FACCIAMO RUMORE PERCHÉ SIAMO MAREA: COMMENTO SUL 25 NOVEMBRE di Andrea Bernardo, studente BorgoLab

di BorgoAdmin

Prima di raccontare cosa ha rappresentato e cosa rappresenta per me il 25 novembre, vorrei fare una piccola premessa, a tutte le lettrici e lettori, che ritengo molto importante: essendo io un giovane uomo, non posso e non potrò mai comprendere a pieno cosa rappresentino davvero, sulla propria pelle, molte delle forme di violenza che migliaia di donne subiscono ogni giorno nella propria quotidianità; posso solo immaginarlo e prenderne atto. Non voglio dire che un uomo non possa esprimersi su questo tema, anzi, è fondamentale che anche gli uomini diventino parte attiva di un cambiamento radicale. Quello che voglio dire è che gli uomini devono sforzarsi di capire e restare ad ascoltare le donne su un problema che vivono a stretto contatto con la propria quotidianità, meritando un’attenzione in più. È indispensabile che gli uomini restino ad ascoltare, comprendere il più possibile e fare propri il dolore e la frustrazione quotidiana che vivono milioni di donne in tutto il Paese. Empatizzare il problema e non esprimere con invadenza il proprio pensiero, sono due requisiti indispensabili. Il 25 novembre è stata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, e come ogni anno, a Parma come in buona parte del mondo, le piazze si sono tinte di rosso. In Italia il rosso di quest’anno è stato particolarmente intenso, segnato dalla rabbia di migliaia di donne che hanno la chiara volontà di cambiare una società imbevuta da secoli di maschilismo, disuguaglianze e violenza di genere; insieme a loro, migliaia di uomini, soprattutto giovani. La violenza sulle donne rappresenta una piaga dilagante nel nostro Paese, con oltre 100 donne e ragazze uccise dall’inizio del 2023; tra di esse, la giovane Giulia Cecchettin, i cui funerali si sono svolti il 5 dicembre, presso la Basilica di Santa Giustina a Padova.

La cronaca ha già dato ampio spazio alle dinamiche che hanno portato al suo omicidio, molto spesso dedicando anche fin troppo tempo al suo carnefice ed ai motivi per i quali questo abbia agito in quel modo. La risposta in realtà è molto semplice, e come in tutti i casi di femminicidio, si tratta del Potere. Ebbene sì, di potere. Il potere di abusare di un privilegio concesso dalla nascita da un modello di società maschilista, il potere di arrogarsi il diritto di decidere sulla vita di un’altra persona perché la si ritiene una proprietà personale inviolabile; il potere di mettere a tacere una voce diversa dalla propria perché la si ritiene come un qualcosa di meno. Per essere brevi, è il potere di essere uomini in un Paese come l’Italia, che nonostante abbia fatto enormi passi avanti in materia di eguaglianza di genere, resta ancora due o tre gradini sotto ciò che dobbiamo pretendere come accettabile. La violenza di genere è un’erbaccia davvero complessa da estirpare, e questo a causa della sua natura multiforme. La violenza fisica è solo la punta dell’iceberg in mezzo ad un mare pieno di ignoranza personale e collettiva, di dogmi culturali e religiosi secolari, della mancanza di un’educazione sessuale ed affettiva proposta dal sistema pubblico di istruzione e formazione, di stereotipi che causano disparità salariali ed economiche, dell’assenza o della presenza scarsa di forme effettive di tutela per chi ha il coraggio e la forza di denunciare il proprio aggressore, e di altre decine di variabili. Tutto questo causa violenza psicologica, violenza morale, violenza culturale, violenza economica e violenza di Stato. Quando lo Stato giustifica, minimizza o non affronta come dovrebbe il problema, allora è complice della violenza e dell’abuso di potere di un uomo su una donna; questo, in quello che dovrebbe essere uno Stato di diritto come il nostro non può più essere accettato nel 2023, non dopo il sacrificio di migliaia di donne e l’operato di centinaia di attiviste/i.

Il nostro Paese non può più essere complice del patriarcato che per secoli ha dominato la nostra cultura, deve reagire. Per questo condivido le parole spese qualche tempo fa da Elena Cecchettin, sorella di Giulia, e dico a tutte/i voi che state leggendo, “per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”. Non è un invito all’anarchia o alla violenza, come è stato dipinto da certi personaggi della politica italiana, bensì è un invito ad essere rivoluzione e cambiamento e a non accettare più un minuto di silenzio come risposta al problema. A nome di tutte le donne, penso di poter affermare che siamo stufe/i di questa risposta. Siamo stufe/i dell’ipocrisia di Stato e di tutte quelle parole vuote che svaniscono con un battito di vento e riaffiorano solo quando c’è da cavalcare l’onda elettorale. Siamo stufe/i di vivere le nostre vite nella paura, nella paura di non poter vivere serenamente una libertà che ci è dovuta e che abbiamo conquistato con le lacrime e con il sangue. Siamo stufe/i dell’abuso di parole vomitate in maniera impropria, così come di tutte quelle azioni e comportamenti che non vengono richiesti. Siamo stufe/i di dover piangere la morte o l’abuso su di una nostra parente, amica, collega o conoscente. Siamo stufe/i di sentirci sbagliate/i, inopportune/i o colpevoli quando la responsabilità non è la nostra, perché non c’è nulla di sbagliato nel voler essere libere/i di vestirsi come ci pare, divertirsi come e con chi ci pare, di amare o non amare, chi ci pare. Siamo stufe/i di questo modello di società patriarcale, in cui anche gli uomini sono messi alla gogna se non dimostrano di essere “abbastanza uomini”.  E’ per questo che il 25 Novembre dovrebbe essere considerato non come un momento di parte, ma di condivisione. Donne e uomini devono unirsi e lavorare insieme per cambiare la società, devono unirsi in un unico coro ed essere marea contro la violenza. Vorrei chiudere questo messaggio con alcune delle parole pronunciate in un discorso del 2017 da Luciana Littizzetto a “Stasera CasaMika” proprio su questo tema. Personalmente ritengo Luciana Littizzetto, che da sempre tratta con un occhio di riguardo il problema, un esempio prezioso di cambiamento ed un vulcano di rivoluzione di colta ironia: “Quando una donna dice NO, è NO. Può aver detto sì a 99 uomini e voi siete il centesimo, ma è NO lo stesso. A qualunque età, in qualunque luogo e con qualunque tasso etilico (…) Nessuno ti dà il diritto di toccarla, di abusarla e violentarla solo perché tu sei più grosso, più forte od hai più potere. Quando una donna dice NO, è un NO, esattamente come quando lo dice un uomo. Aggiungo, non c’è scritto da nessuna parte che una donna per non subire violenze debba essere un modello di virtù, purezza e buon senso (…)Se voglio essere puttana, devo decidere io con chi, e non sei certo tu a costringermi”. Come dimostrerebbe la giovane Marcella di “C’è ancora domani”, il film di Paola Cortellesi, siamo ancora in tempo per cambiare.

 

 

 

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4 commenti

Thai 12 Dicembre 2023 - 7:36 pm

Complimenti per l’articolo, condivido appieno tutte le considerazioni fatte 👏

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BorgoAdmin 29 Dicembre 2023 - 8:41 pm

Grazie del tuo commento, Andrea! Se ti va e non lo hai ancora fatto puoi iscriverti in un click qui per cominciare da subito a ricevere le prossime uscite di BorgoNews. Buon anno!

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Sam 12 Dicembre 2023 - 7:37 pm

Sono contenta che un giovane uomo (e mio grande amico) si sia preso la responsabilità di fare un commento, tra l’altro ben costruito, su un tema così forte e importante. Complimenti ❤️

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BorgoAdmin 29 Dicembre 2023 - 8:46 pm

Grazie del tuo importante commento, Samantha! Se ti va e non lo hai ancora fatto puoi iscriverti in un click qui per cominciare da subito a ricevere le prossime uscite di BorgoNews. Buon anno!

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