POLITICA E MEDIAZIONE  di Carla Mantelli

di BorgoAdmin

É stato presentato al Borgo qualche settimana fa il testo di Lino Prenna, Dal cattolicesimo democratico al nuovo popolarismo, ed. Il Mulino.Si tratta di un testo molto ampio che cerca di fondare e contestualizzare l’impegno politico che nasce dall’ispirazione religiosa e segnatamente cattolica, un testo che si svolge su vari piani: filosofico, teologico, storico, ecclesiologico e che si confronta con il magistero di Francesco.  Coglierò solo alcuni tra i numerosissimi spunti presenti, sperando di incoraggiare la lettura.

Una parola che viene richiamata spesso e costituisce una parola chiave del cattolicesimo democratico è “mediazione”. Mediazione tra poli opposti, sempre in rapporto tra loro e sempre in tensione, come se esercitassero continuamente una funzione critica l’uno nei confronti dell’altro: ideale reale, locale globale, valore regola, fini e mezzi, umano divino… La realtà non può essere ridotta a “uno”, nemmeno Dio che, per la fede cristiana, è relazione d’amore tra tre Persone! Come Dio, la realtà è plurale, la città è plurale, l’umanità è plurale… Mantenersi nella tensione tra poli opposti, accettare il conflitto nello sforzo di gestirlo in modo costruttivo, è molto importante nella politica e trova la sua messa in scena nella democrazia che, a differenza dei sistemi autoritari che negano le differenze, le accetta e le compone sempre in maniera provvisoria e aperta. Per questo la politica è un’attività affascinante ma molto faticosa. E anche per questo genera spesso delusione e insoddisfazione. La tentazione è dunque quella di denigrare, quando non disprezzare, la politica. Nel testo si parla della necessità di “riabilitare la politica”.  É una bella espressione. E non può significare partire dal disprezzo per la politica, e per chi la fa, armandosi di sacro furore per andare a purificarla. Vuol dire invece smetterla di denigrarla, portare rispetto a chi la fa, riconoscere che ci sono moltissime persone, in tutti i partiti, che lavorano sinceramente per il bene comune. Un po’ provocatoriamente vorrei dire che va riabilitata la politica “così come è”, non la politica che noi sogniamo!

Avere rispetto per la politica “così come è” significa anche avere davvero, e cito ancora il testo di Prenna, una “visione cordiale del nostro tempo” per esempio superando le nostalgie per un passato presunto migliore che troppe volte caratterizza i nostri discorsi. Leggere la storia e anche l’evolversi della politica in termini di “decadenza” di solito non aiuta. Ci sono piuttosto problemi nuovi da affrontare con capacità e proposte nuove. Per chi si riconosce nel cattolicesimo democratico questo dovrebbe essere ovvio perché, evitando sia l’integralismo che il pragmatismo, si sceglie la mediazione come metodo sapendo che essa è sempre insoddisfacente, sempre provvisoria, chiama sempre a nuove mediazioni e guarda al futuro, non al passato.

C’è una parte del testo che riguarda l’educazione alla politica e alla democrazia. Nella comunità cristiana si fa qualcosa in questo senso? Forse non abbastanza. Dopo la (opportuna!) rottura dell’unità politica dei cattolici, si ha paura che parlare di politica nelle nostre comunità generi conflitti e dato che non è facile gestire i conflitti, si opta per ignorare il tema. Una delle conseguenze è che le persone cattoliche che si impegnano in politica sono tenute in qualche modo a distanza, o comunque la dimensione politica del loro impegno viene messo tra parentesi, invece di essere considerato un luogo privilegiato di testimonianza cristiana. Si continua a credere che l’intensità della fede religiosa sia inversamente proporzionale all’immersione negli “affari temporali” dimenticando che l’impegno politico è un’altissima forma di carità. Ci si potrebbe infine chiedere se la comunità ecclesiale che non è democratica per definizione, e che addirittura, accampando inesistenti motivi biblici, esclude metà dei suoi componenti dallo spazio del culto e dall’autorità, possa veramente educare alla democrazia che è spazio di libertà, di pari dignità nella differenza e di inclusione. Il rapporto tra teologia e politica è un’ultima questione che Prenna tocca nel suo testo e che mi pare particolarmente interessante.  L’autore cita alcuni teologi che hanno cercato di rivisitare l’immaginario teologico per indicare un nuovo modo della Chiesa di stare nella storia. Il vescovo anglicano Robinson, per esempio, sollecitò “una nuova stagione di iconoclastia delle immagini di Dio, divenute non più credibili”. Il modo in cui noi pensiamo Dio ha conseguenze politiche! E allora è inevitabile andare con il pensiero alla radicale iconoclastia delle immagini di Dio operata dalla Teologia Femminista che ha smascherato le conseguenze ecclesiali, sociali e politiche di un Dio pensato sempre al maschile, con caratteristiche tipiche di una tradizione, dura a morire, che vede il maschile indissolubilmente legato al potere e al dominio. Tutto il contrario delle caratteristiche incarnate dal maschio Gesù! La Teologia Femminista è una teologia militante che parte dal presupposto che Dio è annuncio di liberazione per chiunque vive una condizione di oppressione: dove la fede in Dio porta oppressione ed esclusione non c’è Dio ma una sua caricatura. Ecco perché la fede in Dio ha una forte valenza politica, perché la profezia di Maria di Nazaret “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” non riguarda l’al di là ma è compito nostro per l’al di qua. Allora sì, a partire da nuove basi teologiche, da una chiesa seriamente riformata, da un nuovo rispetto per la dignità della politica come arte di costruire il bene comune, potremo “dare il nostro contributo alla rigenerazione della democrazia”. E così, come auspicato dall’autore, costruiremo un nuovo popolarismo.

 

 

 

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