dei mediatori. In teoria dovrebbero stare nell’ONU e nelle nazioni neutrali. Ma l’ONU è un insieme di funzionari superpagati incapaci di svolgere un lavoro efficace e le nazioni neutrali non esistono più, tutte costrette a schierarsi.  Secondo. Mettere attorno a un tavolo i contendenti. Ma ciò è impossibile se ciascuno definisce l’altro un mostro di malvagità. Terzo. Puntare, non alla pace, ma a una tregua in modo che si sospendano le uccisioni e le distruzioni. Le due Coree non hanno mai firmato un trattato di pace ma hanno raggiunto una tregua, sempre rinnovata, che, da decenni, impedisce nuove morti. È questo ciò a cui possiamo aspirare.  Per Vantini, bisogna lavorare sulla nostra interiorità (“ogni attimo di odio in noi impoverisce il mondo”) ma anche sulle comunità che devono riconoscere e accettare la propria vulnerabilità evitando di rimuoverla con la retorica della sicurezza. Bisogna anche stare attenti al linguaggio perché possiamo uccidere con le parole. Gesù, infatti, afferma che non ci possiamo accontentare del comandamento “Non ucciderai”: anche dire “stupido” o “pazzo” al fratello comporta di essere “sottoposto a giudizio” (Matteo 5,21-22). Oggi si usano parole violente sulle donne, sui migranti, sulle persone omosessuali. Si scrive che Masha Amini è stata uccisa in Iran perché “indossava male il velo”. Ma non è così: è stata uccisa perché una polizia cosiddetta “morale”, armata da un potere religioso dispotico, maschilista e violento, l’ha voluta uccidere. Se non si usano le parole giuste non si vede nemmeno la realtà. Se, infine, noi riconosciamo autorità a chi soffre (invece di guardarlo solo come vittima) potremo comprendere che la guerra non è necessaria, che non doveva andare così e poteva andare in un altro modo. Tra gli interventi seguiti alle tre relazioni, particolarmente centrato il richiamo dell’avvocata Grazia Villa a tenere presente uno dei grandi convitati di pietra del dibattito sulla guerra: le armi. È più facile invocare il “cessate il fuoco” che il “cessate la costruzione di armi”. Ma finché il mondo sarà inondato da armi, non ci sarà speranza di porre fine alle guerre. L’evento  è stato presieduto e concluso dal coordinatore nazionale C3dem, Fabio Caneri, che ha sottolineato come, nella solenne Giornata del 27 gennaio, il Convegno abbia voluto fare Memoria dell’umanità ancora lacerata dal flagello della guerra. Una guerra a cui non possiamo e non dobbiamo rassegnarci.

Chi non si accontentasse delle poche e rapidissime suggestioni che precedono, può accedere alla registrazione del convegno su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=0KAS3_GU3e0

 

 

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