«HO BISOGNO DI AMICIZIA». IL CARTEGGIO TRA DON PRIMO MAZZOLARI E DON GUIDO ASTORI   di Giorgio Vecchio

di Redazione Borgo News

Sabato 10 aprile scorso la Fondazione Don Primo Mazzolari di Bozzolo ha organizzato – rigorosamente on line – la presentazione della nuova edizione del carteggio intercorso tra don Primo e il suo grande amico e confratello don Guido. Il volume – curato da Bruno Bignami e Umberto Zanaboni e pubblicato dalle Dehoniane di Bologna – aggiorna e soprattutto integra l’edizione apparsa nel 1974, ad opera dello stesso Astori. Il titolo del volume deriva da una frase dello stesso Mazzolari: «Non dimenticarti che ho bisogno tanto di preghiera e di amicizia» (26 settembre 1931). Complessivamente sono pubblicate ben 322 lettere, delle quali 237 di Mazzolari e 85 da Astori. Lo squilibrio numerico è causato dal fatto che non è stato possibile recuperare tutte le sue missive, disperse nel corso degli anni.Don Primo, il parroco di Bozzolo, scrittore, predicatore, consigliere spirituale e tanto altro ancora, è fin troppo noto per ricordarne qui la vita, pur se il suo magistero contiene ancora temi di profonda attualità che vanno continuamente riscoperti.

Don Guido Astori è meno noto, ma anch’egli fu uomo di profonda spiritualità e cultura: nato nel 1888 (e quindi di due anni più anziano rispetto all’amico), fu ordinato nel 1911; fu cappellano degli alpini e prigioniero nella Grande Guerra, poi professore nel seminario di Cremona. Nominato parroco nel 1928, legò il suo nome soprattutto all’importante parrocchia di Sant’Agata, nel centro di Cremona. Fu anche autore di volumi sull’amato vescovo mons. Geremia Bonomelli, il maestro di entrambi. Morì nel 1982, tanti anni dopo don Primo (scomparso nel 1959).Il carteggio tra i due si snoda per decenni dal 1908 al 1959 e può essere letto utilizzando diverse prospettive: come una sorta di doppia biografia, come una reciproca confessione tra due amici, ma anche come una meditazione sulla figura del prete, sul ruolo della chiesa, sulle trasformazioni del mondo. Attorno ai due diretti protagonisti entrano poi in scena tanti altri personaggi, che spesso ne occupano i pensieri: alludo in modo particolare alle loro preoccupazioni per don Annibale Carletti, cappellano medaglia d’oro nella guerra, che – incompreso – nel dopoguerra abbandonò il sacerdozio. Si potrebbe abbondare nelle citazioni, che meglio di ogni altra considerazione offrono l’idea dei contenuti elevati del carteggio.

Per esempio, i due amici sanno amabilmente correggersi a vicenda. «Io penso – scrive Astori il 29 luglio 1910, quando i due sono ancora seminaristi – che tu forse godi poca serenità perché sogni una serenità troppo alta, troppo lontana e troppo al di fuori della realtà. Dovresti forse sognare meno e lavorare più positivamente per conquistare pace al tuo spirito». E, decenni dopo, in altro contesto, sarà don Primo a rimproverare l’amico: «Tu, mio caro don Guido, t’affanni troppo, mettendo in pericolo la tua salute, la tua cultura e la tua stessa ilarità interiore. Ci vuole metodo e sobrietà, specialmente nel fare il bene. Sotto pressione non ci può vivere né un’anima né un paese» (28 novembre 1936). Don Guido riconosce peraltro la superiorità di don Primo: «Certo che la tua è una parola che scuote, e che qualche volta può anche sconcertare un po’: ma è tanto bello e provvidenziale che vi sia qualche spirito superiore, che fa dire cose che altri non saprebbero dire» (maggio 1931). La vita tribolata di Mazzolari trova eco negli sfoghi con l’amico di cui si può ciecamente fidare: «Sono un “lebbroso” e tutti se ne guardano. Pazienza! Purché non mi vengano a dire che mi vogliono bene, sopporto tutto. Sono stanco d’ipocrisie e di complimenti» (14 settembre 1951). O ancora: «Non ho soldi, non ho riconoscimenti, sto per chiudere con una stanchezza enorme una povera vita, dove l’obbedienza e il silenzio hanno accompagnato l’offerta quotidiana […] [Il vescovo] Ci strapazzasse tutti da mattina a sera! Gridasse almeno…! Ma questo parlare senza dignità, che diviene un pettegolezzo diocesano, che fa comodo ai furbi, è una tristezza insopportabile… Sono beato quando penso alla fine vicina!» (2 luglio 1958).

In tante lettere si colgono non soltanto le preoccupazioni pastorali, ma pure i giudizi politici. Un mese dopo la marcia su Roma, don Primo annota che «Il paganesimo ritorna e ci fa le carezze e pochi sentono vergogna. se non fossi cristiano mi farei “carbonaro” per ridare alla patria la libertà» (28 novembre 1922). E dopo la firma dei Patti Lateranensi commenta che «Non posso dimenticare le lezioni della storia: dai poteri assolutisti e reazionari la Chiesa non ha mai guadagnato che umiliazioni, restrizioni di libertà e… corresponsabilità tremende davanti ai popoli stanchi e avviliti» (23 febbraio 1929). Agli inizi del 1943, quando il regime mostra chiari i segni di una crisi irreversibile, Mazzolari riflette sui pericoli: «Temo una cosa: che il Vaticano tenti il salvataggio di ciò che non dev’essere salvato» (28 febbraio 1943). La preoccupazione pastorale, dicevo, è dominante. E ci stupiscono i toni, che tanto sembrano quelli dell’attuale papa Francesco: «Siamo i preti dei poveri. Il resto è secondario» (12 ottobre 1933). E, quando viene pubblicata la scomunica ai comunisti, egli osserva: «Siamo a una svolta gravissima: ci occorre tanta fede, tanta carità, tanta umanità. Ma perché cose tanto gravi sotto uno schema giuridico così freddo? Perché non una parola paterna, come il Papa sa dire a volte?» (luglio 1949). Il carteggio mostra due preti che si sostengono a vicenda, come lo stesso Mazzolari teorizzò nei suoi scritti sulla parrocchia e sul prete, sottolineando i rischi dell’isolamento, specie per i preti di campagna, fino a suggerire – decenni prima del Vaticano II – forme di collaborazione e di condivisione, che solo oggi si cerca di perseguire. Ma allora, osservava, «A molti può riuscire inconcepibile la stessa amicizia spirituale che lega le due anime e che serve ad ambedue come sacramento naturale» (22 luglio 1955). Parole di una tale profondità, da rimanere di perenne attualità.

* Il video della presentazione, con la partecipazione di Giovanni Vian (Università di Venezia) e di don Cristiano Passoni (Assistente dell’Azione Cattolica di Milano) è visibile su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=FI-nnz-0lwI

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