ELLY SCHLEIN SOTTO PROCESSO …ALLE INTENZIONI di Ennio Mora

di BorgoAdmin

 Intorno ad Elly Schlein si è scatenato un improvviso e stucchevole dibattito, riassumibile in alcune posizioni critiche oscillanti fra scetticismo, grilloparlantismo, pragmatismo e disfattismo. Parto dallo scetticismo di chi la vede inadeguata al ruolo, in grave difficoltà nel guidare un partito abbarbicato alle correnti di potere e dominato dai personalismi d’apparato. Come se la caverà? Riuscirà a spartire la torta con le nuove minoranze interne? Sarà in grado di varare un organigramma che accontenti gli scontenti, che recuperi l’ingombrante presenza della casta post-comunista? Avrà la freddezza di fare un bagno di gattopardismo e di continuismo per alleggerire la tensione di chi la vede come un corpo estraneo catapultato, non si sa come, al Nazzareno? E tutti sono in attesa del passaggio delle nomine interne per verificare la tenuta della svolta tanto auspicata quanto temuta. La storia di un partito non si fa con gli organigrammi, col bilancino del farmacista per evitare gli effetti indesiderati della cura, ma tant’è… Poi ci sono i grilloparlanti di sinistra e di destra. I primi la salutano come la salvatrice della patria sinistrorsa, i secondi come l’alter ego di Giorgia Meloni. Troppo di sinistra e antifascista la Schlein così come troppo di destra e neofascista Giorgia Meloni. E allora ecco pronti a partire in quarta i moderati, i centristi per lucrare dai due “troppo” ciò che deborda e accaparrarselo per riempire e portare ad ebollizione una pentola tutta da inventare, ma comunque da sperimentare nella cucina degli italiani. Ecco profilarsi lo sciacallaggio renzian-calendiano, che sente odore di sangue trasformista ed opportunista. E che dire dei rapporti tanto chiacchierati col movimento Cinque stelle? Dopo aver fatto il pieno dei piccoli orticelli di sinistra, nostalgici ed estremisti, con i grillini sarà confronto, dialogo, collaborazione o solo competizione nelle piazze e in Parlamento? Giuseppe Conte è un interlocutore credibile o uno strumentale rompiscatole? Vengono prima i programmi o le alleanze? Si pensi un po’: si getta Elly Schlein nel solito gran busillis dell’uovo e della gallina. Sarà poi capace di coniugare il movimentismo, il pacifismo, l’ecologismo, l’egualitarismo e l’antifascismo con la politica concreta fatta di tasse, di bilanci, di debito pubblico e di armi all’Ucraina? Ecco spuntare i pragmatici, quelli del laburismo e del riformismo senza lavoro e senza riforme. Le ideologie sono finite e non sarà certo Elly Schlein a reinventarle… La pace va bene, ma la guerra “quanno ce vo’ ce vo’”. Si tratta dello svaccamento pregiudiziale di chi osa provocare il cambiamento in nome di certi valori. Costoro la accusano, ancor prima della partenza, di sociologismo datato e di utopismo fragile: un modo elegante e raffinato per squalificare fin dal suo nascere una politica valoriale che rifiuti le botteghe più o meno oscure. Sarà in grado di fare sintesi fra le culture di sinistra socialista, laica e cattolica?. Come la metterà in materia di eutanasia, legalizzazione delle droghe leggere, diritto all’aborto, temi eticamente sensibili? Da una parte potrà contare sul dialogo con l’associazionismo cattolico, ma come se la vedrà con la gerarchia? Questa finisce col regalare una ulteriore fetta di mondo cattolico alla destra, spaventando il mondo clericale così sensibile a certi argomenti e così insensibile a certi altri argomenti: gli argomenti di Elly Schlein.

E arriviamo al disfattismo vero e proprio. Questa non è italiana, ha studiato in Svizzera, è figlia di papà e mammà, si è fatta negli Usa… Cosa potrà mai venirci ad insegnare? È una sinistrorsa da salotto sbrigativamente convertita alla piazza. Non sa nemmeno chi siano Moro e Berlinguer. Confonde la storia con la geografia. Vuole disfare la famiglia. Guarda soltanto ai diritti civili e se ne frega di quelli sociali. Si preoccupa degli omosessuali che fanno fatica a sposarsi e non guarda agli eterosessuali che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Dio ce ne scampi e liberi. In mezzo a questo crocevia di pregiudizi e di processi alle intenzioni non sarà facile destreggiarsi per Elly Schlein. Dovrà fregarsene, ma fino a che punto? Il nuovo piace fintanto che non disturba il vecchio. È pur vero che non è bene tutto ciò che è nuovo, così come non è male tutto ciò che è vecchio. Però impantanarsi in questa diatriba finisce col lasciare tutto com’è. Molti, quasi tutti, pensavano e temevano un congresso piddino fatto di chiacchiere e delle solite disquisizioni correntizie e dorotee. È successo qualcosa di molto diverso anche se ancora da scoprire fino in fondo. Non sarebbe meglio prendere atto con una certa soddisfazione di una novità prima di seppellirla sotto scetticismi, grilloparlantismi, pragmatismi e disfattismi?Il dibattito che si è aperto in concomitanza all’insediamento ufficiale degli organi direttivi del Partito Democratico mi auguro e spero che possa significare l’uscita dalla velenosa sagra degli equivoci per passare alla sincera battaglia dei chiarimenti e per arrivare ad un lavoro il più condiviso possibile a servizio di chi aspetta concretamente una politica “costituzionale” (gira e rigira lì andremmo veramente sul sicuro!).

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