MA C’È UNA VISIONE IN QUESTA POLITICA ECONOMICA?    di Alfredo Alessandrini

di BorgoAdmin

I provvedimenti economici che riguardano il Governo vanno analizzati alla luce del fatto se creano valore. Vi pare che la rottamazione delle cartelle, assieme agli altri condoni di fatto anche se con altre definizioni, creino valore? E la scelta di aumentare i limiti dell’uso del contante in che senso va? Sono tutte misure che di fatto non vanno verso una forma di educazione del cittadino all’importanza del pagamento delle tasse e non contribuiscono certo alla lotta all’evasione fiscale. La risposta alle domande precedenti  è che queste misure, oltre agli aspetti etici visti più sopra, anche dal punto di vista economico non creano valore.

Il nostro Paese, con un debito sul PIL che viaggia oltre il 144%, come indicato nel DEF, e un  deficit annuo al 4,5%, non si può permettere di utilizzare risorse senza alcun ritorno di aumento di valore. Così come la flat tax per le partite IVA, che gli osservatori non di parte giudicano non in linea con il senso della progressività di cui parla la Costituzione, oltre a non essere equa verso i lavoratori dipendenti. Così come preoccupa la scelta di ridurre le risorse destinate alla sanità. Vanno invece considerati scontati i contributi per calmierare i costi delle bollette, che invece sembrano diventare una bandiera. Per fare un altro esempio di provvedimenti affrettati possiamo vedere la grande confusione sui crediti d’imposta per l’edilizia.

Se passiamo a considerare i rapporti con l’Europa, possiamo notare tutti la difficoltà del negoziato in corso. Dal dossier sui migranti, a quello dei motori green, a quello del PNRR, a quello del fondo per il sostegno  all’industria, a quello del Meccanismo Europeo di Stabilità, a quello fondamentale per il nostro Paese, fortemente indebitato, del Patto di Stabilità e Crescita sono aspetti, fra di loro correlati, che il Governo deve affrontare con la Commissione Europea.

Veniamo ora al DEF approvato dal Governo, che verrà sottoposto alle verifiche della Commissione Europea. Prescindendo dal fatto che da fonti dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio la versione attuale è già stata emendata rispetto a quella originaria, è comunque importante vedere, in estrema sintesi, le criticità del documento. La scelta di intervenire sul cuneo fiscale è giusta ma limitata in quanto prevede cifre modeste di aumento dei salari che non compensano gli aumenti di costo dovuti all’inflazione e quindi non danno stimoli alla domanda interna. Mancano indicazioni strategiche sulla transizione ambientale e digitale. Manca una strategia di politica industriale e sociale. Su questi punti un contributo essenziale verrebbe dalla piena attuazione del PNRR ma i ritardi sono tali da rendere praticamente impossibile il raggiungimento degli obiettivi. Il Sole 24 ore riportava il giorno 14 aprile scorso che nel 2022 gli investimenti finanziati con il PNRR sono stati 4 miliardi contro i 18 previsti nel DEF 2022. E il DEF 2023 è stato costruito  sulla base della “piena e tempestiva realizzazione dei progetti del PNRR”. Comprendiamo benissimo come l’ipotesi di un PIL 2023 dell’1% sia ancorata a previsioni che non si realizzeranno facilmente. E’ meglio allora  ancorarsi alla previsione del  PIL per i nostro Paese del FMI dello 0,7%. Se così sarà, è ovvio che mancheranno risorse stimate nel DEF sulla base della crescita del PIL all’1%. Quindi la carenza di visione evidenziata in premessa a maggior ragione viene confermata. La politica economica, per essere tale, deve avere un senso, una strategia, appunto una visione e non seguire le spinte popolari del momento e le misure elettorali.

In estrema sintesi la politica economica deve essere strategica, in grado di rispondere ai problemi dell’oggi ma orientata al futuro, e non semplicemente tattica.

 

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