ITALIA–ALBANIA? di Stefano Ferrari

di BorgoAdmin

I giorni scorsi abbiamo ascoltato e poi letto le notizie su centri di identificazione in Albania. Partiranno fra circa sei mesi e saranno finanziati interamente dall’Italia con presenza all’interno di personale italiano. Mi sono chiesto perché in Albania e non in Italia, visto che ne sosterremo interamente le spese? Parlandone con stranieri che hanno vissuto di persona i drammi di dover lasciare la propria terra in cerca di una vita migliore e quello del viaggio in mare per raggiungere le coste italiane, ne è uscita una possibile (realistica) risposta. Le persone raccolte nel Mediterraneo dalle imbarcazioni della Marina Italiana e delle organizzazioni umanitarie vengono poi inviate in centri di identificazione sovraffollati da cui molti scappano senza lasciare traccia per recarsi in Francia, Germania, Scandinavia ecc. dove hanno parenti o amici, dove possono integrarsi meglio in assenza della barriera linguistica che li ingessa da noi, dove i loro studi sono riconosciuti quando non vi sono stati conseguiti. E sì, dobbiamo sfatare un mito: molti degli stranieri che approdano sulle nostre coste non voglio rimanere in Italia, ma vogliono andare altrove (salvo i migranti economici delle vicine Tunisia, Algeria e Marocco che fanno avanti e indietro con regolarità). L’Italia è solo la via più sicura, anche se non la più semplice. Le rotte Iberica e balcanica sono assai pericolose per loro, tant’è che i Marocchini preferiscono di gran lunga attraversare l’Algeria per partire da Libia o Tunisia affrontando poi un viaggio al buio in mare da un minimo di 130 km (Hammamet – Pantelleria) fino a 410 km (Misurata- Lampedusa) piuttosto che farne meno di 17 per passare in terra spagnola dallo stretto di Gibilterra. Stessa cosa succede per gli attraversamenti da Turchia e isole greche per la Calabria (via mare): meglio il pericoloso mare in barche fatiscenti che via terra per entrare dal Friuli. Si gioca alla roulette russa con la propria vita. E quindi la conclusione che più mi ha scioccato: la scelta di localizzare i centri di identificazione in Albania è un formidabile deterrente. Se scappi dal centro di identificazione non trovi niente da mangiare e men che meno mezzi di trasporto. Una volta fuori, le forze dell’ordine albanesi mi dicono siano meno tolleranti delle nostre (anche per coprire le ritorsioni dei locali per piccoli furti di cibo per sopravvivere). Se poi capiti in mano alla criminalità albanese … il caporalato pugliese è un sogno. Chiudo con una chiosa: parlando con persone che vengono dall’Africa dell’ovest (Camerun, Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Ghana, ecc) mi hanno detto che per venire in Europa il problema è il visto, che le varie ambasciate NON rilasciano o lo fanno con difficoltà. I canali umanitari che la comunità di Sant’Egidio con fatica mette in campo, si limitano alle zone di guerra o per gli ingressi per motivi sanitari: non è poco, ma non bastano. I superstiti del naufragio sulle spiagge di Cutro in Calabria a febbraio di quest’anno, hanno a più riprese parlato di aver pagato 8.000 € (o dollari USA non fa differenza) per la traversata dalla Turchia e le isole greche per poi naufragare ed annegare di fronte alle nostre coste. Per queste persone significa aver rinunciato a tutto ciò che avevano, indebitarsi con loschi figuri e tagliarsi i ponti dietro le spalle rinunciando a qualsiasi paracadute in caso di insuccesso. Ho guardato in questi giorni per un viaggio oltreoceano: da 950 a 2.000 € andata e ritorno. Perché allora spendere delle fortune per viaggiare in barche insicure o pagare dazi di passaggio, quando si potrebbe prendere in sicurezza un aereo spendendo molto meno? L’Italia e l’Europa ti respingerebbero.L’Italia risolve così per sé e per l’Europa il problema della frontiera sud.

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