ERO BUZZIANO, ANZI, LO SONO ANCORA ! di Ennio Mora – 2^ parte

di Redazione Borgo News

SINISTRA D.C.

Ritornando a Corazza, Buzzi mi aveva ricordato soprattutto che il giovane Corazza, pur essendo critico verso il partito popolare, né aveva accettata la rappresentanza in Consiglio Comunale.
E qui vorrei soffermarmi brevemente per sottolineare un aspetto della vita politica di Carlo Buzzi sul quale si tende a sorvolare forse in base allo stile cosiddetto “politicamente corretto”.
Mi riferisco alla sua collocazione nell’ambito della D.C. a livello nazionale, regionale e provinciale: una presenza molto critica, di minoranza, di sinistra, di testimonianza, di pulizia morale. Buzzi non ebbe mai paura di essere minoranza anche se ciò costava a lui ed al gruppo che a lui faceva riferimento. Sapeva fare opposizione all’interno del partito, si scontrava con durezza richiamandosi agli ideali, non accettava la gestione del potere per il potere: non posso dimenticare certi suoi interventi infuocati nei congressi, nei comitati, nei convegni. Era un uomo mite ma un politico coraggioso e coerente.
Ricordo quando qualche suo “amico di corrente” (ebbi infatti per diversi anni l’opportunità’ di partecipare al comitato di coordinamento della sinistra D.C. parmense di “Forze Nuove”) lo rimproverava di non tenere rapporti lobbistici con gli ambienti confindustriali parmensi: Buzzi rispondeva che non aveva mai rifiutato il dialogo a nessuno, ma da qui ad instaurare rapporti preferenziali o cose del genere……….
Atteggiamenti che qualcuno definiva esagerati, puritani, ma che io, molto modestamente, giudico più che giusti anche se gli crearono rischi di emarginazione,di poca considerazione sui media locali etc.
Certamente Buzzi non era interlocutore dei cosiddetti poteri forti, a nessun livello.
Ma vorrei spingermi oltre per ribadire, quasi con spietatezza, l’essenzialità della leadership buzziana nella sinistra D.C. parmense: riconosco come il tramonto di tale leadership abbia segnato la fine della sinistra D,.C. a Parma, la sua perdita di mordente e di incisività, il suo sostanziale snaturamento, il suo inserimento in una linea di moderatismo possibilista e perbenista, rispettabile ma assai lontano dalle sue spinte ideali.
La fine della vita parlamentare di Buzzi, sia dovuta a calcoli politici faziosi (un ostacolo in meno per l’imperante doroteismo democristiano e non) o a considerazioni socio – politiche di maniera (ricambio generazionale), è un fatto molto negativo per la politica parmense e non solo parmense.
Ricordo l’entusiasmo con cui Buzzi aveva accettato l’ultima candidatura: era contento come se fosse la prima volta che provava ad entrare in parlamento. Ebbi occasione di percorrere insieme a lui un tratto della centralissima Via Mazzini e fra i tanti saluti cordiali che raccoglieva ve ne fu uno molto significativo, che recitò più o meno così: “Non preoccuparti Carlo se sei in parlamento da tanti anni, le persone come te è meglio che ci rimangano, magari per tutta la vita”. Lascio all’immaginazione la reazione del senatore Buzzi: un misto di incredulità, soddisfazione, serenità, entusiasmo.
Quando venne il momento accettò l’esclusione con grande eleganza. Qualcuno disse che non era stato capace di creare un ricambio, che aveva personalizzato troppo la leadership: le solite cavolate dei grilloparlanti. Buzzi, lo dico per esperienza diretta, non ha mai chiuso od ostacolato la carriera politica a nessuno, semmai a volte eccedeva nel mettere in discussione la sua leadership. In questa città, che dorme fra due guanciali, nessuno è stato in grado di raccogliere il testimone di Buzzi.
Non voglio mancare di rispetto a coloro i quali subentrarono a lui nella guida della sinistra D.C., per i quali ho nutrito anche qualche iniziale illusione: ricordo di avere tentato, assieme ad alcuni amici, un rientro in chiave fortemente critica a metà degli anni ’80, ma ormai era tardi. Mi sia consentito rammentare, in riferimento a quella circostanza, la perdita di memoria storica da parte di molti sedicenti democristiani di sinistra, la preoccupazione dei nuovi leader nell’ascoltare discorsi di forte rottura, mentre Buzzi, non più senatore, non comprendeva i timori e l’ansia equilibrista della nuova dirigenza.
Fu per me la fine dell’impegno nella D.C. e nella sinistra D.C., preludio all’abbandono del partito allorquando si instaurò la segreteria nazionale di Arnaldo Forlani; ero stato facile profeta di un degrado del partito democristiano che portò alla debacle.
Ebbene, ritornando definitivamente a Ulisse Corazza negli azzeccatissimi richiami Buzziani, erano state toccate le corde giuste, era stata vinta la mia riottosità: accettai la candidatura e Buzzi, ovviamente, ne fu più che soddisfatto. La campagna elettorale fu molto positiva, impostata e vissuta nei rapporti con le persone, casa per casa, con grande slancio: Buzzi mi conosceva molto bene e sapeva che, così come ero e sono restio nell’accettare una proposta, una volta convinto, andavo e vado fino in fondo. E così successe nel 1975, con un risultato buono (oltre 700 preferenze), considerato il contesto ed il sistema elettorale di quei tempi, ma non sufficiente per ottenere l’elezione. Questo però è tutto un’altro discorso.

IL DOPO D.C.

E nel dopo D.C. come fu il mio rapporto con Carlo Buzzi?
Ovviamente furono molto più limitate le occasioni di incontro.
Sapevo che Buzzi continuava ad impegnarsi, anche senza incarichi istituzionali, nel partito della democrazia cristiana, nel partito popolare poi, infine nella Margherita.
Mi stupivano, seppure a distanza, la sua umiltà e la sua perseveranza: la politica intesa come servizio era in lui concretezza di vita.
Ci si vedeva spesso il sabato mattina, a messa, in qualche chiesa del centro, ci si scambiava qualche notizia, il discorso finiva quasi sempre in politica: Buzzi mi trovava lontano dai partiti ma molto attento alle vicende politiche.
Rispettava, come sempre, il mio atteggiamento distaccato quasi superbamente aristocratico, capiva il mio spirito oltremodo critico quasi acido, dispensava a piene mani note positive e fiduciose, aveva ancora e sempre il potere di lenire il dolore, condividendo con l’interlocutore la malattia anche se stava personalmente seguendo un’altra terapia (mi riferisco chiaramente alla politica).
Anche l’ultimo incontro fu a messa, nella chiesa di S. Rocco, mi salutò con una certa fretta perché doveva partecipare ad un convegno (non ricordo quale): era sabato, il martedì successivo Buzzi moriva.
Ma voglio ricordare ancora qualcosa relativamente all’ultima fase, quella post D.C. (per me) e come egli mi abbia chiesto aiuto su un problema, non politico, che gli stava particolarmente a cuore anche se non lo toccava proprio direttamente. Mi stupì la profonda umiltà con cui mi sottopose la questione, il suo timore di arrecare disturbo, la paura di approfittare dell’amicizia, la delicatezza del tratto: era proprio un “grande”. Quando mi telefonava al riguardo, in ufficio, usava una discrezione ed un tatto esemplari: la mentalità del “nulla è dovuto”, la capacità di ringraziare per tutto.
Lezioni di stile ancora più preziose perchè venivano dal maestro, che, in un certo senso non era più in cattedra o, meglio, aveva cambiato cattedra.
Sul piano politico ebbi ancora una volta l’occasione di sperimentare l’acutezza della sua analisi ed il suo coraggio per il nuovo: si trattava di valutare l’eventuale candidatura a sindaco di Parma, di un comune amico,nel 2002. Partecipai ad un incontro ristretto e fui sbalordito da due constatazioni.
A distanza di quindici anni, tanto era il tempo che mi separava dalla vita di partito, trovai gli stessi schemi, gli stessi veti, le stesse rigidità, lo stesso modo di ragionare che avevo lasciato. Il contraccolpo fu scoraggiante. L’unica nota positiva fu che, in questo contesto disarmante, il senatore Buzzi manteneva inossidabilmente una freschezza di atteggiamento incredibile, una disponibilità a rischiare su percorsi nuovi, una intatta apertura mentale che mi consolarono: naturalmente la prospettiva fu scartata perchè, sostanzialmente, nessuno aveva voglia di rischiare. Solo Buzzi ci credeva ancora…………..
Vorrei terminare con un ultimo ricordo, se volete molto personale e molto particolare: la partecipazione del senatore Buzzi ai funerali dei miei genitori, nel 1996 la morte di mio padre, nel 2004 quella di mia madre.
Rammento di avergli detto: “Carlo, non hai idea di quanto mi dia consolazione la tua presenza”.
In quel frangente capivo definitivamente che Carlo Buzzi aveva fatto e faceva parte della mia vita ed in quei momenti fondamentali della mia esistenza era vicino a me.
Mi guardò a fondo, eravamo entrambi molto commossi, e sorrise capendo tutto, senza bisogno di dire niente.
Ho finito la mia riflessione. Non so se qualcuno avrà occasione o voglia di leggerla. Non so se interesserà. Di una cosa sono certo: è servita a me.
E se la leggesse il senatore Buzzi cosa direbbe?
Sorridendo, con la solita dolcezza, forse commenterebbe:
“Sei sempre il solito. Ti voglio bene!”

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