NEL BUIO DELLE GUERRE UN FESTIVAL PER RIDARE I COLORI DELLA PACE di Danilo Amadei

di BorgoAdmin

Con sempre più angoscia viviamo questo cupo periodo di guerre diffuse, di vittime civili innocenti bersaglio di odio e disprezzo delle vite umane. Cerchiamo di andare oltre i soli numeri e le immagini diffuse che non consentono ignoranza, “domandando alle vittime della violenza, guardando la realtà con i loro occhi e ascoltandoli a cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turba il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace” (Papa Francesco in “Fratelli tutti”) Cerchiamo di non lasciarci sopraffare dalla logica bellicista che vuole farci arrendere alla inevitabilità della guerra. E’ a tutti evidente che il raddoppio delle spese militari complessive negli ultimi vent’anni (giunte nel 2023 a 2423 miliardi di dollari, oltre il 60% dei Paesi occidentali) non ha creato maggiore sicurezza, anzi ha incrementato le guerre, gli odi tra i popoli, l’instabilità mondiale, eppure si continua a perseguire questa strada disumana. Si continua a sostenere che solo con più armi si avrà maggiore sicurezza. Senza volere guardare in faccia i fallimenti delle guerre “per la democrazia” dall’Afganistan all’ Iraq, alla Siria ai Paesi lasciati senza futuro dopo gli interventi militari “umanitari”, come in Libia e Somalia. Un riarmo costante che ha come prime vittime gli innocenti e i popoli più poveri (anche per le risorse a loro sottratte impoverendoli sempre più). E questo avviene  anche in Europa che dovrebbe essere alla guida di politiche di pace. Ed è bene anche ricordare che si accusano gli organismi internazionali (a partire dall’Onu) di essere inefficaci, quando sono spesso proprio i Paesi che puntano sul riarmo che li privano delle risorse necessarie per operare secondo le loro finalità, arrivando nel 2023 a scendere sotto il 4% di finanziamenti in confronto a quanto speso in armi. Si è smesso di investire in politiche di prevenzione dei conflitti, di interposizione, di soluzione diplomatiche per puntare solo sul riarmo e su guerre senza alcuna prospettiva post bellica, se non “la vittoria” con l’eliminazione del “nemico”,  identificato con un intero popolo. Lo stesso uso delle armi nucleari non è più considerato un tabù. In numerose occasioni negli ultimi anni sono state fatte ipotesi per il loro utilizzo sia nella guerra in Ucraina sia a Gaza. Forse solo delle provocazioni, ma particolarmente angoscianti se fatte da Paesi che hanno armi nucleari, come Russia e Israele.

Lo scandalo è che a queste minacce corrisponde non una ferma condanna, ma una crescita delle spese per nuovi armi nucleari. Ican (premio Nobel per la pace 2018) ricorda in un dossier (Global nuclear weapons spending) che nel 2023 sono stati spesi oltre 10 miliardi aggiuntivi per nuovi investimenti nel nucleare militare. Si è così arrivati ad oltre 91 miliardi nel 2023 per nuovi armamenti nucleari da parte dei 9 Paesi che ne possiedono un arsenale (oltre metà dei nuovi investimenti da parte degli Usa e poi Cina, Russia, Regno unito, India, Francia, Israele, Pakistan e Corea del nord). Ricordando le grandi campagne per il disarmo nucleare e il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari del 2017, Rete italiana pace e disarmo, alla quale anche la Casa della pace di Parma aderisce, afferma che “le armi nucleari sono gli unici dispositivi bellici capaci di distruggere tutte le forme di vita complesse sulla Terra. E per questa distruzione sarebbe sufficiente l’1% della potenza attuale.” Una follia (già condannata come tale oltre 60 anni fa da papa Giovanni XXIII nella Pacem in terris) che non risponde a nessuna logica umana, contraddice tutto il diritto internazionale e che è potenziata dalle nuove armi “intelligenti” ad alta tecnologia. L’Unione europea ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 2012 per le politiche di riconciliazione che hanno portato, dopo le immani malvagità e sofferenze della seconda guerra mondiale, ad un continente con politiche di pace, basate sulla fiducia reciproca. La dimostrazione che perdono e riconciliazione sono virtù politiche, che superano la logica della vendetta, del risentimento, dell’odio per ritrovarsi, con un lungo processo di conoscenza interna e reciproca, uniti nella diversità. L’Unione europea deve ritrovare le sue radici abbandonando la logica del riarmo e della delega delle scelte politiche alle alleanze militari, ritrovando la strada della diplomazia, della negoziazione, del compromesso, delle soluzioni nonviolente, partendo dalle guerre vicine garantendo un futuro comune di pace per tutti i Paesi in conflitto. Occorre  superare l’impunità concessa ai governi in guerra di violare tutte le leggi internazionali, spesso contraddicendo anche accordi da loro sottoscritti. E’ un tremendo segnale diseducativo, soprattutto per le nuove generazioni, quanto gli Stati in guerra stanno dando violando per primi le leggi che dovrebbero rispettare. Così come è da condannare il sostegno cieco di chi dovrebbe fermarli, intanto non inviando più armi.

Il prossimo festival della pace, organizzato dalla Casa della pace e dal Comune di Parma proverà a dare voce a chi opera per la pace e il disarmo, anche in zone di guerra. Anche da parte di chi, scandalizzato dalle motivazioni ideologico religiose dei vari conflitti, ricerca, anche nel quotidiano, l’unità nell’unico Dio della pace e della fraternità di tutta la famiglia umana.    La Casa della pace di Parma proseguirà anche quest’anno nella sua campagna perché anche l’Italia sottoscriva il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari (appello sottoscritto anche dal Comune di Parma ed altri della nostra provincia), continuerà a dare voce a chi si oppone alle guerre, anche a rischio della propria vita, proponendo il rispetto del diritto internazionale, proseguirà il lavoro sull’economia disarmata, coinvolgendo i cittadini anche nelle loro scelte di vita in modo più responsabile, proporrà testimonianze di nonviolenza e approfondimenti utili a tutti i cittadini e in particolare alle scuole di Parma, per le quali sono previste numerose iniziative. Nel buio delle guerre e della violenza che ci opprime lo slogan del Festival di quest’anno è “Diamo colori alla pace”. Ricordava don Tonino Bello: “La pace è una realtà di sintesi, benché semplicissima. Un po’ come il raggio di sole che scompone la goccia d’acqua in un arcobaleno di tanti colori”. La pace  è una realtà unitaria che comprende la giustizia, la fine dell’oppressione, della miseria, la democrazia, la ricerca della verità,  il rispetto delle diversità, l’educazione nonviolenta, la cura della nostra Terra comune, la solidarietà tra persone e popoli, lo sviluppo di quanto ci fa sentire e vivere come un’unica umanità. Cercheremo di farci aiutare, anche da tanti testimoni, a perseguire e a vivere il dono creativo della pace, vissuto quotidianamente nella nonviolenza.

 

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