Papa Francesco, un anno dopo – il racconto di Cettina Melitello

di BorgoAdmin

Invitata a Parma dal gruppo “Il Concilio Vaticano II davanti a noi”, in un clima di calda partecipazione e fiduciosa attesa, Cettina Militello- una fra i più autorevoli teologi italiani come ci tiene a presentarla Giorgio Campani – ha condotto le tante persone convenute all’Istituto Saveriano a ripercorrere il primo anno di pontificato di Papa Francesco e i cambiamenti che già possono intravvedersi nella nostra chiesa.

Premettendo che si tratta di un compito difficile quello di leggere la trama di un percorso di riforma dalle parole, i gesti, le scelte di Papa Francesco, viste anche le difficoltà e le resistenze che possono frapporsi alla nostra speranza di una nuova primavera per la chiesa, come ricorda il tema dell’incontro. Per questo è necessario andare alle radici della vita del Papa, alla sua storia personale di gesuita, docente, vescovo in America latina, considerando che a 50 anni dal Concilio Vaticano II tante cose sono cambiate nel mondo, mentre la sua ricezione è stata difficile e complessa e specie negli ultimi anni si è preferito dibattere più sulla ermeneutica del Concilio che sulla sua attuazione. Così è avvenuto con Giovanni Paolo II che si è fatto pellegrino e ha caratterizzato la vita della chiesa con la sua esternalizzazione, con i grandi eventi, con le piazze colme di folle che aderivano e poi si scioglievano; così con Benedetto XVI , che ha seguito una linea di intransigenza su posizioni ben determinate, ritornando per certi aspetti a condizioni preconciliari, ma che ha compiuto con le sue dimissioni un gesto di altissima qualità e intelligenza che redime la sua incapacità di gestire una situazione sempre più difficile, ove la curia alle dipendenze della segreteria di stato è stata la vera padrona della chiesa. In questo contesto avviene l’elezione di Papa Francesco che ha una identità e una visione della chiesa ben precisa, come risulta dall’appello conclusivo della conferenza episcopale latino americana del 2007 ad Aparecida, di cui è stato protagonista, con l’opzione per i poveri, il riconoscimento delle chiese locali, la fede dei popoli. Punti richiamati dal suo intervento alle congregazioni generali prima del conclave, la magna carta del suo progetto, che viene apprezzato dai cardinali che lo eleggono nel segno della riforma della chiesa da lui interpretata con la grande sensibilità rivolta allo Spirito che ha operato nel Concilio. Papa Francesco crede sinceramente nell’azione dello Spirito Santo, ripropone lo slancio conciliare e non si limita come i suo predecessori a richiamare il Concilio come premessa scolastica, ma ne diviene banditore per il ritorno al Vangelo e alla centralità dell’annuncio, con il superamento della gabbia teologica degli ultimi 7 anni. Continuando a leggere l’azione del Papa alla luce dei testi conciliari, la Militello rileva un discorso in parte deficitario per quanto riguarda la liturgia. Certo Papa Francesco non ama lo stile barocco, le sue celebrazioni a Santa Marta o nelle parrocchie sono improntate alla semplicità e sobrietà, la sua attenzione omiletica è immediata con metafore e buon senso, che scaturiscono dalla meditazione quotidiana sul Vangelo. Di contro le liturgie papali celebrate in San Pietro o nelle altre Cattedrali, predisposte dall’Ufficio cerimonie, riflettono ancora un rito ridotto a legalismo che traduce una ecclesiologia impoverita dove non tutti, ed in primis il popolo, sono protagonisti come vorrebbe la celebrazione conciliare.
Ma la sua visione della chiesa povera con i poveri, madre e pastora, non autoreferenziale, che apre le porte ed esce verso le periferie esistenziali, vicina e prossima, è conforme alla ecclesiologia della Lumen Gentium. Così come il suo dirsi Vescovo di Roma, la scelta di avere il passaporto argentino come un semplice cittadino, vogliono far perdere l’idea di sacralità della chiesa e del suo ruolo, una chiesa che va fuori dal sacro recinto. Mentre lo sguardo all’interno ai religiosi, presbiteri, laici porta Francesco a mettere a nudo peccati, vizi, difficoltà, a denunciare carrierismo, lobby e resistenze, a invitare a far sentire l’odore delle pecore e, come chiede il concilio, a conoscere il popolo di Dio.
I temi centrali e vincenti per la chiesa sono quelli di un Dio misericordioso, di un Dio che dà gioia, non possiamo essere cristiani tristi, ed ancora l’attenzione alla unità nel rispetto delle particolarità, la chiesa non deve essere una stanza chiusa.
Sulla scia del Vaticano II papa Francesco vuole che il suo, come quello dei Vescovi e dei presbiteri, sia un ministero di servizio, dove il potere sia interpretato come servizio che ha il vertice nella croce. E forte è il suo richiamo alle caratteristiche dei giovani preti che non devono essere incapaci, collezionisti di antichità, intellettuali senza talento, perché sempre deve prevalere il dono della grazia. 
Sempre per l’attuazione del Vaticano II, sono l’impegno a demitizzare il papato togliendo gli aspetti sacrali, a liberarsi della corte vaticana, a vivere e far vivere la collegialità dei vescovi e la sinodalità dell’intero popolo di Dio. Percorso che incontra obiettivi ostacoli e problemi da risolvere, in primo luogo quello della riforma della curia, sulla base del consiglio degli 8 cardinali, ed ancora le decisioni sullo Ior e le situazioni economiche, e , centrale, il problema della nomina dei Vescovi, superando centralismo, lobby, cordate, e la valorizzazione del Sinodo come senato realmente partecipe e di aiuto al Papa. Sono queste istanze della Lumen Gentium che sono state riprese nella preghiera che Francesco ha pronunciato per i Vescovi. Per una chiesa che sia comunione e comunità, dove l’annuncio sia sostenuto dalla testimonianza, dove sia possibile un cambio della pastoralità a tutti i livelli. Le invocazioni, i messaggi, le parole del Papa sono sempre confermate dai suoi gesti e la Militello ricorda fra i più significativi l’ intervento a Lampedusa e il viaggio in Sardegna a fronte di situazioni sociali ed economiche drammatiche.
E sempre negli incontri è naturale per Papa Francesco andare, toccare, farsi carico delle persone, esprimere vicinanza, assumere su di sé le situazioni di sofferenza che le persone vivono, vederle con lo sguardo di Cristo verso i poveri. In conclusione Cettina Militello, anche su sollecitazioni del dibattito, propone le sue considerazioni e le sue speranze sul ruolo della donna e sui laici. Innanzitutto ridice la sua speranza che la chiesa scopra il Concilio, che accolga le provocazioni di Papa Francesco, che tutti possiamo fare un discorso sinergico cogliendo la gioia dell’evangelizzazione, che viviamo la fede come dono che riceviamo e che restituiamo. Per quanto riguarda il ruolo delle donne, non si attende sostanziali cambiamenti sulla dottrina, considerata anche la formazione di Papa Francesco, che, auspica però possa ascoltare e comprendere il mondo femminile e la sua evoluzione, ritenendo per lei essenziale che la donna per quanto riguarda i diritti sia considerata alla pari, senza specializzazioni. Così per i laici, ricorda quanto sia grande nella Lumen Gentium (cap.9-13) il ruolo dei battezzati nella chiesa e l’esigenza per i laici di uscire dalla condizione di minorità prendendo coscienza di essere chiesa e popolo di Dio e cominciando a promuovere la chiesa nella sua identità originaria nelle case come chiesa domestica e nelle microcomunità.

 

Graziano Vallisneri

Dall'ultimo numero di BorgoNews

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