LA RIFORMA DELLA P.A. NEL P.N.R.R. – PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA di Giorgio Pagliari

di Redazione Borgo News

 

La classificazione della riforma secondo il P.N.R.R.

Il P.N.R.R. – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha come obiettivo lo sviluppo del paese con piani di investimento da realizzare in un quadro di riforme.

Queste ultime vengono suddivise in tre categorie:

  • RIFORME ORIZZONTALE E DI CONTESTO, consistenti in innovazioni strutturali ordinamentali, finalizzate a migliorare l’equità, l’efficienza e la competitività e, con esse, il rischio economico (=doing business) del Paese;
  • RIFORME ABILITANTI: sono interventi tesi a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali, che condizionano le attività economiche e la qualità dei servizi erogati;
  • RIFORME SETTORIALI; consistono in innovazioni normative riguardanti l’introduzione di regimi regolatori e procedurali più efficienti per specifici ambiti di intervento o per determinate attività economiche;
  • RIFORME DI ACCOMPAGNAMENTO AL P.N.R.R.: sono le riforme del fisco e della rete di protezione sociale dei lavoratori.
  1. La riforma della P.A.: una riforma orizzontale.

La riforma delle P.A., insieme a quella della giustizia, rientra tra le riforme orizzontali. Due sono gli scopi: la riduzione degli oneri burocratici e la rimozione dei vincoli, che hanno rallentato gli investimenti o ridotto la produttività degli stessi. Questa ambiziosa agenda è rafforzata dalla ricerca della digitalizzazione completa dei processi e dei servizi e dallo sforzo per rafforzare la capacità gestionale, anche tecnica della P.A.. Tutto è pensato per ottenere l’aumento permanente dell’efficienza della P.A. e della sua capacità di decidere e mettere a punto progetti innovativi. Questo impone di superare gli effetti deleteri del blocco del turn-over, che non ha comportato solo una riduzione quantitativa del numero dei dipendenti, ma anche un disallineamento crescente tra le competenze disponibili e quelle richieste per un’azione amministrativa in grado di essere all’altezza delle esigenze di questo tempo.

2.1 I temi trattati dal progetto A) Accesso al pubblico impiego.

Il progetto ha quattro temi principali. Il primo è dedicato all'”accesso al pubblico impiego”. La relativa riforma deve riguardare le procedure e le regole di reclutamento per assicurare parità di accesso e per valutare le competenze e non solo le conoscenze. A tal fine, si ipotizza la realizzazione di una piattaforma unica per il reclutamento delle Amministrazioni Centrali, progressivamente integrata con una banca dati. Accanto al concorso, che resta la modalità ordinaria di accesso al pubblico impiego, sono previsti (a) programmi per gli alti profili riservati a giovani con dottorato, master o esperienza internazionale con percorsi rapidi di selezione affiancati da una formazione “ad hoc”; (b) accordi con Università, centri di alta formazione e ordini professionali per favorire selezione e assunzione rapida dei migliori profili specialistici per la realizzazione dei progetti del P.N.R.R.; (c) procedure analogiche per la creazione di un pool multidisciplinare per il supporto tecnico alle amministrazioni centrali e periferiche per l’implementazione degli investimenti e delle riforme previste dal P.N.R.R.;

2.2 I temi trattati dal progetto. B) Buona amministrazione.

Il secondo tema riguarda la “buona amministrazione”. Gli obiettivi sono l’eliminazione dei vincoli burocratici per migliorare l’efficienza, i tempi amministrativi ed i costi da abbattere per i cittadini. Gli strumenti sono individuati nella liberalizzazione, nella semplificazione, nella reingegnerizzazione e uniformizzazione delle procedure e nel monitoraggio degli interventi di riforma posti in essere. Sono previsti la mappatura e il catalogo dei nuovi regimi, l’eliminazione delle autorizzazioni non giustificate da motivi imperativi di interesse generale, l’estensione del regime della SCIA e del silenzio-assenso nei regimi condivisi con regioni e comuni. E’ prevista, altresì, l’istituzione di un pool di mille esperti con il compito di svolgere un’attività di supporto nella gestione delle procedure complesse (ad esempio, la valutazione di impatto ambientale – VIA), nello smaltimento dell’arretrato, nell’assistenza tecnica ai soggetti proponenti i progetti e nella misura dei tempi dell’attività amministrativa;

2.3 I temi trattati dal progetto. C) Competenze.

La riflessione sulle “competenze” è fondata sulla necessità di una nuova strumentazione per pianificare efficacemente le risorse umane. A tal fine, si propongono il potenziamento della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, la riorganizzazione e la razionalizzazione dell’offerta formativa, la creazione per le figure dirigenziali di specifiche “Learning Communities” (=Gruppi di apprendimento) tematiche, per la condivisione delle “migliori pratiche” e la risoluzione di concreti casi di amministrazione e per lo sviluppo di metodi di misurazione dell’impatto formativo a breve e medio termine;

2.4 I temi trattati dal progetto. D) Digitalizzazione.

La sfida è quella di una sempre crescente digitalizzazione dell’attività amministrativa grazie all’accelerazione degli investimenti digitali, alla valorizzazione delle competenze informatiche già presenti nella P.A. e all’assunzione di personale di elevata professionalità per razionalizzare l’azione amministrativa con l’innovazione tecnologica.

  1. Considerazioni critiche sul progetto.

Questa è la sintesi della parte del progetto relativo alla riforma della P.A.: una “riforma orizzontale o di contesto”, cioè una riforma riguardante l’intero sistema e non un settore specifico. L’analisi appare condivisibile, pur se non originale con la precisazione che non si può pretendere l’originalità su un tema, che accompagna lo Stato italiano fin dalla sua nascita e che non ha mai trovato soluzione-. Questo può indurre ad una prima domanda: c’è una soluzione che possa rendere il rapporto tra P.A. e la società nella sue diverse componenti più armonico o, se si preferisce, meno confliggente perché caratterizzato da un più efficace contemperamento tra le esigenze dell’amministratore e quelle dell’esercizio dei diritti? La risposta è con tutta evidenza negativa, nel senso che non potrà mai aversi un rapporto idilliaco. Questo non significa che non sia raggiungibile un contesto più equilibrato grazie al quale possa prevalere la “leale collaborazione”. Questa prospettiva – sia chiaro – richiede un radicale cambio di prospettiva rispetto ad un quadro, che, pur se evolutosi, è pur sempre condizionato dalla “supremazia” della P.A. nei confronti del privato. Questa impostazione, infatti, sulla scia del modello francese e napoleonico, è stato alla base del modello italiano di stato a diritto amministrativo nelle leggi fondative dello stato italiano del 1865. Un radicale cambio di prospettiva, che, fino ad ora non si è visto, pur essendo estremamente necessario e pur non essendo rimasto lo stato delle cose totalmente fermo. Non si possono, infatti, dimenticare le profonde evoluzioni indotte dalla lettura costituzionale del ruolo della P.A. e della relazione con i soggetti dell’ordinamento. Evoluzione, di cui è stata il cardine la L. 241/1990 (nota come legge sul procedimento) che, da un lato, ha codificato la trasparenza, faticosamente (e parzialmente) affermatasi, e, dall’altro, ha disciplinato l’intervento del privato, nel procedimento amministrativo, consentendo a quest’ultimo di conoscere il farsi della decisione amministrativa e di poter esprimere la propria opinione prima dell’emanazione del provvedimento amministrativo. Ed ancora, ha codificato la denunzia di inizio attività (oggi SCIA), che ha ammesso la possibilità che la massima parte dell’attività, che il privato poteva intraprendere solo dopo l’ottenimento dell’autorizzazione amministrativa, possa essere iniziata dal privato senza più dover attendere il permesso amministrativo.

Il cambio, per così dire, “rivoluzionario” di prospettiva c’è tutto: dalla P.A., che, unilateralmente è chiusa nella sua torre eburnea, decide tutto, alla P.A. che deve rendere conoscibili la sua attività e le sue decisioni e che viene limitata nella sua sfera di influenza dalla facoltà riconosciuta al privato di comunicare l’inizio della propria azione, senza dover chiedere la preventiva autorizzazione. Gli effetti di questa innovazione, pur se indiscutibili, non sono stati decisivi e tali da incidere sulla dimensione “funzionale” del rapporto tra P.A. e privato, tant’è che ancora oggi, nonostante tutto, vengono lamentati le farraginosità della burocrazia, la lentezza costante della P.A., la complessità e la mole degli adempimenti amministrativi e l’”oppressione” inutile di molti dei lacci e lacciuoli amministrativi, oltre alla mole della legislazione, per di più incomprensibile. In questo quadro, va inserita la proposta contenuta nel PNRR, che giustamente – sia pure parzialmente – affronta il problema nella pluralità dei suoi profili. Sono giuste, per quanto molto tradizionali, le proposte relative all’accesso, pur se avrebbero dovuto essere completate con indicazioni sulla gestione del personale, che va adeguatamente diretto e motivato e non solo assunto e formato. E manca qualsiasi indirizzo sulle carriere, che è tema tutt’altro che secondario, se si vogliono non solo assumere, ma anche mantenere nei ruoli le persone migliori. Parimenti è da dirsi per il profilo della “Competenze” ed anche per quello della “Digitalizzazione”, che contengono proposte condivisibili, epperò tradizionali e parziali. Decisiva è, però, l’analisi del profilo dedicato alla “Buona amministrazione”.   Si tratta di un profilo, che, da un lato, appare come una “summa” di tutto ciò che va corretto nell’azione amministrativa, ma che, dall’altro, si limita a meri correttivi del modello. Questo non è né riformare, né innovare, ma è solo aggiustare. Il che non è ciò che serve. Oltre a richiedere la semplificazione radicale del quadro legislativo e l’introduzione di un metodo di legiferazione tale da escludere in radice il ricrearsi dell’attuale confusione, la riforma della P.A., infatti, richiede la sostituzione dell’attuale modello con uno imperniato su una pubblica amministrazione meramente regolatrice nell’ottica della sussidiarietà orizzontale dell’art. 118, IV comma, Cost. , secondo il quale Stato ed enti territoriali “favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, e sulla base del principio di sussidiarietà”. Questo significa rendere regola generale – e non più eccezione – la libertà di iniziativa senza preventiva autorizzazione della P.A. con il cambio radicale della funzione della P.A. medesima, che deve controllare che l’attività in atto avvenga nel rispetto della legge e delle disposizioni regolamentari emesse sulla base di questi. E’ questa l’amministrazione regolatrice ed è questa, in linea tendenziale, che può favorire la libera iniziativa dei privati. Nel linguaggio del diritto amministrativo, questa prospettiva può essere sintetizzata, parlando del passaggio dalla “P.A. del controllo preventivo”, cioè dalla P.A. che deve autorizzare un’attività del privato altrimenti non esercitabile, alla “P.A. del controllo successivo”, cioè all’amministrazione pubblica, che verifica che l’attività avviata spontaneamente dal cittadino rispetti la disciplina di riferimento. Una simile impostazione, assunta come regola, determinerebbe un cambio culturale considerevole, incidendo sia sulla stessa percezione della P.A., sia sul ruolo della stessa, sia sullo stesso ruolo e sulle competenze professionali richieste ai pubblici dipendenti. Rimane, pur sempre chiaro che una felice ed efficace attivazione delle riforme del PNRR potrebbe avvicinare il memento legislativo dell’introduzione della vera riforma della P.A..

 

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