Il dibattito sul cattolicesimo democratico dopo l’elezione di Mattarella

di Redazione Borgo News

L’incontro promosso dal MEIC di Parma – che ha visto una partecipazione di tutto rispetto – è stato introdotto da Davide Tondani, che collabora nel tempo libero con il giornale cattolico “Corriere Apuano”; proprio i contenuti di un suo editoriale, che ha poi sintetizzato nel corso della sua introduzione, sono stati lo spunto di partenza per il confronto.

Tondani ha scorso sinteticamente quelle che a suo modo di vedere sono le caratteristiche di fondo dei cattolici democratici, tra i quali l’accettazione del pluralismo, la consapevolezza di essere una parte (sia della società che dei cattolici stessi), la santificazione laicale del mondo assumendosi proprie responsabilità e in autonomia, il pieno rispetto delle istituzioni rappresentative in cui si compongono i diversi interessi, il superamento di un’idea esclusivamente clericale della Chiesa. Essi sono stati in qualche modo precursori del concilio e poi interpreti di esso. Tra i riferimenti citati da Tondani, Sturzo, De Gasperi, Bachelet.

Negli ultimi anni, secondo Tondani, i cattolici democratici hanno “trovato casa” soprattutto nel PD, riscontrando in questa formazione alcuni valori di fondo come il primato della persona, la pace, la giustizia sociale. Ma si è avuta l’impressione di un “silenzio” di questa componente nell’ambito politico , della mancanza cioè di prese di posizioni più evidenti su alcuni temi sensibili: innanzitutto la Costituzione, che dovrebbe essere riformata dal Parlamento e non su input del Governo, la riforma del lavoro e le modifiche allo Statuto dei lavoratori, il problema del “trattamento” riservato dal Governo ai sindacati, l’idea di Europa (quella finanziaria o quella dei popoli?). L’elezione di Mattarella è quindi un ottimo risultato ma da sola non è sufficiente.

Altrettanto silenti sono parsi i cattolici democratici a livello ecclesiale: secondo Tondani, è mancato finora un sostegno più esplicito delle associazioni che più sono vicine a questo mondo, come l’Azione Cattolica, ai passi coraggiosi fatti da Papa Francesco nel segno della sinodalità e del “parlare con franchezza e ascoltare con umiltà”. E’ vero che gli ultimi due Papi prima di Francesco hanno privilegiato il laicato meno identificato con i “cattolici conciliari” ed è vero che la gestione della CEI negli ultimi 20 anni ha “fiaccato” la spinta al protagonismo dei laici, ma occorre che essi riprendano vigore in sintonia con i cambiamenti propugnati da questo pontefice.

Per evitare di rimanere “afoni” in politica – ha concluso Tondani -, occorre che il compromesso sia accompagnato da una forte spiritualità e capacità di discernimento, non dimenticandosi da dove si viene e chi si è. Essere, insomma, evangelicamente. lievito e sale, che non si “vedono” ma “si sentono” : non quindi ricerca di visibilità ma nello stesso tempo capacità di contributi “di sostanza” in grado di incidere sulle scelte comuni.

Il primo intervento programmato è stato quello di Carla Mantelli, che ha fatto tre premesse: evitare il rimpianto per i “bei tempi andati”; consapevolezza che i cattolici sono una minoranza e i cattolici democratici una piccola parte di questa minoranza; il cattolicesimo non è più al centro della discussione pubblica e non è detto che ciò sia un male.

Sul piano politico, qualche segno di una presenza c’è stata: dall’operazione “Mare Nostrum” voluta da Enrico Letta, al semestre italiano di Renzi con una correzione di rotta dell’UE rispetto alla sola austerity, fino alle prese di posizione di Rosy Bindi che ha partecipato alle manifestazioni contro il Jobs Act.

Esiste infine la rete Costituzione, Concilio, Cittadinanza (c3dem) che mette in campo riflessioni e proposte, solo che esse non hanno “palcoscenico” e non trovano per ora l’ascolto che meriterebbero.

La scarsa “rilevanza” dei cattolici democratici – se così la si può definire, visto che comunque ci sono diversi di questi con importantissime funzioni pur essendo questo “mondo” minoritario – dipende più che altro da chi li dovrebbe ascoltare, più che dalla loro “assenza”, considerato che ci sono realtà molto attive e non mancano fermenti. Anche nella Chiesa, la Gerarchia spesso non considera le opinioni dei laici e nella stessa comunità cristiana si ha molto timore del pluralismo politico e del libero confronto delle opinioni.

La parola è passata quindi al secondo intervento programmato, quello di Guido Campanini. Molti osservatori hanno ravvisato nell’elezione di Mattarella l’attualità della presenza e del pensiero cattolico democratico. E’ possibile che in questa fase la sensibilità personale possa essere più in grado di incidere rispetto a tentativi di “unitarietà” dei cattolici democratici stessi.

In effetti, ancora nel 1985, al convegno ecclesiale di Loreto, Papa Giovanni Paolo II sottolineava la “lunga tradizione unitaria dei cattolici italiani”. In realtà, già negli anni ’70 il pluralismo delle scelte politiche era stato teorizzato anche se poco praticato; mentre negli anni ’90 è stato ampiamente praticato ma non teorizzato; non c’è stata cioè un’ elaborazione profonda in merito a questa nuova situazione. Occorre perciò una riflessione più matura sul pluralismo dei cattolici e su come agire nell’ambito politico.

Il terzo intervento programmato è stato quello di Corrado Truffelli, che si è detto contentissimo dell’elezione di Mattarella: essa però riguarda la persona e non va confusa come una scelta su larga scala a favore del pensiero cattolico-democratico. Peraltro, non tutti hanno applaudito, come nel caso di Luca Diotallevi, che ha scritto sul Corriere della Sera un commento critico al discorso di insediamento di Mattarella.

Truffelli ha quindi proposto alcune piste di lavoro.

Innanzitutto, occorre una rilegittimazione della politica: la politica è sempre stata criticata ma negli ultimi anni la delegittimazione ha raggiunto livelli mai visti. Peraltro, l’insufficienza che viene attribuita alla politica dovrebbe essere estesa anche ad altri corpi intermedi, come le organizzazioni del mondo agricolo, artigianale, commerciale e tocca persino settori fondamentali dello Stato come la Magistratura. Anche il ruolo del sindacato va profondamente ripensato.

Riguardo alle riforme costituzionali, il problema è che il Parlamento non vuole fare le riforme e quindi si attuano forzature: ancora prima del merito delle riforme, sarebbe necessario avere almeno la base di consenso sul fatto che le riforme vadano fatte.

A livello ecclesiale, il tema centrale non è il “contrasto” tra chierici e laici ma è quello di costruire un’opinione pubblica. L’altra questione problematica è la tendenza a rifugiarsi nel frammento, in una sorta di “moderne catacombe”, mentre è quanto mai necessaria una presenza dei laici più forte numericamente e più organizzata.

In conclusione, se si vuole rifondare una presenza dei cattolici democratici nella vita pubblica, occorre affrontare il tema del rapporto tra cristianesimo e cultura/società, abbandonando tutti gli approcci devozionali e apologetici, in cui l’obiettivo, invece della ricerca della verità, si riduce alla difesa di quella verità che pensiamo di avere.

Vivace il dibattito, difficilmente sintetizzabile; solo alcuni spunti.

Il Movimento per l’unità proposto dai Focolari – ha detto Daria Jacopozzi – riesce a far incontrare politici cattolici presenti in formazioni diverse; ma sembra più difficile fare lo stesso a livello “di base”, mentre ci vorrebbe questo impegno da parte di tutti.

Don Umberto Cocconi si è chiesto perché i laici non abbiano un ruolo più incisivo attraverso gli strumenti di partecipazione esistenti, come il Consiglio Pastorale Diocesano e la Consulta delle aggregazioni laicali (da diverso tempo non convocata).

Per Geremia Gennari, occorre elaborare idee e proposte concrete sui problemi più attuali: il tema centrale, oggi, è la redistribuzione del reddito, perché troppo ampia è la distanza tra i pochi che hanno molte risorse e i tanti che ne hanno pochissime.

Per Pietro Baga, l’elezione di Mattarella dimostra che qualcosa di positivo nel cattolicesimo democratico è andato avanti nonostante il lungo periodo berlusconiano. Oggi diventa importante misurarsi sulle modalità con cui Renzi sta interpretando la spinta all’innovazione.

Luigi Delendati ha evidenziato il rischio, nella comunità cristiana, di una chiusura in piccoli circoli autoreferenziali, in contrasto con l’invito di Papa Francesco a una “Chiesa in uscita”.

Per Giuseppe Bizzi non bastano gli strumenti e i luoghi (anche a livello ecclesiale) se non c’è un investimento sul piano esistenziale e una spinta ideale. Per i cattolici democratici la spinta viene dalla Costituzione e dal Concilio; e quindi le riforme costituzionali in atto destano qualche preoccupazione. Se è vero che servono pensiero forte e strumenti agili, Renzi dimostra di avere capacità sul secondo aspetto ma non sul primo.

Sandro Campanini

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