LA GIUSTIZIA COME OBBIETTIVO DI VITA. IL RICORDO DEL GIUDICE ROSARIO LIVATINO TRA FEDE E LOTTA ALLE MAFIE di Anna Chiara Nicoli

di BorgoAdmin

Il 22 febbraio 2024, all’interno del plesso dell’Università di Parma di Borgo Carissimi, si è svolto il secondo incontro delle “Interviste della legalità. Storie di impegno per la giustizia tra passato e presente” dedicato alla figura del magistrato Rosario Livatino, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990 ad Agrigento, a soli 37 anni, e beatificato da Papa Francesco nel 2021. Il convegno, intitolato “La giustizia come obbiettivo di vita. Il ricordo del giudice Rosario Livatino tra fede e lotta alle mafie”, è stato organizzato dal circolo culturale “Il Borgo” e l’Osservatorio Permanente della Legalità dell’Università di Parma, nell’ambito del progetto “Concittadini, promosso dall’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna. All’iniziativa erano presenti alcune classi del liceo Bertolucci di Parma, che hanno partecipato attivamente ponendo domande agli illustri relatori presenti, anche grazie al coinvolgimento dinamico delle insegnanti. L’incontro si è aperto con i saluti di Monica Cocconi, docente di diritto amministrativo dell’Università di Parma e Responsabile scientifica dell’Osservatorio Permanente della Legalità, che – richiamando le linee essenziali del progetto in corso – ha ribadito l’importanza della memoria, non soltanto come ricordo ma come valore trasformativo per le giovani generazioni. La dott.ssa Anna Pellegrini ha poi introdotto la storia di Rosario Livatino, sottolineando le importanti eredità che il magistrato siciliano, sebbene meno conosciuto di altri, ha lasciato. Il giudice si è infatti distinto sia per la lotta alle mafie nel territorio di Agrigento, sia, a livello personale, per la sua trasparenza, la sua indipendenza e il suo equilibrio, Nel suo intervento è stato ricordato anche Pietro Nava, l’unico testimone oculare dell’assassinio del magistrato, che permise agli inquirenti, con il proprio coraggio e le proprie dichiarazioni, di portare avanti le indagini.

La seconda parte della mattinata è proseguita con le relazioni di Fernando Asaro, procuratore della Repubblica di Marsala, Paolo Guido, procuratore aggiunto di Palermo, e Simona Cocconcelli, avvocata e consigliera dell’Ordine degli Avvocati di Parma – in dialogo con Fabio Salvatore Cassibba, professore ordinario di procedura penale presso l’Università di Parma. Gli studenti hanno potuto apprezzare un prezioso scambio di opinioni e racconti da tre mondi differenti – quello della magistratura, dell’avvocatura e dell’università – dimostrazione che la legalità si alimenta anche grazie alla collaborazione reciproca. Asaro, in particolare, ha tratteggiato e contestualizzato la figura di Livatino, ribadendo la differenza tra “essere magistrato” e “fare il magistrato”. Livatino, infatti, era una persona che non era solita farsi fotografare o comparire in pubblico, slegata dal mondo politico e lontana dai riflettori. Pur abitando in una città in cui le mafie erano presenti e conosciute, ed estremamente vicine (addirittura nella stessa strada), il magistrato svolgeva il proprio lavoro con onestà e coraggio, senza scorte, trai primi ad applicare nei Tribunali la legge Rognoni- La Torre – approvata dal Parlamento nel 1982 – in un contesto, quello degli anni ’80, noto per la violenza e la pericolosità delle mafie. Il procuratore Paolo Guido ha proseguito la riflessione raccontando di Palermo, del movimento antimafia nato nella società civile e del lavoro della magistratura; la città siciliana e l’intero paese, grazie ad un impegno corale e condiviso fin dagli anni ’90, ha proseguito la battaglia alle mafie, raggiungendo risultati importantissimi e aprendo nuovi semi di speranza. Guido ha posto l’accento anche sulla mitizzazione che si fa delle mafie – assunte, dagli affiliati, come veri e proprio “credo– contrapponendo a ciò l’esempio positivo portato dagli uomini e dalle donne di giustizia. Il procuratore ha concluso il proprio intervento esortando gli studenti presenti con una frase di Indro Montanelli “Combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che singaggia ogni mattina, davanti allo specchio.Molto interessante anche la relazione di Simona Cocconcelli, che ha raccontato le proprie scelte personali e il proprio percorso universitario, avvenuti nel clima che si respirava, anche a Parma, a fine anni ’80; l’avvocata ha posto l’accento sull’importanza della ricerca della verità e della giustizia, che è compito di tutti, anche dei ragazzi, nessuno escluso.

La terza parte dell’incontro è stata dedicata alle domande degli studenti del Liceo Bertolucci: la storia del Maxiprocesso di Palermo, i comportamenti e gli strumenti delle mafie di oggi, i cambiamenti rispetto al passato. Tante sono state anche le curiosità personali: “Quali sono stati i casi che vi hanno colpito di più nel corso della vostra professione?” “Come si vive sotto scorta?” “Le vostre scelte sono state condivise dalle vostre famiglie?”. Le risposte attente dei magistrati hanno dato ai giovani presenti uno spaccato della difficoltà e dell’impegno dei professionisti della legalità, veri e propri testimoni, ora come allora, di una scelta di giustizia che implica talvolta anche conseguenze sul piano personale ma, cionostante, portata avanti con coraggio e determinazione.

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