L’EFFICIENZA ENERGETICA DEGLI EDIFICI: UN QUADRO DI RIFERIMENTO EUROPEO di Nicola Dall’Olio

di BorgoAdmin

Si è molto discusso nei media nazionali sulla proposta di direttiva della Commissione Europea per l’efficienza energetica degli edifici. Alcuni esponenti del governo hanno dichiarato che gli obiettivi “imposti dall’Europa” andavano contro l’interesse delle famiglie italiane. In realtà è vero proprio il contrario e l’Italia ha sotto vari aspetti già anticipato diversi di questi obiettivi. Innanzitutto stiamo parlando di una proposta di direttiva, che non è ancora stata adottata come atto dell’Unione Europea e che dovrà comunque essere recepita dagli Stati Membri adattandola ai contesti nazionali. Questa proposta fa parte di un insieme molto articolato, e allo stesso tempo integrato, di provvedimenti legislativi che devono dare attuazione alla strategia europea conosciuta come Green Deal e contribuire anche agli obiettivi della legge UE sul clima di neutralità carbonica al 2050. Non si tratta quindi di un provvedimento a sé stante, ma di un pezzo di una delle politiche portanti dell’attuale Commissione. Nella proposta di direttiva troviamo infatti ripresi molto degli obiettivi generali del Green Deal: ridurre le emissioni, risparmiare energia, contrastare la povertà energetica, favorire la riqualificazione edilizia ed urbana, migliorare la qualità della vita, generare posti di lavoro e crescita economica. Il raffrescamento e il riscaldamento degli immobili incidono molto di più di quanto si possa pensare sui consumi energetici, sulle emissioni e sulla dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili. A livello europeo il settore edilizio contribuisce per il 40% dei consumi e il 36% delle emissioni. Il caro bollette di questi anni ci ha fatto anche capire quanto i costi energetici incidano sui bilanci familiari, specialmente di quelle meno abbienti. Ecco, quindi, l’esigenza di intervenire in modo organico e armonizzato a livello dei 27 paesi membri della Unione. Andando più nel dettaglio, la proposta, oltre ad uniformare e rendere obbligatoria la certificazione energetica degli edifici, prevede che dal 2030 tutti gli immobili di nuova costruzione dovranno essere a zero emissioni, con scadenza anticipata al 2027 per quelli pubblici. Per gli edifici esistenti viene richiesto agli Stati membri di mettere in campo interventi affinché gli immobili residenziali con le peggiori performance energetiche, ovvero quelli che rientrano nella classe G, siano portati in classe F entro il 2030 e in classe E entro il 2035. Per fare questo, gli Stati devono redigere dei Piani Nazionali di Riqualificazione degli Edifici che possono essere finanziati sia con aiuti e agevolazioni fiscali che con risorse europee provenienti dai Fondi strutturali, dal PNRR e dal Fondo Sociale per il Clima, un nuovo fondo dell’Unione dotato di 72 miliardi di euro.

Come sottolineato dal Prof. Giandebiaggi nel corso dell’incontro tenutosi nella sede del Borgo lo scorso 4 aprile, molte delle cose previste dalla proposta di direttiva si stanno già facendo da anni a Parma come in Italia, sia per gli edifici pubblici che quelli privati. Quello che viene richiesto dalla Commissione è che vengano fatte in modo pianificato a livello nazionale, in un quadro definito e stabile di regole, di aiuti e di obiettivi fissati a livello europeo. E forse è proprio questo ciò che non piace ad alcuni esponenti del governo, abituati a continui cambi delle normative, dei bonus e delle agevolazioni fiscali come si è visto con il 110%.  Va infine ricordato che la proposta di direttiva non è ancora legge e i suoi obiettivi potranno essere rivisti in funzione delle posizioni del Parlamento Europeo, che ha già votato lo scorso 14 marzo una versione ancora più ambiziosa rispetto a quella della Commissione, e del Consiglio UE, dove sono rappresentati gli stessi governi nazionali. Siamo ora nella fase di confronto tra le tre istituzioni, conosciuta come trilogo, che dovrebbe portare all’approvazione del testo definitivo entro la fine dell’anno.

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