“IL GOVERNO DEI GIUDICI” DI SABINO CASSESE: LE RIFLESSIONI DI DIVERSE VOCI  di Alessia Depietri

di Redazione Borgo News

Enucleare le criticità del sistema giustizia affinché possano essere trovate valide soluzioni e, per l’effetto, il rapporto tra società e ordinamento giuridico possa uscirne rafforzato: questo il filo conduttore del webinar in cui è stato presentato “Il governo dei giudici”, volume del Prof. Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale. L’incontro è stato caratterizzato da un dialogo a più voci, aperto dai saluti di Francesco Vetrò, Ordinario di Diritto amministrativo all’Università di Parma, e di Simona Cocconcelli, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Parma, nonché dalla preziosa introduzione di Monica Cocconi, Delegata del Rettore all’anticorruzione e alla trasparenza, Responsabile scientifica dell’Osservatorio Permanente Legalità. Prendendo le mosse da diversi angoli visuali, i relatori hanno offerto significative riflessioni incentrate sul ruolo della magistratura, sulla necessità della sua indipendenza, sull’evoluzione del principio di separazione dei poteri nonché sulle difficoltà dell’amministrazione della giustizia, avvinta da un contenzioso sovrabbondante.

Margherita Ramajoli, Ordinaria di Diritto amministrativo all’Università Statale di Milano ha dedicato particolare attenzione al fenomeno della tracimazione di potere dei giudici, con l’intenzione di declinarne le cause, esterne ed interne. Dal lato esterno, il quadro normativo ipertrofico e dai significati ambigui determinerebbe un accrescimento della discrezionalità del potere giudiziario. Dal lato interno, contribuirebbero a questa dilazione quelli che la professoressa ha etichettato “meccanismi para-parlamentari del CSM” (tra questi, la relatrice ha incluso gli incarichi extra giurisdizionali cui i magistrati possono essere autorizzati e le figure dei magistrati ministeriali, transitoriamente dipendenti dal potere esecutivo).

Marco Imperato, magistrato della Procura di Bologna, ha sottolineato come la soluzione a queste criticità possa raggiungersi attraverso riforme organiche che, in concreto, facciano dei principi di indipendenza e separazione dei poteri una costante irrinunciabile. Sul punto, rimarca Imperato, l’Associazione Nazionale Magistrati, si è dichiarata più volte favorevole ad evitare il sistema delle cosiddette “porte girevoli” di magistrati che ricoprono incarichi politici ma, ad oggi, manca la risposta del Legislatore. L’indipendenza e l’autonomia della magistratura fungono da baluardo affinché la collettività possa vedersi garantito un servizio equo e di qualità, anche quando le indagini e i processi vertono su corruzione, criminalità dei colletti bianchi e altri reati del potere.

A chiudere, l’incisivo intervento del Professor Cassese. L’autore ha tracciato gli aspetti peculiari della giustizia in Italia, caratterizzata da una dilatazione del ruolo dei giudici e da un sistema giudiziario che presenta profili di inefficacia. Le criticità di tale sistema devono diventare protagoniste di un’attenta attività di analisi, affinché giustizia e società possano trovare una nuova sintonia. A tal proposito, occorre muovere dal preliminare studio di dati forniti dagli operatori del settore; dati che, per quanto essenziali, debbono essere interpretati e filtrati alla luce delle dinamiche concrete dell’ordinamento. Ad oggi – sostiene Cassese – la magistratura italiana necessita di una nuova cultura organizzativa capace di svolgere attività di analisi rispetto ai flussi di procedimenti, alle richieste di giustizia e ai rapporti tra società e giustizia. Solo lo studio completo, ragionato e trasversale di un fenomeno, infatti, permette di enuclearne le zone di ombra e di luce. E solo dopo avere inquadrato il problema risulta possibile individuare soluzioni pertinenti ed efficaci. Abbozzare risposte senza avere chiare le corrispondenti domande risulta pericoloso, inefficace e illogico. Adottare questo metodo di analisi al sistema giustizia nel suo complesso è di fondamentale importanza perché il diritto non vive solo nelle norme, ma nella realtà che si legge nelle decisioni dei giudici. E proprio queste ultime costituiscono la struttura di chiusura dell’ordinamento giuridico. Il diritto, infatti, è caratterizzato da una natura performativa, come la musica. E se la legge fornisce lo spartito, quest’ultimo viene performato dall’interprete, primo tra tutti il giudice. Stella polare di questo iter necessario è il principio di indipendenza, da intendersi come scudo dal rischio che le influenze esterne possano ledere l’imparzialità della magistratura e non come autogoverno.

L’evento è stato coordinato da Elia Minari, coordinatore dell’Osservatorio Permanente Legalità dell’Università di Parma.

 

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