OLTRE LA PROPAGANDA, LO STATO DI DIRITTO (E LA GERARCHIA DELLE FONTI) di Guglielmo Agolino

di BorgoAdmin
  1. Nel suo intervento del 28 settembre (“Migranti: realtà e propagandavedi) Lucia Mirti mi pare abbia toccato un nervo scoperto nella gestione, soprattutto attuale, del fenomeno migratorio. La coppia di lemmi “realtà” e “propaganda” aiuta a mettere a nudo l’approccio al fenomeno nell’attuale momento storico e politico. Difatti, la propaganda sul tema pare essere ancora il principale modo con cui vengono spesso veicolate le soluzioni quando si parla di esso. In fondo, anche la terribile tragedia di Steccato di Cutro lo dimostra. Il Governo ha prodotto un intervento normativo (il c.d. d.l. Cutro) che, spostando l’attenzione sui c.d. “trafficanti” ne ha polarizzato il dibattito, consentendo poi, nel merito, di celare quelle disposizioni che, senza alcuna correlazione con l’evento che aveva causato l’intervento legislativo, hanno inferto un duro colpo al sistema di accoglienza, sostanzialmente depotenziandolo. Anche le recenti dichiarazioni di costruire Centri per il rimpatrio in ogni Regione (CPR) con l’obiettivo di espellere il maggior numero possibile di persone in arrivo sono servite più a fini propagandistici, appunto, che solutori. Una simile proposta, infatti, si è subito scontrata con la realtà dimostrando, dati alla mano, come si tratti di una iniziativa impossibile da realizzare.

 

  1. Non ho lo spazio per poter soffermarmi qui su tutti i profili che propendono a far giudicare negativamente l’impianto del nostro sistema di accoglienza dopo il d.l. c.d. “Cutro” (su di essi, peraltro, l’intervento che citavo di Lucia Mirti ne riporta in sintesi i principali), ma vale la pena evidenziare come l’intervento del Governo, una volta uscito dall’agone politico ed entrato nella realtà e nella vita delle persone, abbia iniziato ad essere censurato dai giudici. Il Tribunale di Catania, in varie occasioni, non ha convalidato il trattenimento di alcuni cittadini tunisini, detenuti presso il nuovo centro di Pozzallo, disposto sulla base delle nuove procedure accelerate di frontiera (il c.d. “rimpatrio rapido”). In tale occasione, il giudice siciliano ha disapplicato la recente legislazione perché in contrasto col quadro normativo europeo, oltre che con la Costituzione italiana. Allargando lo sguardo, peraltro, anche la gestione esterna delle frontiere attraverso il memorandum d’intesa tra Unione europea-Tunisia, di cui il Governo italiano è stato uno dei principali autori, si sta mostrando in tutte le sue contraddizioni. Recentemente, a proposito di Tunisia, il Tribunale di Firenze ha accolto il ricorso di un cittadino tunisino, a cui Ministero degli interni aveva negato lo status di rifugiato, annullandone l’espulsione. Infatti, secondo il giudice fiorentino, considerare una volta per tutte la Tunisia Paese “sicuro” solo perché inserito dal Governo nella lista di tali Paesi, non tiene conto, ancora una volta, del quadro normativo europeo. La legislazione recente, dunque, va disapplicata. La Tunisia, si legge nella sentenza, alla luce della “grave crisi socioeconomica, sanitaria, idrica e alimentare” e tenuto conto della “involuzione autoritaria” e della “crisi politica in atto” non può essere considerata Paese sicuro. La situazione, continua il giudice, rende “obsoleta la valutazione di sicurezza compiuta a marzo dal governo italiano”. Fa riflettere, dunque, che proprio con l’attuale Governo tunisino guidato da Saied, il Governo italiano abbia promosso, congiuntamente alla Commissione europea, un accordo di gestione delle frontiere.

 

  1. Si tratta solo di due recentissimi esempi che mostrano come l’attuale indirizzo politico sul tema, facendo la tara tra propaganda e realtà, si frantumi alla prova dei fatti. Né il Decreto Cutro né l’esternalizzazione delle frontiere con la Tunisia hanno condotto ad azioni positive e utili di gestione del fenomeno. Servirebbero, al contrario, vie di accesso legali in Europa, una missione europea che impedisca la tragedia delle morti nel Mediterraneo e un vero investimento in integrazione attraverso il potenziamento del sistema di accoglienza in Italia (implementando il sistema SAI). Un approccio, purtroppo, che sembra ancora essere molto al di là da venire.

 

 

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