LE INCOGNITE DEL PROGRAMMA ECONOMICO DEL NUOVO GOVERNO di Alfredo Alessandrini

di Redazione Borgo News

Il nuovo Governo di centro destra non si è ancora insediato ma è già al lavoro con il Governo Draghi per il difficile e laborioso passaggio di consegne, I fronti aperti sono relativi alla pesante crisi italiana prevista per il 2023 e agli interventi dell’Unione Europea che però hanno delle condizionalità. Partiamo dalla BCE: uno dei problemi che potremmo avere nel 2023, peraltro già presente ora, è quello di uno spread elevato. Ebbene, la BCE ha predisposto un scudo per proteggere lo spread dalla speculazione. Tutto risolto? No in quanto  Christine Lagarde ha precisato in modo chiaro che lo scudo entrerà in funzione solo per i Paesi che seguiranno quattro criteri: “rispetto delle regole di bilancio U.E., assenza di gravi squilibri macroeconomici, sostenibilità del bilancio e politiche macroeconomiche solide e sostenibili”. Naturalmente questo richiamo  alle regole pare essere accolto  dalla Presidente del Consiglio in pectore. Ecco perché Giorgia Meloni, in questa fase, si muove sulla linea del Governo Draghi con riferimento al Piano ulteriore di aiuti a imprese e famiglie per far fronte al drammatico aumento dei costi energetici da realizzare senza scostamenti di bilancio, in difformità dalle richieste della Lega di un decreto in extra-deficit. Reggerà la posizione della Meloni di predisporre il nuovo decreto aiuti senza ricorrere a nuovo debito pubblico? Partiamo da qui per capire come la squadra economica del futuro Governo potrà ricercare i famosi 20 miliardi di intervento a favore di imprese e famiglie per ridurre il peso delle bollette:  innanzitutto c’è il tesoretto lasciato dal Governo Draghi di quasi 10 miliardi dovuti alle entrate fiscali straordinarie legate al prezzo dell’energia. Sul tappeto ci sono anche i fondi strutturali non spesi e non impegnati. Ma cambiare la loro destinazione è un’operazione quasi impossibile. Quindi il problema del reperimento dei fondi per il nuovo decreto aiuti è ancora da risolvere.

Spostandoci al quadro macroeconomico, il Governo Draghi lascia una situazione dell’ultima parte dell’anno un poco migliore del previsto. Nella Nota di aggiornamento al DEF del 2022 il PIL è previsto, per l’anno in corso, al 3,3% in leggera crescita rispetto al 3,1% previsto dal DEF. Anche gli altri due dati significativi, il deficit sul Pil e il debito sul PIL sono in miglioramento. Il deficit sul PIL è previsto al 5,1% e il debito sul PIL al 145,4%. Quindi il nuovo Governo parte da una situazione di bilancio lasciata dal precedente Governo in equilibrio.  Ecco spiegata la ragione di non ricorrere all’extradeficit da parte della Meloni, per  non allarmare i mercati e quindi non peggiorare ulteriormente il livello dello spread e  dei tassi del nostro debito pubblico. C’è un dato preoccupante in questo scorcio di anno: è il livello raggiunto dall’inflazione che  nella U.E. ha superato il 10% e in Italia  8,9% . Un dato altissimo che non si vedeva da decenni che mette in condizioni di grande sofferenza le imprese e in una situazione drammatica un grande numero di famiglie. Ecco perché, nonostante l’ultimo decreto aiuti ter di Draghi di 14 miliardi, il nuovo Governo dovrà predisporre subito un nuovo Decreto.

L’ultimo tema che tocchiamo è quello dei tassi. La politica monetaria della BCE è stata molto più prudente della Federal Reserve.  E a nostro avviso ha ragione la BCE a muoversi limitando gli aumenti di tassi in quanto questa è un’inflazione da costi (soprattutto dell’energia) e non tanto da domanda e un aumento eccessivo dei tassi  produrrebbe una ulteriore frenata per l’economia. Già oggi l’aumento dei tassi porterà ad un costo per interessi sul debito pubblico del 3,9% del PIL . Ricordiamo solo che per il 2023 la Nota di aggiornamento al DEF prevede, nell’ipotesi peggiore, un  PIL allo 0,1%, che significa crescita pari a zero e quindi risorse che mancano anche per gli interventi pubblici.L’unico dato positivo potrebbe essere una netta diminuzione dell’inflazione anche con il beneficio del tetto del prezzo del gas naturale; ma questo ultimo  tema è ancora in discussione a livello U.E.

Come possiamo vedere una situazione molto difficile, con una stagnazione in vista e la necessità di sostenere l’economia sia dal lato dei contributi a famiglie e imprese per il caro energia ed anche dal lato degli investimenti pubblici per attivare la ripresa economica. Queste sono a nostro avviso le ragioni che spingono il futuro Governo a non discostarsi, almeno per il momento iniziale della sua attività, dall’impostazione  del Governo Draghi. Poi vedremo la linea vera che prenderà  la politica economica del nuovo Governo.

 

 

 

 

 

 

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