DARE VOCE ALLE DONNE AFGHANE E’ DARE VOCE AD UNA ECONOMIA E AD UNA POLITICA RINNOVATE DALLA FRATERNITA’  di Daria Jacopozzi

di Redazione Borgo News

Sabato 28 agosto, Economy of Francesco (EoF), il Movimento internazionale di giovani economisti ed imprenditori convocato lo scorso anno da Papa Francesco per affrontare il complesso tema di una “economia con l’anima”, giusta e rispondente ai bisogni di uomini e donne nel mondo, è sceso in piazza, nelle strade di tante città europee, al grido di “Le donne afghane esistono – Together we stand”. Sono state proprio le giovani donne protagoniste di EoF a proporre una sorta di marcia globale a favore delle donne e delle bambine dell’Afghanistan, nuovamente sotto la morsa della repressione da parte dei talebani. Anche a Parma abbiamo portato i volti e le parole di tanti cittadini e di tante associazioni (numerosissima la partecipazione in Piazza Garibaldi) che dal 13 agosto hanno iniziato a seguire con sofferenza e senso di impotenza il tragico esito del ritiro USA dall’Afghanistan dopo 20 anni di occupazione/presidio (“missione di pace” per l’Italia). L’adesione che ho deciso di dare alla manifestazione di EoF invitando la città di Parma in Piazza Garibaldi è nata in me per alcuni motivi: il primo è quello di essere seduta in consiglio comunale con tutte le responsabilità di coscienza e politiche che ne conseguono; il secondo è quello di essere uno dei membri della Consulta diocesana del lavoro, sociale e ambiente, che come primo grande progetto ha organizzato un evento proprio sulla scia della Economy of Francesco 2020; il terzo motivo è quello di essere io una donna nata per caso in una comunità libera che mi ha dato la possibilità di formarsi, di lavorare e di insegnare addirittura religione (ambito che tradizionalmente dirigono gli uomini). Quando cresci nell’ottica di “vivere l’altro”, vicino o lontano che sia, non puoi non sentire in te una ferita condividendo quelle tragiche che segnano la vita di singoli o di interi popoli, pur lontani da te. E’ anche questo che muove me e tanti all’impegno politico, penso. Tra gli obiettivi di andare in Piazza e “fare rumore” , c’è stato anche quello di suscitare la solidarietà per organizzare l’accoglienza di quei richiedenti asilo in fuga dal terrore talebano che stavano già arrivando a Parma. Si è voluto inoltre rilanciare la necessità di creare finalmente corridoi umanitari sulla Rotta balcanica, dove migliaia, afghani e non, sono da mesi o anni bloccati come animali braccati dai 4 paesi respingenti, tra cui l’Italia. Un impegno preso in consiglio comunale e allargato a tanti sindaci che anche per l’Afghanistan si sono resi disponibili ad accogliere. In  questo percorso Ciac onlus ha collaborato con noi anche ad organizzare la manifestazione, portando in piazza 10 afghani, in Italia da tempo e pienamente integrati,  con le loro testimonianze.  Soprattutto ha diffuso con ogni mezzo l’appello ai cittadini di offrire appartamenti e spazi di accoglienza per aumentare il numero delle famiglie afghane accolte. A differenza della normale migrazione di persone sole, infatti, dall’Afghanistan scappano oggi gruppi familiari interi (che appaiono in condizioni economiche e culturali di partenza di livello medio/alto, ma che hanno perso tutto).

Come era facile immaginare già dopo il terribile e sanguinoso attentato all’aeroporto di Kabul di fine agosto, l’escalation del terrore è aumentato nel paese: ad opera di frange terroristiche sono ancora stati commessi attentati molto sanguinari come quello che ha fatto più di 80′ vittime e feriti in una moschea. Per rimanere sulla questione della retrocessione dei diritti delle donne sappiamo che il regime talebano ha precluso le scuole alle ragazze nell’età della pubertà ed adolescenza (medie e superiori), uno scempio ed un attacco alla donna che temevamo ma che purtroppo si è realizzato. Ci sono donne che resistono e sacche di resistenza femminili che sarebbe utile capire come sostenere anche da lontano, forse attraverso le associazioni che riusciranno a rimanere sul campo sarà possibile farlo anche da qui, con fondi e vicinanza. Vorremmo essere vicine per esempio a Shamsia Hassani, artista afghana che ha illuminato la nostra piazza con IL SUO questo meraviglioso murales carico di angoscia e speranza insieme. La memoria già drammatica dei 20 anni dall’evento epocale dell’11 settembre, si è svolta nelle peggiori delle previsioni: il fallimento dell’operazione americana in Afghanistan iniziata allora con il doppio scopo di fermare Al Qaida e di portare una democrazia che “allineava” il paese alle forme politiche occidentali. Molte sono state le voci che allora si erano opposte alla decisione americana di invadere l’Afghanistan (dal Papa Giovanni Paolo II a Gino Strada), non solo perché si utilizzassero armi e fosse una vera e propria invasione travestita da “dono della democrazia”, ma anche perché nasceva nell’ignoranza arrogante di chi pensa di essere il migliore.  Ignoranza dei fattori culturali che costruiscono le categorie politiche fondamentali di quel paese, come per molti altri paesi di cultura islamica dell’area (sottovalutazione della importanza della sharia islamica  e del senso di appartenenza identitaria all’islam, distinzione tra sunniti e sciiti con conseguenti  gerarchie ed autorità, assenza di storie e pensieri democratici….). In Iraq dopo due anni è accaduta la stessa cosa, se possibile ancora peggiore, considerando la conseguente nascita nella parte sunnita emarginata dal governo iracheno del paese in mano agli sciiti, del nuovo partito Desh  detto anche Isis. E il terrorismo si moltiplica, là ancora più che in occidente, fino alla tragedia di una vera e propria guerra in Siria. Ci sono vincitori?

Varie testate giornalistiche su questa lunga vicenda offrono chiavi di lettura molto coerenti tra di loro. Da una parte Giorgio Beretta chiarisce come chi abbia davvero vinto questa partita e tratto fortuna da questa “scellerata” missione: la grande lobby delle armi che ha decuplicato i suoi proventi in questi lunghi anni, portando anche ora ora i nostri  governi a sentire la necessità di investire ancora di più in armamenti, dopo anni comunque di progressivo aumento di fondi pubblici nel comparto  Succede anche in Italia, che ripudia la guerra come soluzione di conflitti ma continua a costruire e vendere armi. Questo il link per leggere l’articolo di Giorgio Beretta sul tema, apparso sul manifesto il 19 agosto  (https://t.co/V5HvBgKfX3 Beretta , Il Manifesto 19/8),

Associazioni aderenti: Sguardi di Fraternità aps; Ciac onlus; Casa della Pace; Ass. IL Borgo; Gruppo 19 marzo; Consulta della Pastorale sociale ambiente e lavoro Diocesi Parma; Partito Democratico; Conferenza delle donne democratiche PR; CISL Parma e Piacenza; UIL Parma; CGIL Parma; ASDSanseverina; Ass.Futura; Europa Verde; Parma Protagonista: Parma W4W; Gruppo Mission; Articolo 1; Azione Cattolica; Gruppo “I Monnezzari”;

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