Tre pensieri sull’elezione del presidente Mattarella

di Redazione Borgo News

1.   Difficile, se non impossibile, sintetizzare i molteplici significati dell’elezione: un uomo fuori dai giochi senza appartenenze a confraternite o meglio una scelta molto forte, fuori dagli schemi con caratteristiche “rottamatrici”: questo spiega molte delle reazioni negative, a cominciare da quelle dell’ex Cavaliere Berlusconi e di altri esponenti politici affiliati o già affiliati alla P2.

La normalità e la normalizzazione che avrebbe garantito l’elezione di altri candidati (non di tutti sia chiaro!) è una prospettiva svanita.

 

2.  Sergio Mattarella, che ho avuto l’onore di ospitare a Parma come Segretario Provinciale, è una scelta dirompente. L’uomo compito, serio e lontano mille miglia dalla politica-immagine, e l’uomo mite e istituzionale, si rivelerà, ne sono convinto, durante il mandato, un presidente autorevole, innovativo e “francescano”. Sarà la rivoluzione dei comportamenti e delle azioni, non sarà la spettacolarizzazione della Presidenza della Repubblica, ma avremo una interpretazione di questo ruolo molto costituzionale e marcatamente popolare, cioè attentissima alla gente. Chi pensa che avremo un presidente “comodo” per Matteo Renzi, magistrale regista della sua elezione, sta commettendo, a mio parere, un grosso errore: il merito del premier è stato proprio quello di avere proposto un uomo indipendente e autonomo, un nuovo Napolitano. Al vertice dello Stato, quindi, continuerà ad esserci, in piena coerenza con il dettato costituzionale, una diarchia e non si instaurerà una monarchia: una garanzia per il percorso delle riforme. E come non cogliere il segno politico in cui nasce questa presidenza: confronto con tutti, nessuna sudditanza, coraggio della scelta, responsabilità della decisione, assunzione del rischio. Matteo Renzi ha saputo accettare il rischio di perdere sentendo il dovere nei confronti del paese di decidere: questa è la differenza, molto più, a ben vedere, dell’innegabile enorme abilità tattica.

3.  Tutto questo trova conferma nel discorso del giuramento. La “morale della favola” del discorso del neo Presidente della Repubblica è la “Città di tutti per tutti”. Fulcro della cultura della solidarietà e trasfuso nel principio costituzionale della uguaglianza sostanziale. Compito fondante della politica e che può costruire solo la Politica guidata da valori, ideali (non ideologie) e Costituzione. Sergio Mattarella ha riposto al centro questa dimensione dell’agire politico, essenziale da sempre, ma decisiva oggi, nel momento in cui il contesto socio-economico richiede la massima consapevolezza della necessità delle scelte, del coraggio delle stesse e della loro finalizzazione esclusiva ai bisogni veri, senza spazi alle convenienze o ai tatticismi di un costume politico inveterato. L’indirizzo della sua presidenza è chiarito dal suo richiamo forte e insistito al fondamentale principio costituzionale dell’effettività dei diritti e delle opportunità che deve garantire la repubblica, cioè tutti noi e le istituzioni. Il che dà il segno della concretezza del messaggio presidenziale perché la difesa dei diritti e ancor di più la loro ritualizzazione alla luce degli stravolgimenti determinati dalla crisi economica sono le sfide dell’oggi proprio in funzione di renderli effettivi e di uscire da una stagione che ancora risente della pura (e anche comoda) tendenza illuministica alla mera declamazione.

Senatore Giorgio Pagliari

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