Il sessantotto secondo Matteo

di BorgoAdmin

“Siate realisti, chiedete l’impossibile”, era uno degli slogan che echeggiavano durante gli anni della contestazione.

Benché nato qualche anno dopo, Matteo Renzi deve avere in qualche modo assorbito quelle suggestioni, visto che per certi versi il suo governo si è appropriato di quel motto dal sapore futurista declinandolo però alla prima persona plurale: “siamo realisti, vogliamo l’impossibile” . Le riforme di cui si parla in questi giorni sono infatti da una parte ovvie e niente affatto rivoluzionarie – quelle che, come si dice spesso, potrebbero fare finalmente dell’Italia un paese “normale”; ma al tempo stesso, visto che se ne parla, ma senza poi passare ai fatti, già da diversi decenni, hanno ormai il marchio, se non proprio dell’impossibilità, almeno dell’ improbabilità. D’altronde, che l’Italia sia per molti aspetti rimasta ferma lo dicono diversi segnali di questi giorni, alcuni “leggeri”, altri molto meno. Tra i primi, come non constatare che al Festival di Sanremo, più che i cantanti dei nostri giorni, a fare cronaca e audience sono stati personaggi come Cat Stevens, Gino Paoli, Raffaella Carrà, Renzo Arbore, , tutti nati negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso? Tra i secondi, spicca la notizia della riapertura delle indagini per la strage di Piazza della Loggia a Brescia, a 40 anni esatti da quel tragico evento che, al pari di molti altri “misteri” degli anni del terrorismo, come un fantasma torna periodicamente a ricordarci che le ferite del nostro recente passato sono ancora aperte. Insomma, se l’Italia appare, come la principessa della favola, una sorta di “bella addormentata”, prigioniera di un incantesimo che blocca e paralizza ogni possibilità di risveglio, Renzi si è preso l’onere e l’onere di ridestarla e di colmare nel più breve tempo possibile il ritardo accumulato in questi anni. Se il suo sia coraggio o temerarietà, saranno i prossimi mesi ( o anni) a dirlo. Certo, il fatto che la sua squadra di governo sia la più giovane, e la più “rosa”, della storia repubblicana è senza dubbio un buon punto di partenza. 
“Non è che l’inizio”, gridavano nel ‘68 i protagonisti del “Maggio francese”, con uno slogan diventato anch’esso famoso . Varrà anche per Renzi?

Riccardo Campanini

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